Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27547 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21004/2019 proposto da:

M.L., quale madre dei minori D.B.T., e D.B.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Gottero Stefania, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.L., quale curatore speciale dei minori D.B.A.

e D.B.T., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Confente Assunta, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo:

M.C., R.R., quali nonni materni dei minori D.B.T. e D.B.A., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Naggar N. Magda, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.L., quale curatore speciale dei minori D.B.A.

e D.B.T., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Confente Assunta, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

De.Bl.An., quale padre dei minori, Ma.Br. quale tutore provvisorio, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino;

– intimati –

avverso la sentenza n. 21/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, pubblicata il 31/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/02/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Torino con sentenza in data 31/5/2019, ha confermato la sentenza in data 11/9/2018 pronunciata dal Tribunale per i minorenni di Torino con la quale veniva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori D.B.T. nato a ***** e D.B.A. nato a *****.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione M.L. madre dei minori affidato a quattro motivi nonché i nonni materni M.C. e R.R. affidato a due motivi. Il curatore speciale resiste con controricorso. Il padre dei minori Di.Bl.An. ed il tutore provvisorio restano intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente M.L. lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5,per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore senza disporre una nuova CTU.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., per essere stato violato il diritto alla difesa costituzionalmente garantito a causa del mancato espletamento di una perizia avente ad oggetto la valutazione in concreto del rapporto esistente tra madre e figli.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1,2 e 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore senza considerare che la capacità genitoriale della madre era esistente ed adeguata.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 1, commi 2 e 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore senza che fossero stati predisposti idonei interventi a sostegno della genitorialità.

I primi due motivi proposti, da trattarsi congiuntamente in quanto ambedue relativi alla C.T.U., sono inammissibili.

Occorre infatti considerare che il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità. Secondo la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Cass. 7472/2017). Nel caso di specie, la rinnovazione della c.t.u. dovrebbe essere funzionale, secondo la ricorrente, alla valutazione del rapporto madre-figli, alle possibili conseguenze sui minori di un allontanamento definitivo dei bambini dalla figura materna, al recupero della capacità genitoriale della madre, alla natura clinica dei disturbi di T., tutti i fatti ampiamente valutati dalla Corte d’appello, che ha tenuto conto anche delle critiche alla c.t.u. da parte della c.t.p. della M. (par. 2). Quanto alla dedotta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., va osservato che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 26419/2020; Cass. 26831/2014).

Il terzo ed il quarto motivo, attinenti allo stato di adottabilità dei minori, sono infondati e devono essere respinti. E’ necessario premettere che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre, invero, allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito (Cass., 28/03/2002, n. 4503; Cass., 28/04/2008, n. 10809; Cass., 23/04/2019, n. 11171).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha abbondantemente motivato circa la totale inidoneità della M. a svolgere il ruolo genitoriale, e la sua impossibilità di un recupero in temi compatibili con le esigenze dei minori.

Dopo numerosi interventi di sostegno alla genitorialità dei Servizi Sociali, è stato accertato dal giudice di merito che a prescindere da un legame affettivo tra la ricorrente ed i minori sussiste tuttavia l’inidoneità conclamata dei genitori ad occuparsi dei figli e che proprio in considerazione dell’interesse superiore dei minori doveva essere dichiarato lo stato di adottabilità, stante la incapacità genitoriale. Tale accertamento appare insindacabile in questa sede in quanto la motivazione risulta ragionevole congrua ed immune da vizi.

In particolare risulta dalla sentenza impugnata che il minore T. ha riferito ai servizi sociali ed alla famiglia di affidamento di essere stato più volte maltrattato; ha subito vari accessi presso il pronto soccorso, in totale 17 di cui 7 per trauma cranico; come il bambino stesso ha riferito, è stato vittima di episodi di violenza da parte del padre; presenta un comportamento fortemente disturbato tanto che la stessa famiglia di affidamento ha rinunciato all’affido per incapacità di gestire il minore.

Lo stesso per il minore A. che il CTU nel corso del primo grado di giudizio ha definito gravemente trascurato, abbandonato a sé stesso e privo di attaccamento alle figure genitoriali.

La Corte ha fondato il suo convincimento – oltre che sulle dichiarazioni dei genitori dei nonni e delle famiglie affidatarie -sulle relazioni dei Servizi Sociali e del CISS, e sulle risultanza della c.t.u., dalle quali è emersa una situazione di desolante abbandono e degrado dei due bambini, tenuti in condizioni di denutrizione, violenza, trascuratezza (sono stati entrambi ricoverati più volte al pronto soccorso). Ne’ giova alla ricorrente dedurre la brevità e la sporadicità degli incontri con i figli, avendo la Corte di merito accertato – sulla base delle relazioni in atti – che siffatti incontri avevano sortito un effetto negativo. E neppure coglie nel segno la censura, nella parte in cui allega che i Servizi Sociali non avrebbero offerto alla madre il dovuto sostegno alla genitorialità, avendo il giudice a quo ampiamente motivato circa il fatto che alla M. era stato altresì offerta la possibilità di ingresso in comunità con i figli, ma che la medesima – dopo essere stata a lungo incerta sul da farsi – si decideva un mese dopo l’allontanamento dei minori, e tale misura veniva, quindi, esclusa dopo che la valutazione clinica dei minori aveva messo in luce le gravi comipromissione del loro equilibrio plico-fisico ed progressi conseguiti con gli affidatari. I nonni materni M.C. e R.R. hanno proposto due motivi di ricorso, lamentando con il primo motivo la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1, 8, 10, 12 e 15, art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, art. 8 convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono in realtà insussistente.

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti nonni lamentano la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1, 4, 8, 10, 12 e 15, art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, art. 8 convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1,. nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono in mancanza di misure di sostegno alla famiglia vicariante e di un progetto di inserimento dei minori nella loro famiglia.

Ambedue i motivi di ricorso dei nonni materni M.C. e R.R. sono infondati e devono essere respinti.

A tal riguardo risulta dalla sentenza impugnata che i nonni materni non hanno mai avuto una relazione significativa con i bambini in quanto la figlia aveva interrotto i rapporti con la famiglia d’origine. Tuttavia i ricorrenti evidenziavano di svolgere entrambi attività lavorativa, di disporre di un alloggio idoneo, di essere genitori di altri tre figli di cui la più piccola aveva 9 anni e pertanto perfettamente in grado di interagire con i nipoti T. ed A..

Occorre precisare che in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, invero, ove i genitori siano considerati privi della capacità genitoriale, la natura personalissima dei diritti coinvolti e il principio secondo cui l’adozione ultrafamiliare costituisce l’extrema ratio impongono di valutare anche le figure vicariali dei parenti più stretti, che abbiano rapporti significativi con il bambino e si siano resi disponibili alla sua cura ed educazione. Tale valutazione richiede che un giudizio negativo su questi ultimi possa essere formulato solo attraverso la considerazione di dati oggettivi, quali le osservazioni dei Servizi Sociali che hanno monitorato l’ambito familiare o eventualmente il parere di un consulente tecnico (Cass., 16/02/2018, n. 3915). Lo stato di abbandono dei minori non può, tuttavia, essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i minori, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per questi ultimi, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità (Cass., 11/04/2018, n. 9021). Nel caso concreto, la Corte territoriale ha accertato che, al di là della disponibilità dimostrata nei confronti dei nipoti, i nonni materni non avevano mai intrattenuto rapporti significativi con i nipoti, avendo incontrato raramente T. e mai A.. Per tali ragioni, e per il fatto di non avere più alcun rapporto con la figlia, gli stessi si erano dimostrati incapaci di riconoscere appieno il disagio di quest’ultima e dei nipoti, presentando, sotto tale profilo un evidente “difetto di integrazione psichica”, il cui superamento avrebbe richiesto tempi lunghi incompatibili con le necessità attuali dei minori. Per quanto sopra ambedue i ricorsi devono essere respinti con condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta i ricorsi di M.L. e di M.C. e R.R., condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della curatrice che si liquidano in Euro 4.000 complessive per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 15 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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