Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27593 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12228-2019 r.g. proposto da:

A.J., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Daniela Vigliotti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Gallarate (VA), Via G.B. Trombini n. 3;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, depositata in data 5.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da A.J., cittadino del *****, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 30.4.2018 dal Tribunale di Milano, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto a ***** (*****) e di essere di religione *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese, perché la sua famiglia aveva venduto un terreno ad un musulmano sciita che avrebbe voluto costruirvi un iman burgha e perché la locale comunità religiosa sunnita era insorta contro questa iniziativa, attaccando con armi da fuoco la sua abitazione ed uccidendo la madre e la sorella.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e, comunque, per la mancanza di atti di persecuzione in danno del richiedente che, peraltro, aveva denunciato un pericolo non attuale; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla regione ***** di provenienza del richiedente *****), collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano.

2. La sentenza, pubblicata il 5.2.2019, è stata impugnata da A.J. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, in relazione alla violazione dell’onere di cooperazione istruttoria.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 t.u. imm., per il mancato erroneo riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria, nonostante la generale situazione sociopolitica del paese di provenienza e il livello di integrazione sociale raggiunto dal richiedente nel paese di accoglienza.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 I primi due motivi – che possono essere trattati congiuntamente, riguardando entrambi il diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, – sono inammissibili perché articolati in fatto e volti a richiedere a questa Corte un nuovo scrutinio di merito della decisione.

4.1.1 Va evidenziato, in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 61, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

4.1.2 Ciò posto, i motivi – declinati come violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c, – sono inammissibili perché indirizzati a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del ***** (*****), giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nella predetta regione di provenienza del richiedente non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto, nel senso già sopra chiarito.

4.2 D terzo motivo è del pari inammissibile sia perché lo stesso non coglie le rationes decidendi poste a sostegno del diniego della reclamata protezione umanitaria (che la corte di merito ha indicato nella complessiva valutazione di non credibilità del racconto e nella mancata integrazione sociale del richiedente) sia perché le doglianze involgono, anche in questo caso, valutazione di merito che sono inibite al giudice di legittimità.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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