LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3804-2020 proposto da:
A.Z., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO TACCHI VENTURI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GORIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 527/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 23/07/2019 R.G.N. 619/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
CHE:
A.Z. cittadino *****, chiedeva alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui AL D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);
la Commissione Territoriale rigettava l’istanza;
avverso tale provvedimento proponeva, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Trieste, che ne disponeva il rigetto;
tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte distrettuale;
a fondamento della decisione assunta, la Corte territoriale evidenziava l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente tenuto conto dell’assenza di attendibilità del relativo racconto di vita – con il quale aveva prospettato il timore di subire la vendetta di terroristi jhadisti – in quanto improbabile ed inverosimile, escludendo che la scarsa credibilità dei fatti denunciati potesse esporlo al pericolo di pericolose ritorsioni al rientro nel paese di origine D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, (art. 14, lett. a) e b);
evidenziava al riguardo che il richiedente era partito dal ***** dieci mesi dopo le presunte minacce subite e di aver formulato la domanda di protezione internazionale ben due anni dopo il suo arrivo in Italia il che escludeva che si fosse allontanato per una situazione di reale pericolo;
escludeva altresì la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle condizioni di protezione sussidiaria di cui alla lett. c) della summenzionata disposizione, non emergendo dalle fonti internazionali consultate (EASO 2017-2018) la sussistenza di condizioni di violenza indiscriminata in *****, ed in particolare nel Punjab, tale da porre in pericolo l’incolumità della posizione civile per il solo fatto di soggiornarvi; quanto alla protezione c.d. umanitaria del pari invocata, non risultavano indicate particolari ragioni di vulnerabilità individuale che giustificassero la permanenza in territorio italiano; non risultavano instaurati legami sociali o familiari in Italia e, stante la scarsa credibilità della vicenda, non poteva ritenersi che si fosse allontanato da un contesto di effettiva privazione di diritti umani;
il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione con ricorso fondato su tre motivi;
il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 ed art. 8, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29;
stigmatizza la motivazione resa dal Collegio di merito in quanto apparente, priva di un compiuto esame della situazione di fatto; rimarca la carenza di una approfondita valutazione individuale del ricorrente, che tenesse conto della situazione di estrema povertà nella quale versava il *****, così come della situazione di stabilizzazione nel Paese di accoglienza, ove egli aveva rinvenuto una occupazione con contratto a termine nel settore alberghiero al fine del riconoscimento della protezione umanitaria;
2. il secondo motivo prospetta violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
si deduce che il giudice del gravame ha desunto in modo apodittico dal racconto, la non credibilità del richiedente, senza rispettare i criteri normativi di valutazione ed acquisizione della prova, sanciti dalla rubricata disposizione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007; la Corte territoriale avrebbe dovuto limitarsi a valutare la non contraddittorietà e verosimiglianza del racconto conferendo rilievo alle risultanze istruttorie acquisite da comparare con il verbale della commissione e con il contenuto del ricorso;
3. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
ci si duole che la Corte di merito non abbia attinto a fonti di informazione autorevoli e sicure al fine della elaborazione del proprio giudizio.
4. i motivi, che possono congiuntamente trattarsi per connessione, sono fondati nei termini di seguito esposti;
secondo i più recenti principi affermati da questa Corte, da ribadire in questa sede, in materia di protezione internazionale, il giudice, prima di decidere la domanda nel merito, deve assolvere all’obbligo di cooperazione istruttoria, che non può essere di per sé escluso sulla base di qualsiasi valutazione preliminare di non credibilità della narrazione del richiedente asilo, dal momento che anteriormente all’adempimento di tale obbligo, egli non può conoscere e apprezzare correttamente la reale e attuale situazione dello Stato di provenienza e, pertanto, in questa fase, la menzionata valutazione non può che limitarsi alle affermazioni circa il Paese di origine; da ciò consegue che solo ove queste ultime risultino immediatamente false, oppure la ricorrenza dei presupposti della tutela invocata possa essere negata in virtù del notorio, l’obbligo di cooperazione istruttoria verrà meno (vedi Cass.12/5/2020 n. 8819);
si è altresì precisato che la valutazione di inattendibilità del racconto del richiedente, per la parte relativa alle vicende personali di quest’ultimo, non incide sulla verifica dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), in quanto la valutazione da svolgere per questa forma di protezione internazionale è incentrata sull’accertamento officioso della situazione generale esistente nell’area di provenienza del cittadino straniero, e neppure può impedire l’accertamento officioso, relativo all’esistenza ed al grado di deprivazione dei diritti umani nella medesima area, in ordine all’ipotesi di protezione umanitaria fondata sulla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione raggiunto nel nostro paese ed il risultato della predetta indagine officiosa (vedi ex aliis Cass. 28/7/2020 n. 16122);
deve, in definitiva, rimarcarsi che rispetto alle ipotesi di pericolo integrante la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e c) il giudice del merito è tenuto ad un aggiornamento informativo riferito alla situazione attuale al fine di verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente ed astrattamente sussumibile in entrambe le tipologie tipizzate di rischio, sia sussistente al momento della decisione (vedi in motivazione Cass. 16/7/2015 n. 14998, Cass. 10/2/2021 n. 3357);
nello specifico è stata esclusa la ricorrenza di tutte le forme di protezione internazionale invocate da parte ricorrente sulla base di fonti informative non sufficientemente aggiornate (EASO 2017-2018);
non risulta, dunque, rispettato l’onere di cooperazione istruttoria definito dai richiamati dicta e gravante sul giudice del merito il quale, nel pervenire alla definizione del proprio convincimento, deve attingere a fonti informative aggiornate ed autorevoli, al fine di consentire lo scrutinio della attendibilità e fondatezza delle allegazioni del richiedente, mediante l’esatta individuazione della fonte di conoscenza e il controllo sul contenuto delle informazioni acquisite e sulla riferibilità delle stesse ad una situazione aggiornata; il che rileva anche per la protezione umanitaria, con le debite specificità;
4. alla stregua delle sinora esposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto;
la sentenza va cassata con rinvio alla Corte distrettuale designata in parte dispositiva, la quale provvederà a scrutinare la fattispecie devoluta alla luce dei principi enunciati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021
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