Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27549 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 27082/2019 proposto da:

C.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Bava Arturo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Bet Enrico Giuseppe, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

M.A., quale tutore della minore C.M.C., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Di Biase Roberta, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Ca.Lu., C.G., G.A., G.C., Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova;

– intimati –

avverso la sentenza n. 78/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 18/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/03/2021 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’Appello di Genova, confermando la pronuncia del Tribunale per i minorenni, ha dichiarato l’adottabilità della minore C.M.C. e la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori S.L. e C.S..

Gli appelli proposti da C.S., S.L. e i nonni paterni C.G. e G.C. venivano rigettati sulla base delle seguenti affermazioni.

2. In relazione a C.S.: sul motivo afferente l’omessa convocazione dello zio paterno C.D., ancorché indicato in atto difensivo dell’appellante, la Corte rileva la radicale mancanza di rapporti significativi con la minore. Non risulta alcun interessamento da parte del parente indicato nei confronti della minore collocata in comunità protetta.

2.1 Sul motivo afferente il mutamento delle condizioni soggettive ed oggettive dell’appellante nel triennio successivo alla pronuncia di primo, in senso nettamente migliorativo, l’appellante ha dichiarato di lavorare, avere un buon rapporto anche con la figlia Al., collocata in affido extrafamiliare, e di stare affrontando con serietà e continuità il problema della dipendenza oltre che di essersi definitivamente separato da S.L., ritenendo che le problematiche incontrate dai minori dipendessero da questa relazione. La Corte ha tuttavia rilevato che la consulenza tecnica d’ufficio ha sottolineato le caratteristiche problematiche e patologiche del C.; ha evidenziato che l’appellante presenta una dipendenza relazionale di grado quanto meno cospicuo che giunge a livello patologico per gli aspetti tossicomanici; ha sottolineato l’appartenenza ad una famiglia fortemente unita fino alla promiscuità con tratti narcisistici e persecutori di rilevanza clinica e un’alternanza di comportamenti con i figli. In più è stata rilevata una sottovalutazione della dipendenza. La Corte ha inoltre evidenziato il quadro di grave negligenza nell’accudimento dei figli e gli episodi di violenza verso la madre degli stessi. La minimizzazione della dipendenza, il mancato superamento di questa condizione, aggiunto alle problematiche psicopatologiche hanno indotto la Corte ad escludere la possibilità di un recupero in tempi coerenti con lo sviluppo equilibrato e l’esigenza di stabilità della minore.

3. In relazione ai nonni paterni la Corte ha rilevato che ugualmente sono stati minimizzati gli episodi che hanno determinato l’origine della procedura oltre che la incapacità degli stessi di fronteggiare la tossicodipendenza dei genitori della minore nonostante la condizione di vicinanza oggettiva e soggettiva con il nucleo familiare problematico. In particolare, viene addebitato ai nonni paterni di non aver saputo impedire l’esposizione a pericolo dei minori mediante atti inconsulti dei genitori e di non aver saputo contenere e correggere una consuetudine di vita fortemente pregiudizievole l’interesse dei minori. La consulenza tecnica d’ufficio ha posto in luce l’incapacità di questo nucleo familiare di favorire lo sviluppo e l’armonizzazione dei figli e di proteggere i nipoti. In particolare le problematiche di C.S. non hanno trovato sostegno nella famiglia paterna che, come già osservato, si è rivelata del tutto inidonea a proteggere i nipoti.

4. In relazione ai prozii paterni, oltre alle considerazioni più generali relative alla mancanza di un significativo rapporto, è risultata decisiva la dichiarazione della prozia A. la quale ha affermato di essersi costituita perché preoccupata della reazione della sorella C. ove non si fosse disposta la collocazione presso di loro. Essi, pertanto, non sono stati auditi per la mancanza di rapporti significativi con la minore.

5. In relazione alla madre dei minori, al motivo di appello che si concentra sui netti miglioramenti della sua condizione personale e della positiva relazione instaurata e conservata con il figlio Sa. nella comunità che li ospita, la Corte oppone la valutazione del consulente d’ufficio il quale ritiene queste modifiche “blande” e non suscettibili d’ingenerare una prognosi favorevole al recupero delle capacità genitoriali a fronte delle caratteristiche strutturali personali e relazionali della parte evidenziate nel corso del tempo. Le disfunzionalità personologiche vengono ritenute croniche, persistenti ed irrecuperabili. Anche l’osservazione della relazione con il figlio Sa. non ha prodotto valutazioni positive presentando il minore fragilità che sono in parte ascrivibile all’insoddisfacente rapporto con la madre. Per le altre figlie, ed in particolare per M. la madre non è di fatto in grado di stabilire con loro una relazione di accudimento e di comprensione degli effettivi bisogni della minore. L’elemento temporale su cui insiste l’appello non modifica il quadro perché il consulente ha condotto la propria indagine tenendo conto anche del rapporto con Sa. in comunità per i primi due anni ma non ha tratto quei cambiamenti che indurrebbero ad una valutazione diversa.

6. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione C.S.; ricorso incidentale tardivo S.L. così qualificato e controverso controricorso il tutore della minore. Vi sono memorie di C.S. e del tutore della minore.

7. Nel primo motivo del ricorso principale viene dedotta la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 10, comma 3, artt. 11 e 12, per non avere il Tribunale per i minorenni dato avviso a C.D., fratello del padre, in contrasto con l’art. 10, sopra citato. Al riguardo, precisa il ricorrente che non può condividersi la motivazione di rigetto del rilievo da parte della Corte d’Appello, fondata sull’assenza di rapporti significativi con la minore dal momento che ove quest’ultima venga collocata in comunità protetta dalla nascita e venga impedito ai parenti di instaurare con lei un rapporto significativo, non suo escludersi l’adempimento richiesto espressamente dalla legge.

7.1 La censura non è fondata. La L. n. 184 del 1983, art. 12, limita le categorie di persone che devono essere sentite nel procedimento per la dichiarazione di adattabilità ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore la cui convocazione risponde essenzialmente alla finalità di consentire l’acquisizione di elementi necessari per la valutazione del suo interesse e la prospettazione di soluzioni idonee ad ovviare allo stato di abbandono, senza rescindere il legame con la famiglia di origine (Cass. 18689/2015). Ed ai medesimi parenti, in forza del combinato disposto della L. n. 184 del 1983, artt. 12 e 15, deve essere notificata la sentenza che dichiara lo stato di adottabilità (Cass. 26879/2018). Nella specie, la Corte d’appello ha accertato che il padre appellante aveva soltanto indicato tra i parenti entro il quarto grado, lo zio paterno, senza neanche dedurre l’esistenza di un rapporto significativo o l’interesse ad instaurarlo. Peraltro la collocazione protetta della minore non avrebbe impedito di attivarsi al riguardo come avevano fatto i prozii della minore.

7.1 Il collegio condivide la conclusione cui è pervenuta la Corte d’Appello, pur rilevando che per i minori collocati in prossimità della nascita o in tenerissima età in comunità l’omesso avviso e convocazione del parente entro il quarto grado non può giustificarsi soltanto per la constatata assenza di rapporti significativi ma, come correttamente effettuato dalla Corte d’Appello, deve esplorarne le ragioni. La minore è stata visitata ed ha avuto incontri protetti con i parenti entro il quarto grado ed anche con soggetti diversi che lo hanno richiesto ed hanno mostrato interesse ad una relazione effettiva con lei.

7.2 Deve, pertanto, ritenersi, che fermo l’obbligo di procedere all’indagine sull’esistenza di parenti entro il quarto grado, la partecipazione al procedimento di adottabilità è limitata a quelli che, sulla base di un accertamento di fatto non censurabile in sede di giudizio di legittimità, siano ritenuti effettivamente interessati a seguire il percorso di vita del minore, ad incontrarlo e a conservare una relazione significativa. Questa disponibilità deriva da un’osservazione concreta e non da una valutazione astratta. La collocazione in comunità o l’attivazione di un sistema di protezione del minore fondata sul temporaneo allontanamento dello stesso dal nucleo familiare non esclude il contatto e gli incontri protetti in particolare con i parenti entro il quarto grado. Nella valutazione da svolgere L. n. 184 del 1983, ex art. 12, si dovrà tenere conto, nelle ipotesi in cui il minore sia stato precocemente allontanato dal nucleo familiare, delle forme di partecipazione e delle relazioni intessute dai parenti entro il quarto grado, nella fase che precede l’adottabilità. I parenti che non abbiano sviluppato alcun interesse non possono, pertanto, ritenersi illegittimamente pretermessi perché non coinvolti mediante la convocazione espressa nel giudizio relativo alla dichiarazione di adottabilità.

8. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, art. 10, comma 2, artt. 11 e 12, per essere stata dichiarata l’adottabilità della minore senza considerare l’esistenza di rapporti significativi che i nonni ed i prozii hanno intessuto con la stessa. La censura è formulata anche come vizio di motivazione, per omesso esame del fatto decisivo consistente nell’aver del tutto ignorato, nell’esame delle risultanze probatorie, il profilo decisivo dell’età adulta dei genitori della minore, la loro capacità di autodeterminarsi e conseguentemente di essere esclusivi responsabili dei comportamenti inadeguati nei confronti della minore, oltre che delle loro condotte negative, quale l’uso di stupefacenti. Al contrario la Corte d’Appello ha erroneamente attribuito ai nonni la corresponsabilità delle inadempienze dei genitori, per la rilevata natura patriarcale del nucleo familiare allargato, all’interno del quale dovevano essere collocati anche i genitori della minore. Non si è tenuto conto dell’impegno che sempre i nonni paterni hanno dimostrato rispetto alle problematiche della famiglia del figlio e della disponibilità che non è mai mancata.

8.1 Il motivo merita di essere accolto nei limiti indicati in motivazione.

8.1.1 I prozii non sono parenti entro il quarto grado e conseguentemente difettano di legittimazione. La loro partecipazione agli incontri con la minore, in funzione della realizzazione del best interest della stessa non determina la legittimazione ad essere avvisati, convocati ed a partecipare in questa fase del giudizio, nel quale, dovendosi accertare se il minore versa in una condizione di così eccezionalità gravità come l’abbandono ed e’, conseguentemente, destinato a recidere qualsiasi legame con il nucleo familiare d’origine, è necessario e del tutto ragionevole disegnare un perimetro preciso, dei parenti che possono essere valutati ai fini dell’affidamento, stabilendo una soglia giuridica non oltrepassabile. Diversa è la funzione e la partecipazione delle figure affettive di riferimento in altre sequenze giuridicamente rilevanti della vita del minore perché attraversate da provvedimenti sulla responsabilità genitoriale (art. 333 c.c., secondo la lettura costituzionalmente orientata fornita da Corte Cost. n. 225 del 2016; procedimento di adozione in casi particolari).

9. La censura è invece fondata con riferimento ai nonni paterni la cui idoneità viene tratta dal non aver impedito il contatto con ammoniaca di uno dei minori durante un episodio di tensione dei genitori anche se dalla stessa generica ricostruzione dell’episodio riportata nella sentenza impugnata, non risulta che i minori fossero soggetti alla vigilanza dei nonni e neanche che questi ultimi fossero presenti e nel non aver saputo sottrarre i genitori dei minori dalla tendenza verso l’assunzione di sostanze stupefacenti, assumendo un atteggiamento acritico nei confronti delle loro problematiche.

9.1 Manca del tutto, nell’indagine svolta sui nonni paterni, la valutazione della relazione con la minore nel periodo che ha preceduto la dichiarazione di adottabilità. I nonni vengono esaminati esclusivamente sulla base della loro scarsa capacità di contenimento del figlio (e della nuora, il che risulta ancora meno comprensibile) senza che possa comprendersi quale sia stato il loro comportamento nei confronti della minore che hanno continuato ad incontrare anche nelle fasi di criticità dei genitori e quale legame si sia creato tra di loro e la nipote oltre che quale effetto possa arrecare allo sviluppo psicofisico della stessa la recisione di questo legame. In sintesi è stata radicalmente omessa la valutazione sulla loro “affidabilità” nella relazione con la minore e si è concentrata l’attenzione soltanto sulle problematiche dei genitori della minore, attribuendone la responsabilità quanto meno concorrente ai nonni paterni, sulla esclusiva base della sottovalutazione della condizione di dipendenza dei genitori stessi. Ma anche questa valutazione non risulta essere il frutto di un’indagine approfondita del rapporto tra i nonni e la coppia genitoriale ma, al contrario, la Corte d’Appello, partendo dal risultato finale (l’episodio di esposizione a rischio di uno dei minori; i problemi di dipendenza) stabilisce per deduzione e senza esplorarne le inferenze causali la corresponsabilità dei nonni. Non è in alcun modo chiarito quale sia la effettiva condizione di coabitazione o di dipendenza economica della coppia (o del figlio) con i nonni né perché essi avrebbero potuto e dovuto nel tempo dell’età adulta di questi ultimi, assumere la responsabilità delle scelte e degli errori eventualmente commessi.

9.2. Entro questi limiti la censura deve essere accolta.

10. Nell’unico motivo di ricorso incidentale S.L. deduce la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, per non aver considerato la Corte d’Appello e ancora prima il Tribunale, nella decisione relativa allo stato d’abbandono della minore, l’evoluzione della condizione personale della parte dopo la CTU eseguita sei mesi prima della decisione di primo grado, nella quale, peraltro, veniva già dato atto di miglioramenti, ritenuti tuttavia insufficienti. Lamenta la ricorrente incidentale che manca nella sentenza impugnata il confronto con i mutamenti ulteriori intervenuti dopo la consulenza tecnica d’ufficio, ampiamente dedotti, allegati e supportati documentalmente nei due gradi di giudizio. In particolare non vi è stato alcun riscontro in relazione alle considerazioni della Dott.ssa H., eseguita in data ***** (doc. 3 Corte d’Appello). Infine si evidenzia che la madre dei minori non sia stata sentita in ordine al progetto riguardante i suoi figli né in primo né in secondo grado.

10.1. La censura è da accogliere nei limiti di cui in motivazione.

Non si ravvisa un obbligo giuridico degli organi giurisdizionali di merito (Tribunale per i minorenni e Corte d’Appello specializzata) di fissare una comparizione personale dei genitori destinata alla valutazione e condivisione del progetto di recupero della genitorialità. La L. n. 184 del 1983, art. 1 e la giurisprudenza EDU impone la predisposizione del progetto e la sua attuazione come indefettibile condizione per poter verificare la sussistenza della condizione di abbandono e la irreversibile impossibilità per il minore di crescere all’interno della famiglia di origine. Ma questo adempimento nel quale è direttamente coinvolto il Tribunale per i minorenni, anche su iniziativa della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale, non richiede la scansione processuale invocata dalla ricorrente incidentale, ancorché effettivamente il progetto in questione non possa realizzarsi senza l’ascolto ed il coinvolgimento diretto dei genitori da parte degli operatori competenti i quali sono tenuti a fornire gli strumenti di supporto alla genitorialità adeguati alla concreta situazione di carenza.

10.2 L’audizione dei genitori del minore è scansione necessaria secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. 15369 e 18689 del 2015) nel giudizio volto all’accertamento della situazione di abbandono del minore ed alla conseguente adottabilità ma non si configura un obbligo, peraltro, di difficile definizione anche temporale, d’interpello dei genitori davanti al Tribunale per i minori finalizzato a scandire i tempi ed i modi del sostegno alla genitorialità. Questo primo profilo della censura prospettata non e’, pertanto, fondato.

10.3 Quanto all’inattualità e alla unilateralità della valutazione svolta, deve essere ripercorsa la cronologia delle pronunce che hanno condotto alla dichiarazione di adottabilità dedotta nel presente giudizio.

La pronuncia di primo grado è da collocarsi nel maggio 2019; quella d’appello il 18 luglio 2019. Deduce la ricorrente incidentale che la consulenza tecnica d’ufficio su cui si fonda la valutazione d’insufficienza dei mutamenti intervenuti nella propria condizione personale, si colloca temporalmente sei mesi prima della decisione di primo grado. Dopo il deposito dell’elaborato il processo di consapevolezza e di evoluzione delle problematiche personali della madre della minore è proseguito ed ha condotto, in particolare, ad una valutazione positiva da parte della Dott.ssa H. (direttore dipartimento Salute e Dipendenze ASL ***** Genova) il *****, come emerge dalla relazione riprodotta nell’atto di appello, dalla quale è emerso il comportamento adeguato della stessa nei confronti dell’ultimo figlio Sa., all’interno della comunità protetta ove entrambi sono collocati.

10.4 La censura, limitatamente a questo profilo, è fondata. Nella sentenza d’appello viene dato atto di un cambiamento di condotta e di prospettiva nella condizione personale della madre della minore ma si ritiene tale cambiamento inadeguato, aderendo alla valutazione del consulente tecnico d’ufficio. Tuttavia, ritiene il Collegio, che a fronte di allegazioni successive che si pongono in continuità con il percorso di cambiamento, la Corte d’Appello era tenuta ad un confronto specifico su queste sopravvenienze positive. Il giudizio d’inadeguatezza, al contrario si è fondato sulla “tardiva adesione al progetto” e sulla fragilità di esso, senza alcuna specifica valutazione attuale dell’incidenza del cambiamento in relazione a M. e al suo interesse (o pregiudizio) a conservare una relazione con la madre, eventualmente ricorrendo ad una modulazione dell’intervento sulla genitorialità meno radicale.

10. In conclusione deve essere rigettato il primo motivo del ricorso principale ed accolti, nei limiti indicati in motivazione, il secondo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale tardivo.

10.1 La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione perché decida anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

PQM

Rigetta il primo motivo del ricorso principale. Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso principale, e, nei medesimi limiti, l’unico motivo del ricorso incidentale tardivo proposto da S.L..

Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese processuali del presente giudizio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione.

In caso di diffusione omettere le generalità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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