LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15046/2020 proposto da:
S.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati Tiziana Aresi, e Massimo Carlo Seregni, in virtù di procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 11/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
CHE:
S.O., nato in *****, impugnava la decisione della Commissione Territoriale, con cui era stata respinta la sua domanda di protezione internazionale e di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.
Con il decreto in epigrafe indicato, il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso avverso tale decisione.
Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito, transitando per la Libia, a causa delle condizioni di salute del padre, sofferente per problemi psichici causati dalle minacce subite dalla famiglia di origine, della condizione di disagio economico indotta da questa malattia, per il comportamento del padre, violento e litigioso, e per le spese sostenute dalla famiglia per curarlo, e del timore di ammalarsi anche lui.
Il Tribunale ha illustrato le ragioni per cui, pur ritenuto credibile il narrato, ha escluso la ricorrenza dei presupposti per ogni forma di protezione internazionale richiesta, compresa la umanitaria.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi. Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo, con il quale si denuncia la mancata valutazione da parte del Tribunale del periodo di tempo trascorso nei Paesi di transito e delle ragioni che lo avevano indotto ad abbandonare la Libia, è inammissibile.
Quanto ai maltrattamenti asseritamente subiti in Libia si evidenzia che (in disparte l’apparente novità della deduzione), secondo l’orientamento di questa Corte, il fatto che in un paese di transito si sia consumata una violazione dei diritti umani non comporta di per sé l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, essendo a tal fine necessario accertare che lo straniero venga ad essere perciò privato della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, per effetto del rimpatrio nel Paese di origine, di cui cioè si abbia la cittadinanza (Cass. 4455/2018), non già di un Paese terzo (cfr. Cass. 2861/2018, 13858/2018, 29875/2018); pertanto, solo se debitamente allegate e potenzialmente idonee – quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità – ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona, le eventuali violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza possono legittimare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, purché in presenza di specifiche e concrete condizioni, da allegare e valutare caso per caso (Cass. 13096/2019). Nel caso di specie la doglianza è stata formulata in termini del tutto generici ed astratti.
2. Il secondo motivo, con il quale si denuncia il mancato riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, lamentando la mancata valutazione della prospettazione di una possibile malattia mentale, non curabile in *****, e’, ugualmente, inammissibile.
Invero, non coglie la ratio decidendi, conforme a Cass. Sez. Un. 29459/2019, Cass. 7599/2020 e Cass. 4455/2018 perché il Tribunale ha rilevato l’assenza di condizioni di vulnerabilità personale “individualizzate”, in linea con l’orientamento di questa Corte che richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” e la mancanza di prova circa l’integrazione in Italia nel caso in esame, mentre il ricorrente non ha addotto affatto una attuale condizione personale di malattia, sintomatica di una condizione di vulnerabilità, ma il mero timore di ammalarsi in futuro.
3. Va, infine, osservato che la conseguente inammissibilità del ricorso, in applicazione del criterio della ragione più liquida, esclude la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione concernente l’invalidità della procura ad litem, che appare – nel caso – priva della certificazione della data di rilascio, questione risolta in senso affermativo da una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un. 15177/2021), seguita dalla rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass. 17970/2021).
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva del resistente.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021