LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17368/2020 proposto da:
O.V., elettivamente domiciliato in Milano, via Lorenteggio n. 24, presso lo studio dell’avv. T. Aresi, che lo rappresenta e difende, per procura in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 18/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso proposto da O.V. cittadino *****, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito che alcuni ragazzi gli avevano rubato il cellulare sfilandoglielo dai pantaloni mentre era andato a giocare a calcio, alle sue proteste lo avevano minacciato di non dire niente. Attraverso una guardia di quartiere fa trovare chi gli aveva rubato il cellulare e lo fa portare alla polizia che, però, lo libera subito. Una sera viene avvertito che questi ragazzi lo avevano cercato a casa, picchiando le sorelle. Lui non torna a casa ma la mattina dopo va dalla polizia che però facendo parte dello stesso cult dei ragazzi lo accusa di essere uno degli aggressori.
A sostegno della propria decisione di rigetto, il tribunale ha ritenuto che il richiedente non fosse credibile (v. foglio 5) perché in sede di audizione non era stato in grado di superare le incongruenze rilevate dalla Commissione. Il tribunale non ha, pertanto, riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ma neppure quelli della protezione sussidiaria, non essendo ravvisabile il rischio di subire un “danno grave” ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, neppure declinato secondo l’ipotesi di cui alla lett. c) in quanto dalle fonti informative disponibili, nella zona di provenienza del ricorrente, non risulta esistente una situazione di violenza indiscriminata dovuta a conflitto armato. Neppure erano state allegate e dimostrate, secondo il tribunale, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.
Contro il decreto del predetto Tribunale, è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice del merito non aveva tenuto conto del periodo di permanenza del ricorrente nei paesi di transito e delle ragioni che lo avevano indotto a fuggire dalla stessa Libia; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,5 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente il tribunale aveva ritenuto il ricorrente non credibile.
Il primo motivo è inammissibile perché volto a denunciare le vicende vissute dal ricorrente nei paesi di transito richiamando generiche torture e violazioni di diritti umani, laddove era necessario che il richiedente allegasse e provasse come e perché le vicende avvenute nel paese di transito lo avessero reso “vulnerabile” (Cass. n. 28781/20).
Il secondo motivo è inammissibile, perché censura genericamente il giudizio di non credibilità espresso dal tribunale, sulla cui base lo stesso tribunale non era tenuto ad alcun approfondimento istruttorio, giudizio che è incensurabile nella presente sede, se congruamente motivato, come nella specie.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021