LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25147/2020 r.g. proposto da:
D.O., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Sergio Biondino;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro.
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 10.3.2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
Che:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da D.O., cittadino della Nigeria, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.
La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese per le violenze dello zio che lo aveva rapito per impedirgli di succedere nel “trono” lasciato libero dopo la morte del padre. La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto e perché non ricorrevano i presupposti applicativi dell’invocata tutela, riguardando la vicenda narrata solo un episodio avente rilevanza penale; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla Nigeria, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché non ricorreva una situazione di emergenza né la violazione dei diritti umani fondamentali in Nigeria.
2. La sentenza, pubblicata il 10.3.2020, è stata impugnata da D.O. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 22 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, in relazione alla mancata osservanza dei criteri ermeneutici per valutare la credibilità del ricorrente e per la mancata osservanza del dovere di cooperazione istruttoria.
2.1 Il motivo – per come articolato – è inammissibile.
Sul punto è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).
Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretende, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perché non dedotto nel senso sopra chiarito e perché comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità, e ciò peraltro solo attraverso generiche deduzioni che richiamano esclusivamente i criteri legali di valutazione della prova.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’accertamento della situazione di pericolosità interna del paese di provenienza, nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vizio di motivazione apparente o assente sempre in relazione all’accertamento della ricorrenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c.
2.1 Il motivo è inammissibile.
Da un lato, va osservato che non corrisponde al vero che il provvedimento impugnato manchi della citazione delle fonti informative di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, posto che la motivazione richiama espressamente, per la valutazione del presupposto applicativo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, il rapporto EASO 2017; dall’altro, la censura risulta formulata in modo generico, neanche specificando fonti di conoscenza alternative – già eventualmente allegate nelle fase di merito che rendano inattuali le informazioni invece richiamate nella sentenza qui censurata.
3. Il terzo motivo – declinato in relazione al diniego della richiesta tutela umanitaria – denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione dell’art. 5, comma 6, TUI, per difetto di motivazione in ordine alla mancata valutazione comparativa anche in relazione alle condizioni del paese di provenienza.
3.1 Anche il terzo motivo è inammissibile.
La doglianza si compone solo di generici riferimenti ai principi regolatori dell’invocato istituto protettivo, senza che la censura si preoccupi di intercettare la ratio decidendi posta alla base del diniego della richiesta tutela.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.
Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021