LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23811/2019 proposto da:
O.V., C.I.C., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Rizzo Michele, giuste procure in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
V.M.R., nella qualità di tutore provvisorio del minore O.R., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Greco Rossana, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro, Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minori di Catanzaro, S.M. quale madre del minore;
– intimati –
avverso la sentenza n. 9/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, pubblicata il 15/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/02/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza pubblicata in data 15/1/2019, pronunciata a seguito di giudizio di rinvio per annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza 16/2016 della Corte di Appello di Catanzaro, ha confermato la sentenza 24/15 pronunciata in data 16/6/2015 dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro con la quale veniva dichiarato lo stato di adottabilità del minore O.R. nato a *****.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso in cassazione O.V. e C.I.C. rispettivamente padre e nonna paterna del minore affidato a due motivi. Il tutore provvisorio resiste con controricorso e memoria. S.M., madre del minore, è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione degli artt. 383,384 e 394 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore senza vagliare i fatti processuali.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1,2 e 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito dichiarato con motivazione apparente lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore.
Il ricorso è inammissibile perché tardivo. Infatti lo stesso ricorrente afferma che la sentenza della Corte di Appello impugnata è stata pubblicata – il che, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 17, comma 1, avviene mediante notificazione di ufficio da parte della cancelleria – il 15 gennaio 2019 mentre la notifica al tutore provvisorio del ricorso in cassazione risulta effettuata il 12 luglio 2019, ossia ben oltre i trenta giorni. Orbene, in tema di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notificazione d’ufficio della sentenza della Corte d’appello, effettuata ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 17, comma 1, è idonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione di cui al successivo comma 2 del medesimo articolo, tenuto conto che la natura di “lex specialis”, da riconoscere alla previsione di detto termine, porta ad escludere l’applicabilità della norma generale, posta dall’art. 133 c.p.c. (sia nell’originaria formulazione, sia in quella introdotta dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 1, conv., con modif., nella L. n. 114 del 2014), senza che abbia alcun rilievo la circostanza che la notificazione sia avvenuta per via telematica, atteso il chiaro tenore del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, conv., con modif., nella L. n. 221 del 2012, posto che il principio acceleratorio, sotteso alla disciplina in esame, trova la sua “ratio” nella preminente esigenza di dare la più rapida definizione all’assetto relativo allo stato del minore, senza sacrificare in modo apprezzabile il diritto di difesa delle parti ricorrenti, sottoposto, in definitiva, solo ad un modesto maggior impegno (ex plurimis, Cass. 29302/2017; Cass. 10106/2018; Cass. 30000/2020).
Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso di O.V. e C.I.C. e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della curatrice che si liquidano in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 15 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021