LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11613/2019 proposto da:
I.F., elettivamente domiciliato in BENEVENTO, PIAZZA DOGANA 2, preso lo studio dell’avvocato FABRIZIO CRISCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GENNARO ABETE;
– ricorrente –
AXA ASSICURAZIONI SPA, rappresentata e difesa dall’avvocato LINA CAPUTO ed elettivamente domiciliata presso lo studio della medesima, in ROMA, CORSO TRIESTE 27;
– controricorrente –
e contro
GENERALI ITALIA SPA, C.A., CR.AT., P.C., FATA ASSICURAZIONI DANNI SPA ora CATTOLICA ASSICURAZIONI SOC.
COOP.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5125/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
lette le conclusioni scritte del P.M. Dott. SGROI Carmelo.
FATTI DI CAUSA
Pronunciando nella controversia relativa ad un sinistro stradale che aveva visto coinvolte la vettura di proprietà di P.C., condotta da I.F. e assicurata presso FATA Ass.ni Danni s.p.a. e quella di proprietà di C.A., condotta da Cr.At. ed assicurata presso la Axa Ass.ni s.p.a., in cui era stata chiamata in causa anche la Generali Italia s.p.a. quale impresa designata per il F.G.V.S., il Tribunale di Benevento pronunciò sentenza con cui – tra l’altro – rigettò la domanda proposta dallo I. nei confronti di C.A. ed At. e della Axa Assicurazioni e dichiarò inammissibile – in quanto tardivamente formulata – la domanda proposta da C.C. (quale protutore di Cr.At.) nei confronti della P., della Fata e della Generali s.p.a..
Appellata la sentenza dalla Generali Italia, lo I. si costituì in giudizio proponendo impugnazione incidentale e chiedendo la riforma della decisione di primo grado nella parte in cui non aveva dichiarato la responsabilità esclusiva di Cr.At..
La Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’impugnazione principale per difetto di interesse (rilevando che la Generali, lungi dal trovarsi in una situazione di sostanziale soccombenza, è risultata totalmente vittoriosa rispetto alle domande proposte nei suoi confronti) e ha affermato che “la pronuncia di inammissibilità dell’appello principale priva di ogni efficacia gli appelli incidentali, tutti tardivi, secondo la previsione dell’art. 334 c.p.c., comma 2”.
Ha proposto ricorso per cassazione I.F., affidandosi ad un unico motivo.
Ha resistito, con controricorso, la Axa Assicurazioni s.p.a..
Con ordinanza interlocutoria n. 361/21 della Sesta Sezione – 3, il ricorso è stato rimesso alla pubblica udienza.
Il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale.
Il P.M. ha depositato conclusioni ai sensi del citato art. 23, comma 8-bis, chiedendo il rigetto del ricorso.
Hanno depositato memoria sia il ricorrente che C.C., nella qualità di protutore di Cr.At..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico motivo denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 333,334 e 343 c.p.c., nonché disapplicazione dell’art. 327 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – error in procedendo ed error in iudicando” e censura la sentenza per aver qualificato incidentale tardivo l’appello dello I., dichiarandolo quindi inefficace a seguito della ritenuta inammissibilità dell’appello principale.
Assume il ricorrente che “l’errore commesso dalla Corte territoriale consiste nell’aver ritenuto che l’appello incidentale (…) fosse stato proposto oltre il temine di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c.” (nella formulazione ratione temporis applicabile): evidenzia, infatti, che la comparsa contenente l’impugnazione incidentale era stata depositata in Cancelleria il 29.7.2016, a fronte di un termine lungo che sarebbe scaduto soltanto il successivo 20.9.2016.
Aggiunge che “va rilevato un ulteriore errore della Corte per non aver considerato che l’impugnazione incidentale (era stata qualificata) come impugnazione incidentale autonoma ed in quanto tale andava scrutinata a prescindere dall’esito dell’impugnazione principale laddove fossero stati rispettati i termini previsti per la costituzione”.
Prosegue sostenendo che l’art. 334 c.p.c., comma 2, “si applica nei soli casi di inammissibilità dell’impugnazione in senso proprio” e non anche “se alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione principale si pervenga attraverso l’esame di una condizione dell’azione (legitimatio ad causam ed interesse all’impugnazione) come nel caso di specie)”.
Sotto altro profilo, assume che non “può obiettarsi che la tardività dell’impugnazione dello I. derivi dallo spirare del termine breve per impugnare a partire dalla data di notificazione dell’impugnazione principale che farebbe decorrere il termine sia per il notificante che per il destinatario, perché la notificazione dell’appello non ha effetti sul termine lungo per impugnare” (in tal senso richiamando Cass. n. 31251/2018).
2. Il ricorso va disatteso sotto ogni profilo.
2.1. Deve escludersi rilevanza al distinguo fra carattere autonomo o dipendente dell’impugnazione come pure alle ragioni che hanno determinato la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione principale giacché, per giudicare della tardività dell’appello incidentale non entrano in gioco né i motivi che lo sostengono, né le ragioni che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilità del gravame principale, non essendo il rispetto del termine variabile secondo il contenuto dell’impugnazione incidentale o la ratio della pronuncia di inammissibilità dell’appello principale (cfr. Cass. n. 30782/2019, che supera motivatamente il diverso principio espresso da Cass. n. 14084/2010).
2.2. Circa l’idoneità della notifica dell’impugnazione a far decorrere il termine breve per la proposizione delle eventuali impugnazioni incidentali, ritiene il Collegio – pur consapevole dell’esistenza di posizioni difformi (cfr., da ultimo, Cass. n. 31251/2018)- di dare continuità all’indirizzo che si è andato affermando come prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, a mente del quale “la notificazione di un’impugnazione equivale (sia per la parte notificante, che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre altro tipo di impugnazione, la cui tempestività va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di cui all’art. 325 c.p.c., salva l’ipotesi di sospensione del termine di impugnazione, ove prevista dalla legge” (Cass. n. 17309/2017, che dà seguito a Cass. n. 7261/2013, Cass., n. 3294/2009, Cass. n. 14267/2007, Cass. n. 11176/1993, Cass. n. 3143/1993; successive conformi: Cass. n. 474/2019, Cass., S.U. n. 32114/2019, Cass. n. 26427/2020; cfr. anche Cass. n. 16015/2021).
Al riguardo, è d’uopo richiamare anche Cass. n. 3129/2017 che, in motivazione (al punto 2.6), ha affermato che l’art. 333 c.p.c., impone a ciascun destinatario della notificazione dell’appello, che si trovi in posizione di soccombenza rispetto alla sentenza di primo grado, “di proporre appello in forma incidentale e nel termine di cui all’art. 325 c.p.c., decorrente dalla ricezione della notificazione dell’appello principale”.
Tale principio – risalente e consolidato – supera il dato letterale dell’art. 326 c.p.c., comma 1, sul condivisibile assunto che la ricezione di un atto di impugnazione correlato ad un giudizio cui il destinatario ha comunque partecipato costituisce elemento sufficiente a integrare l’impulso sollecitatorio sotteso alla espressa previsione normativa; tanto più alla luce dei doveri cooperativi e di buona fede richiesti al destinatario della notificazione e tenuto conto, altresì, del fatto che – a seguito della modifica dell’art. 133 c.p.c., comma 2, introdotta dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 1, lett. b), convertito in L. n. 114 del 2014 – la sentenza è sempre comunicata integralmente alle parti, che ne hanno dunque conoscenza prima ancora di ricevere la notifica della sentenza medesima o dell’atto di impugnazione.
Per di più, come condivisibilmente rilevato dal P.M., l’affermazione dell’idoneità della notifica dell’atto di impugnazione a far decorrere il termine “breve” anche per il destinatario vale ad evitare lo “sbilanciamento” che si determinerebbe fra le posizioni delle parti ove si ritenesse che solo l’impugnante consumi il termine, mentre l’altra parte continua a fruire del termine “lungo”; così rispondendo all’esigenza di ricondurre ad unità la decorrenza dei termini di impugnazione, in coerenza col principio secondo cui, in materia di impugnazioni, “la conoscenza legale rientra tra gli effetti bilaterali e deve, quindi, realizzarsi per entrambe le parti nello stesso momento” (Cass. n. 16015/2020).
2.3. Deve dunque ritenersi che correttamente la Corte di Appello, una volta ritenuto inammissibile l’appello principale, abbia dichiarato l’inefficacia dell’appello incidentale dello I. in quanto tardivo, giacché lo stesso è stato proposto con le modalità previste dall’art. 343 c.p.c. (in data 29.7.2016), ma dopo che era scaduto il termine breve di trenta giorni decorrente dalla notifica dell’impugnazione principale (effettuata il 15.4.2016).
2.4. Il ricorso va pertanto rigettato.
3. Alla luce dell’evidenziato contrasto giurisprudenziale, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate a partire dalla L. n. 263 del 2005, applicabile ratione temporis (trattandosi di causa iniziata nell’anno 2005).
4. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021
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