Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27575 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28610-2017 proposto da:

M.G., DOMICILIATO in ROMA PIAZZA, CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIANGELA LAGANA’;

– ricorrente –

contro

R.F.I. – RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., – Società con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 252, presso lo studio dell’avvocato BARBARA SILVAGNI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 551/2317 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/06/2017 R.G.N. 178/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/05/2021 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto da M.G. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso la sentenza emessa dal Tribunale della stessa sede che aveva rigettato le domande volte ad ottenere la condanna della società al pagamento del ticket restaurant per il periodo aprile 2008-luglio 2012 in relazione al turno unico giornaliero mattutino svolto dalle ore 7 alle ore 14,12 ai sensi dell’art. 46 c.c.n.l. attività Ferroviarie 2003-2006 e dell’art. 19 dell’accordo di confluenza;

a fondamento della decisione, il giudice di seconda istanza rammentava che il diritto al buono pasto si matura, ai sensi dell’art. 19 punto 3 dell’Accordo di confluenza, quando manchi la mensa aziendale o servizi sostitutivi (quali i locali convenzionati); accertava, quindi, che il ricorrente, aveva a disposizione una mensa aziendale OML presso ***** ed il servizio sostitutivo presso “*****” dove poteva consumare il pasto;

escludeva pertanto che ricorressero i presupposti previsti dalla disposizione collettiva per il riconoscimento del buono pasto e dunque del suo controvalore richiesto;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.G. affidato a due motivi ai quali ha resistito con tempestivo controricorso Trenitalia s.p.a.;

quest’ultima ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;

il Procuratore Generale ha rassegnato le proprie conclusioni ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 46 c.c.n.l. 2003 e art. 19 dell’Accordo di Confluenza 2003, nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

si deduce che la sentenza, nell’interpretare l’art. 19 del c.c.n.l. 2003 delle attività ferroviarie, sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 1362 c.c. e ss. in quanto, pur ritenendo accertato che il dipendente era nell’impossibilità di consumare il pasto a casa, ha escluso il diritto al buono pasto sul rilievo che questi sarebbe stato comunque in grado di consumare a fine turno il pasto presso la mensa aziendale apprestata dalla società presso altra stazione rispetto a quella dove prestava servizio;

sostiene il lavoratore che tale ricostruzione sarebbe illogica e violerebbe le regole di interpretazione dettate dagli artt. 1362 c.c. e ss. poiché non terrebbe conto del fatto che l’art. 19 A.C. del contratto cristallizza il diritto al pasto per i dipendenti che iniziano e terminano il turno di lavoro in un orario che non gli consenta, come è incontroverso nel caso in esame, di consumare il pasto a domicilio nelle fasce di orario concordate;

le fasce orarie entro le quali il pasto doveva essere consumato era quello delle 12-14: tenuto conto che il turno di lavoro del ricorrente terminava alle ore 14,12 oltre il termine dell’orario massimo concordato, lo stesso aveva diritto al riconoscimento di un ticket per ogni turno di servizio svolto;

2. il secondo motivo prospetta altresì violazione e falsa applicazione degli artt. 46 c.c.n.l. 2003 e 19 dell’Accordo di Confluenza 2003, nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.;

si deduce che il tenore letterale della richiamata disposizione dell’Accordo di Confluenza c.c.n.l. 2003 di settore, laddove si riferisce ai lavoratori addetti ai turni e non ai lavoratori addetti a turni avvicendati (così come statuito dall’art. 46 c.c.n.l. 2003), esprime la volontà delle parti collettive di ampliare la platea dei lavoratori ai quali garantire il diritto al pasto, così evitando di realizzare una disparità di trattamento fra lavoratori (addetti a turni avvicendati o a turno singolo senza orario spezzato);

3.Lmotivi, che possono congiuntamente trattarsi per connessione, sono infondati;

e’ bene rammentare che l’art. 19 del contratto aziendale del gruppo FS ed accordo di confluenza al c.c.n.l. delle attività ferroviarie dell’anno 2003, applicabile al caso in esame, disciplina a quali condizioni il lavoratore ha diritto di fruire del pasto aziendale nelle mense aziendali o nei servizi sostitutivi di mensa aziendale nelle giornate in cui presta servizio; in particolare alla lettera B dispone che, per i lavoratori che prestano servizi in turni, il diritto alla mensa sia riconosciuto allorquando il lavoratore sia impossibilitato, nelle fasce orarie indicate, a raggiungere la propria abitazione/dimora per consumare il pasto;

al citato art. 19, comma 3 poi è previsto che le aziende, in mancanza della mensa aziendale o di servizi sostitutivi della stessa (locali convenzionati), eroghino al personale che ne debba fruire, per ciascun pasto, un ticket restaurant; in base a tale disposizione, il diritto al buono pasto insorge nel momento in cui il lavoratore, che ne abbia diritto, non possa beneficiare della mensa aziendale o di un suo servizio sostitutivo;

tanto precisato, rileva il Collegio che la Corte territoriale, nell’interpretare la disposizione collettiva, ha esattamente accertato quali sono le condizioni previste dalla disciplina collettiva per conseguire il controvalore convenzionale del pasto (ticket restaurant);

si tratta di interpretazione che non incorre nella violazione delle regole ermeneutiche degli atti che risultano formalmente denunciate, in assenza, peraltro, di specifica enunciazione esplicitate nella censura (vedi Cass. 26/10/2020 n. 23442);

va infatti rammentato che l’art. 19 inserito nel contratto aziendale delle Ferrovie dello Stato, non è suscettibile di interpretazione diretta da parte di questa Corte la quale è autorizzata a verificare, in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali ma non può procedere ad una interpretazione diretta di clausole di contratti che, come quello in esame Contratto Aziendale di Gruppo Ferrovie dello Stato e Accordo di Confluenza al CCNL delle Attività ferroviarie – sono sostanzialmente integrativi di quello nazionale e propri di un gruppo di aziende (cfr. Cass. 17/2/2014 n. 3681, Cass.2/10/2018 n. 23887 e più recentemente Cass. cit. n. 23442/2020);

la Corte territoriale, nell’interpretare le disposizioni dell’Accordo di confluenza che disciplinano i pasti aziendali, non è incorsa nella violazione delle disposizioni molto genericamente richiamate da parte ricorrente ma ha invece, individuato quella, fra le possibili interpretazioni, che coordina il tenore letterale della disposizione con la necessità di dare un significato che assicuri il rispetto delle regole di correttezza nell’esecuzione del contratto; nell’ottica descritta, la censura si traduce nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non consentita in questa sede di legittimità;

deve allora ribadirsi che l’interpretazione prescelta non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola collettiva sono possibili due o più interpretazioni, e peraltro nella specie non ricorre tale ipotesi apparendo univoco il significato delle norme, comunque non è consentito, alla parte che abbia proposto un’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. in generale in tema di interpretazione del contratto Cass. 28/11/2017 n. 28319 e sull’interpretazione di accordi aziendali cfr. Cass. 4/4/2008 n. 8808).

in definitiva, alla stregua delle sinora esposte argomentazioni, il ricorso è respinto;

le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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