Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27616 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10708/2020 r.g. proposto da:

K.L.A., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato ANTONIO FASCIA, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Brescia, Via Folonari n. 7.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, depositata in data 14.2.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Cagliari ha rigettato l’appello proposto da K.L.A., cittadino del Pakistan, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 21.2.2018 dal Tribunale di Cagliari, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in Pakistan, nel villaggio di *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal Pakistan, perché minacciato da un potente politico locale il quale, dopo un errore da lui commesso come impiegato di un notaio, gli aveva chiesto una ingente somma di denaro per “aggiustare” la documentazione.

La Corte territoriale ha, in primis, ricordato che il gravame proposto dal ricorrente riguardava solo il diniego dell’invocata protezìone sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c e quello della richiesta protezione umanitaria; ha ritenuto che: a) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Pakistan, stato asiatico di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che l’integrazione nel contesto sociale italiano non rilevava a tal fine e perché non vi era in Pakistan una situazione di violenza generalizzata né la violazione dei diritti umani.

2. La sentenza, pubblicata il 14.2.2020, è stata impugnata da K.L.A. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di censura.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, vizio di “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, nonché violazione di legge in relazione: al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, lett. b, c, d, ed e, nonché art. 14, lett. a, b, c, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e, g; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e della L. n. 722 del 1994, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; dell’art. 2, direttiva 2004/83/CE; artt. 3 e 24 Cost..

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1 Il ricorrente propone un unico motivo di censura, nel quale accorpa più doglianze articolate in relazione alle diverse forme di protezione richieste.

2.2 Quanto alle censure declinate in riferimento al rischio di persecuzione e al diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, occorre subito evidenziare che il ricorrente dimentica che il gravame era stato proposto esclusivamente in relazione al diniego della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c, medesima fonte normativa sopra citata, sicché le ulteriori censure proposte in questa sede in ordine al diniego delle protezioni per prime ricordate devono ritenersi irrimediabilmente colpite dalla sanzione dell’inammissibilità proprio perché sul contestato diniego della tutela è calato in modo definitivo il giudicato interno.

2.2 Ma ad analoga conclusione di inammissibilità delle censure deve giungersi anche in riferimento alle doglianze articolate in riferimento al rigetto della domanda di protezione umanitaria, posto che le stesse si limitano a generici richiami (peraltro articolati in fatto) sui presupposti applicativi dell’invocata tutela, senza censurare in modo puntuale le rationes decidendi dell’impugnato provvedimento (irrilevanza della sola integrazione sociale; mancanza di una situazione di insicurezza interna nel Pakistan ovvero di violazione dei diritti umani).

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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