Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27916 del 13/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30954/2019 proposto da:

O.U.E., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIACRISTINA TRIVISONNO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 17/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, O.U.E., cittadino della ***** (*****), ha impugnato il decreto emesso dal Tribunale di Campobasso, comunicato il 17 settembre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della Commissione territoriale di Salerno – sez. Campobaisso, la quale a sua volta ne aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Campobasso osservava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato la ***** per paura di ritorsioni da parte degli affiliati alla confraternita *****, di cui era divenuto membro, per aver deciso di non eseguire gli ordini sanguinari impartitigli) evidenziava una vicenda del tutto privata non rientrante in alcuna delle ipotesi di persecuzione di cui alla normativa di settore; b) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente, in base alle COI utilizzate (UNHCR), una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il richiedente non aveva allegato alcunché a sostegno della richiesta forma di protezione.

3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 3, e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e 5, , per non aver il Tribunale assunto alcuna informazione sul paese di provenienza al fine di esaminare le richieste forme di protezione internazionale.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32,D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5 e art. 14, lett. b) e c), per non aver il Tribunale valutato né la situazione personale del richiedente in collegamento causale con il pericolo alla sua incolumità personale, né la situazione oggettiva del paese di provenienza di violenza generalizzata e incontrollata.

2.1. – Il primo e il secondo motivo, da scrutinarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati solo in relazione alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).

2.1.1. – E’, infatti, inammissibile la censura che investe il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui alla lett. b) del citato art. 14 (o anche dello status di rifugiato), non attingendo essa la specifica ratio decidendi del decreto impugnato (cfr. sintesi nel “Rilevato che”), che si fonda sulla non sussumibilità dei fatti narrati dal richiedente alle ipotesi di protezione internazionale anzidetta.

2.1.2. – E’ fondato, come detto, in riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).

In tema di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 262/2021).

A tal riguardo, va ulteriormente precisato che, nel caso in cui il giudice di merito abbia reso note le fonti consultate mediante l’indicazione del loro contenuto, della data di risalenza e dell’ente promanante, il ricorrente che voglia censurarne l’inadeguatezza in relazione alla violazione del dovere citi cooperazione istruttoria, è tenuto ad allegare nel ricorso le fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio. Diversamente, nel caso in cui il richiamo alle fonti sia assente, generico o deficitario nelle sue parti essenziali, è sufficiente la censura consistente nella deduzione della carenza degli elementi identificativi (Cass. n. 7105/2021).

Nella specie, il Tribunale, nel delibare la sussistenza della forma di protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. C si è limitato a rinviare, senza alcun’altra specificazione (né di contenuto, né di datazione), alla fonte “UNHCR”, con ciò violando i principi sopra enunciati.

3. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, per non aver il Tribunale verificato se il rimpatrio di esso richiedente potesse essere causa di privazione della titolarità e dell’esercizio di diritti umani.

3.1. – L’esame del motivo è assorbito dall’accoglimento del primo mezzo, dovendosi rammentare, comunque, che in tema di protezione umanitaria rilevano i principi enunciati da Cass., S.U., n. 29459/2019 e ribaditi, più di recente, da Cass. n. 3320/2021 (pp. 10/11).

4. – Vanno, dunque, accolti per quanto di ragione il primo e secondo motivo e dichiarato assorbito il terzo motivo, con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvio della causa al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo e secondo motivo per quanto di ragione e dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso;

cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2021

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