LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21439/2014 proposto da:
B.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Crescenzio 25 presso lo studio dell’avvocato Dagnino Alessandro che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 290/2014 della COMM. TRIB. REG. SICILIA;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/09/2021 dal Consigliere Dott. RUSSO RITA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Matteis che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo, conseguenze di legge;
udito per il ricorrente l’avvocato Dagnino Alessandro che ha chiesto l’accoglimento e la distrazione delle spese, dichiarandosi antistatario;
udito per il controricorrente l’avvocato Rocchitta Giammario che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente B.B. è stato condannato dal Tribunale civile di Palermo (sentenza n. 4968/2009) al risarcimento del danno, in solido con altri, in favore della curatela fallimentare della società ***** s.p.a., ai sensi della L. F., art. 146. Gli è stato quindi notificato un avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni per omesso pagamento della tassa di registro, in relazione a questa sentenza.
Il contribuente ha proposto ricorso, deducendo che la sentenza avrebbe dovuto essere prenotata a debito, che è stato respinto in primo grado. Egli ha proposto quindi appello, che la CTR della Sicilia ha respinto, sul rilievo che la condanna rientra nell’alveo civilistico e non penale poiché non scaturisce da fatti costituenti reato, bensì da comportamenti omissivi nell’esercizio delle funzioni di componente del collegio sindacale e quindi non poteva essere registrata a debito, così come invocato dal contribuente; la CTR ha inoltre respinto una eccezione del contribuente sul quantum dell’imposta, evidenziando che questa domanda non era stata sollevata sin dal primo grado e quindi doveva considerarsi nuova e inammissibile.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente affidandosi a due motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La causa è stata rimessa alla pubblica udienza dalla sezione sesta ed è stata discussa alla udienza del 9 settembre 2021. Il procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la nullità della sentenza per difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, lamentando la contraddittorietà degli argomenti utilizzati dal giudice d’appello, in quanto da un lato il Collegio ha rigettato le eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dall’Agenzia delle entrate per violazione del divieto di jus novorum, e dall’altro ha ritenuto inammissibile il secondo motivo di gravame perché eccezione nuova, non espressamente sollevata in primo grado.
Il motivo è infondato.
Dal testo della sentenza si evince che sono state rigettate solo le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Agenzia in relazione alla questione della dedotta violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, e cioè la possibilità di prenotazione a debito, poiché la CTR rileva che la questione è stata espressamente sollevata sin dal ricorso originario, e analogo giudizio esprime sulla questione relativa alla errata applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1. E’ stata invece ritenuta inammissibile, in quanto deduzione nuova in appello, la contestazione sul quantum. Si tratta di questioni diverse, ognuna separatamente esaminata e la decisione non è affatto contraddittoria poiché sulla prima questione il giudice d’appello si è espresso con un giudizio di merito, sulla seconda questione con un giudizio di inammissibilità.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, comma 1, lett. d). La parte deduce che il giudicante ha omesso di considerare che la registrazione a debito della sentenza, in applicazione dell’art. 59, scaturisce anche come conseguenza di una pronuncia di condanna fondata su condotte astrattamente inquadrabili in fattispecie criminose e non necessariamente di condotte di cui sia stata effettivamente accertata la natura criminosa.
Il motivo è fondato.
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, lett. d), dispone che si registrano a debito “le sentenze (e gli altri atti degli organi giurisdizionali) che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato”, pertanto per giustificare la prenotazione a debito, è sufficiente che vi siano fatti obiettivamente rilevanti penalmente.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la previsione in esame deve essere intesa in senso ampio, sì da comprendere tutti i fatti che possano astrattamente configurare un’ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze in parola siano pronunciate solo a seguito di un giudizio penale o che si tratti di fattispecie che abbiano dato origine in concreto ad un procedimento penale. Conseguentemente, si è ritenuto che il fatto può essere apprezzato anche nell’ambito di una sentenza di condanna emessa in esito a un giudizio civile, senza che siano, in tal caso, necessarie l’imputazione in sede penale o la contestuale trasmissione degli atti alla procura della Repubblica per l’esercizio della relativa azione (Cass., n. 5952/2007; Cass., n. 24096/ 2014; Cass. n. 1296/2020; Cass. 12931/2021) Il giudice d’appello, invece di verificare se il fatto addebitato fosse configurabile anche astrattamente come reato, ha dato rilievo al dato formale e cioè che la condanna discende da una sentenza civile, così facendo cattiva applicazione dei principi sopra esposti.
Ne consegue in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
PQM
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione per un nuovo esame per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021