Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27524 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15081/2019 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI SPAGNA, 35, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI PAOLETTI, rappresentato e difeso dall’Avvocato NICOLA DI FOGGIA;

– ricorrente –

contro

M.R., M.L., GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, GENERALI ITALIA SPA *****;

– itimati –

avverso la sentenza n. 3974/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, 2021 depositata il 24/04/2018;

991 udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista.

FATTI DI CAUSA

1. S.A. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 3974/18, del 24 aprile 2018, del Tribunale di Napoli, che – respingendo il gravame dallo stesso esperito avverso la sentenza n. 8826/14, del 14 marzo 2014, del Giudice di pace di Napoli – così provvedeva.

Essa, in particolare, ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria proposta dall’odierno ricorrente per conseguire il ristoro dei danni alla persona subiti in occasione di un sinistro stradale occorsogli in Napoli, il *****, allorché l’autovettura da lui condotta (e di proprietà della madre S.T.) veniva urtata da quella di proprietà di M.R. e condotta da M.L., assicurata per la “RCA” con la società Nuova Tirrena Assicurazioni S.p.a., poi divenuta, per incorporazione, Groupama Assicurazioni S.p.a..

2. In punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver convenuto in giudizio i predetti M. e la società Nuova Tirrena Assicurazioni per conseguire il ristoro dei danni subiti a seguito del sinistro sopra meglio descritto. In via preliminare, l’allora attore deduceva che, sui fatti oggetto di causa, si sarebbe formato un vincolo di giudicato, in forza di sentenza pronunciata dal Giudice di pace di Marano di Napoli (sentenza n. 3438-07), all’esito di un giudizio al quale avevano partecipato i medesimi convenuti e conclusosi con l’affermazione della loro responsabilità in relazione ai danni cagionati alla vettura di S.T. (peraltro, più volte indicata nel presente ricorso anche come S.T.), in occasione di quello stesso incidente stradale. Costituitisi tutti i convenuti, per resistere alla domanda del S., i medesimi eccepivano l’esistenza di altro giudicato, producendo copia di sentenza emessa dal Giudice di pace di Napoli (sent. n. 13088-06), la quale diversamente da quella prodotta dall’allora attore – affermava l’esclusiva responsabilità di S.T., nella sua qualità di proprietaria del veicolo, nella causazione del sinistro, condannandola al risarcimento dei danni. Preso atto di tale allegazione, il S., stante il conflitto tra le due pronunce, temendo che la sentenza prodotta dai convenuti potesse pregiudicare il suo diritto al risarcimento del danno, promuoveva giudizio di opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c., nei confronti dei medesimi convenuti, causa nella quale – dopo che la stessa era stata riunita a quella risarcitoria già da esso incardinata innanzi al Giudice di pace di Napoli – veniva pure ordinata l’integrazione del contraddittorio verso la società Alleanza Toro S.p.a., poi divenuta Generali Italia S.p.a..

Rigettata dal primo giudice la domanda risarcitoria, poiché ritenuta non provata, il gravame esperito dall’attore soccombente – non solo per reiterare la “excpetio rei iudicatae” (atteso che tra le due sentenze in conflitto doveva ritenersi prevalente la n. 343807, in quanto passata in giudicato successivamente all’altra e non oggetto di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 5), ma pure per lamentare il mancato riconoscimento della qualità di terzo nel giudizio promosso a norma dell’art. 404 c.p.c. – veniva respinto dal giudice d’appello.

3. Avverso la sentenza del Tribunale partenopeo ricorre per cassazione il S., sulla base – come detto – di due motivi.

3.1. Con il primo motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5) – omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, oltre a mancato esame di un documento determinante per la decisione e violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 132c.p.c. e art. 395c.p.c., comma 1, n. 5), nonché dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost..

Si censura la sentenza impugnata in quanto il giudice di appello non avrebbe “percepito in atti la presenza di un documento determinante che gli precludeva l’esame del merito della controversia in punto di responsabilità”, ovvero la già citata sentenza n. 3438/07 del Giudice di pace di Napoli. Infatti, detta pronuncia – con accertamento passato in giudicato, reso all’esito di controversia giudiziale alla quale “avevano partecipato dal lato passivo le medesime parti del giudizio al suo esame” – aveva riconosciuto l’esclusiva responsabilità dei M. nella causazione del sinistro.

In sostanza, il ricorrente – nel ribadire che tra le due sentenze in conflitto doveva ritenersi prevalente la n. 3438-07, giacché passata in giudicato successivamente all’altra e non oggetto di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 5, si duole del fatto che sia stato disatteso tale “giudicato esterno”, rilevabile anche d’ufficio, che vincolava i giudici di merito all’accertamento dei fatti così come compiuto in tale pronuncia, precludendo loro quella valutazione autonoma che li ha portati, invece, a ritenere non provata la domanda risarcitoria proposta da esso S..

3.2. Con il secondo motivo – proposto, peraltro subordinatamente al primo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) – è denunciata violazione dell’art. 2054 c.p.c., comma 2.

Il ricorrente si duole del fatto che, anche a voler espungere il giudicato formatosi sul punto, “il quadro probatorio in atti” non dimostrasse, come invece ritenuto da ambo i giudici di merito, la responsabilità esclusiva di esso S. nella causazione del sinistro, e dunque il superamento della presunzione di eguale responsabilità dei conducenti di cui dell’art. 2054 c.c., comma 2.

Difatti, la sentenza impugnata – nel dare rilievo a quanto verbalizzato dalla polizia municipale nell’immediatezza del sinistro – non ha tenuto conto che i verbalizzanti non erano presenti in occasione dell’incidente e che le dichiarazioni del S. erano state raccolte “in uno stato di incapacità”, in ragione del “trauma cranico con ferita lacero contusa e sanguinamento al capo” riportato dallo stesso.

4. Sono rimasti intimati i M., la società Groupama Assicurazioni e la società Generali Italia.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.

5.1. Il primo motivo non è fondato.

5.1.1. Difatti, anche a prescindere dai più recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte che escludono la cd. “efficacia riflessa” del giudicato (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 9 luglio 2019, n. 18325, Rv. 654774-01; Cass. Sez. 3, sent. 23 aprile 2020, n. 8101, Rv. 657573-01; Cass. Sez 6-3, ord. 24 giugno 2020, n. 12394, Rv. 657996-01), nel caso qui in esame decisivo è il rilievo della non piena corrispondenza tra tutte le parti del giudizio che ha dato origine alla sentenza oggi impugnata e quello che ha messo capo alla pronuncia oggetto della “exceptio rei iudicatae” (ri)proposta dal S..

Tale circostanza, dunque, osta all’accoglimento del motivo, in uno con il rilievo anche della diversità di contenuto delle domande proposte.

Invero, questa Corte, chiamata di recente a stabilire se il giudicato formatosi nel giudizio favorevolmente promosso dal proprietario di un veicolo per far valere i danni dallo stesso subiti in conseguenza di un sinistro stradale, possa vincolare l’esito del diverso giudizio relativo ai danni alla persona subiti dal conducente in relazione al medesimo sinistro, ha escluso tale eventualità.

Si è osservato, infatti, che “l’art. 2909 c.c., limita gli effetti del giudicato alle parti, ai loro eredi ed aventi causa, per cui il giudicato presuppone innanzitutto una identità delle parti”, rammentandosi che, come già “affermato nella sentenza 20 febbraio 2013, n. 4241” di questa stessa Sezione Terza (pronuncia in cui venne affrontato un problema simile, ma non identico, a quello oggi in esame), “l’efficacia del giudicato maturatosi in un certo giudizio non può essere invocata in relazione ad un giudizio al quale una delle parti” – e tale e’, allora come oggi, il caso dell’odierno ricorrente – “certamente non ha partecipato” (cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 4 luglio 2019, n. 17931, Rv. 654562-02). Inoltre, come anche nel caso che qui occupa, pure nell’ipotesi di cui all’arresto teste’ citato, “non solo i soggetti dei due giudizi sono, almeno in parte, diversi”, ma “e’ diverso anche il petitum, perché, come s’e’ detto, nell’uno si chiedeva il risarcimento dei danni riportati dal mezzo e nell’altro di quelli riportati dal conducente”, sicché “nessuna efficacia, neppure in termini di giudicato riflesso, può determinarsi dall’esito dell’altro giudizio risarcitorio” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 17931 del 2019, cit.).

5.2. Il secondo motivo e’, invece, inammissibile.

5.2.1. Costituisce principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui “spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (da ultimo, tra le innumerevoli, Cass. Sez. 6-1, ord. 13 gennaio 2020, n. 331, Rv. 656802-01).

D’altra parte, e simmetricamente, si pone come “ius receptum” anche l’affermazione secondo cui il “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4) – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458).

Ne’, infine, risulta rilevante la circostanza che le dichiarazioni rese dal S. nell’imminenza del fatto, e trasfuse dagli agenti di polizia municipale accorsi sul luogo del sinistro nel verbale redatto nell’immediatezza dello stesso, furono acquisite allorché costui si trovava in – asserito – stato di incapacità. E ciò non solo perché il giudice di appello non ha fondato esclusivamente su di esse (ma anche sulle dichiarazioni effettuate, nello stesso contesto, dal conducente del veicolo antagonista, nonché sulle deposizioni rese in giudizio dai testi escussi) la propria ricostruzione dei fatti, ma soprattutto perché, nella giurisprudenza di questa Corte, non si rinviene affatto il principio invocato dal ricorrente, secondo cui “non possono assumere piena efficacia probatoria, le iniziali e solo generiche affermazioni rese dalla vittima al momento dell’accaduto se non vi è certezza che la stessa, a seguito delle lesioni riportate, si trovasse nelle condizioni di poter esporre chiaramente quanto accaduto”. Invero, la sentenza all’uopo citata dal ricorrente (Cass. Sez. 3, sent. 2 settembre 2013, n. 20066, Rv. 627683-01) non contiene affatto tale affermazione “di principio”, enunciando, piuttosto, la diversa “regula iuris” secondo cui, in caso di “sinistro stradale causato da veicolo non identificato, l’omessa denuncia dell’accaduto all’autorità di polizia od inquirente non è sufficiente, in sé, a rigettare la domanda di risarcimento proposta, ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, nei confronti dell’impresa designata dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada”. L’arresto citato ebbe, dunque, a censurare la sentenza allora impugnata per aver disatteso tale principio, avendo affermato, in particolare, che – in difetto di denuncia della presenza di veicolo non identificato, compiuta nell’immediatezza del sinistro – il risarcimento andasse per ciò solo escluso, senza, però, che il giudice di merito si fosse fatto carico di accertare la valenza delle “iniziali e solo generiche affermazioni della vittima, non essendovi in motivazione alcun cenno al suo stato al momento dell’accesso in ospedale in relazione alle lesioni riportate ed alla possibile conseguente esclusione di una situazione che potesse precludergli di esporre chiaramente che cosa gli fosse accaduto e perché”. Tematica, dunque, del tutto diversa da quella che oggi occupa, giacché, nel caso allora esaminato, questa Corte fu chiamata ad interrogarsi sulle ragioni della mancata, immediata, denuncia della presenza di un veicolo non identificato in occasione di un sinistro stradale, stigmatizzando la decisione del giudice di merito per non aver considerato la peculiare condizione in cui versava la vittima dell’incidente, non avendo, per contro, questo giudice di legittimità enunciato alcun principio di generale inattendibilità delle dichiarazioni rese dai soggetti incidentati.

6. Nulla è dovuto quanto alle spese, essendo le altre parti rimaste solo intimate.

7. A carico del ricorrente sussiste, infine, l’obbligo di versare, se dovuto, l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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