Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29086 del 20/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33969/2018 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato in Fermo, alla via Ognissanti, n. 13, presso lo studio dell’avv. Renzo Interlenghi, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale Roma ***** Sezione Ancona;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 13/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2021 da Dott. MACRI’ UBALDA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di O.D., di origine *****, di riconoscimento della protezione internazionale e, in via gradata, dello status di rifugiato e del diritto alla protezione sussidiaria e umanitaria, così confermando la decisione della Commissione territoriale di Ancona notificata il 13 marzo 2018.

Con riferimento allo status di rifugiato, il Tribunale ha osservato che il ricorrente non aveva allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, né di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa, oggetto di persecuzione; che non rientrava tra le categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano; che il timore persecutorio rappresentato, in assenza di atti diretti e personali, non era rilevante ai fini della tutela della Convenzione di Ginevra.

Quanto alla protezione sussidiaria, ha precisato che il ricorrente non era credibile perché non aveva saputo circostanziare la vicenda, in merito a nomi, tempi e luoghi; che, tuttavia, anche se credibile, si trattava di una vicenda privata; che, in generale, non si trovava in una condizione oggettiva di pericolo in relazione alla situazione generale della zona geografica di provenienza.

In ordine al permesso di soggiorno per gravi motivi di carattere umanitario, ha escluso la condizione di vulnerabilità, perché non erano state segnalate compromissioni dei diritti umani in *****, mentre in Italia il ricorrente non aveva dato prova di aver intrapreso un serio percorso di integrazione sociale e lavorativa, con la conseguenza che non avrebbe subito alcun pregiudizio dal rimpatrio.

Il ricorrente chiede la cassazione del provvedimento del Tribunale di Ancona sulla base di due motivi.

Con il primo lamenta la violazione dell’art. 106 Cost., e del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4-bis, conv. in L. n. 46 del 2017 nonché del D.Lgs. n. 116 del 2017, perché era stato delegato per la trattazione un giudice onorario di tribunale, nonostante non fosse stato costituito l’Ufficio del processo per l’immigrazione.

Con il secondo contesta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5 e art. 14, lett. c), perché il Tribunale aveva negato la protezione sussidiaria, nonostante fosse arrivato in Italia, dopo sei mesi di permanenza in Libia, dalla *****, da cui era stato costretto a fuggire per paura di essere ucciso dallo zio che aveva ragioni di astio e vendetta nei confronti della sua famiglia per l’eredità di un terreno – la madre e la sorella erano state uccise e il padre continuamente minacciato di morte – e per il rischio di non essere tutelato dalla polizia locale a causa della grave instabilità documentata dai rapporti di Amnesty International.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Il ricorso è infondato.

Le Sezioni Unite con sentenza n. 5425 del 26/02/2021, Rv. 660688-01 hanno affermato che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta. Va precisato che il modello del cosiddetto “affiancamento” del magistrato onorario al magistrato professionale è del tutto legittimo. Come affermato da Cass., Sez. 1, n. 3356 del 2019, Rv. 652464-01, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione. E’ stato pure osservato che la scelta a favore del modello di affiancamento per l’organizzazione della sezione che si occupa dei procedimenti relativi alla protezione internazionale è stata indicata pure dalla Delib. 15 giugno 2017 del Consiglio Superiore della Magistratura, sul tema “Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’unione Europea a seguito del D.L. 17 febbraio 2017”, nella quale si legge: “successivamente all’operatività delle sezioni specializzate, a far data dal 17 agosto, tenuto conto di quanto previsto dalla Legge Delega 28 aprile 2016, n. 57, art. 2, comma 5, lett. b) per quanto attiene ai procedimenti trattati collegialmente, i magistrati onorari possono essere inseriti nell’ambito di una struttura di supporto funzionale ad una pronta decisione dei procedimenti”; è possibile “prevedere che, nell’ambito della struttura dell’ufficio del processo, il giudice onorario possa coadiuvare il giudice professionale a supporto del quale la struttura organizzativa è assegnata. In particolare, sotto la direzione e coordinamento del giudice professionale egli può compiere tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale, provvedendo tra l’altro allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale e alla predisposizione delle minute dei provvedimenti”; “al fine di assicurare la ragionevole durata del processo, il giudice professionale può, poi, delegare al giudice onorario inserito in tale struttura compiti e attività, anche a carattere istruttorio, ritenuta dal medesimo magistrato togato utile alla decisione dei procedimenti”. In ogni caso, l’eventuale mancanza della costituzione dell’ufficio del processo in materia di protezione internazionale, dedotta dal ricorrente, non è qui rilevante, in quanto si tratta di una questione organizzativa degli uffici giudiziari, che non ridonda in termini di nullità, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., sulla costituzione del giudice.

Ne’ può ritenersi intaccato il principio della immutabilità del giudice, giacché – secondo un orientamento consolidato di questa Corte l’art. 276 c.p.c. dev’essere interpretato nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni o si è tenuta l’udienza di discussione (Cass., Sez. 6-1, n. 4925 del 2015, Rv. 634690-01 e Sez. 6-2, n. 15660 del 2020, Rv. 658777-01). E’ stato, dunque, condivisibilmente affermato il principio secondo cui “in tema di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia svolto attività processuali e abbia poi rimesso la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, in quanto l’estraneità di detto giudice al collegio non assume rilievo a norma dell’art. 276 c.p.c., dato che, con riguardo ai procedimenti camerali, il principio di immutabilità del giudice non opera con riferimento ad attività svolte in diverse fasi processuali” (tra le più recenti, Cass., Sez. 1, n. 22050 del 2020, Rv. 659235-01).

Nel merito, il ricorso non si confronta con la decisione impugnata secondo cui il racconto del ricorrente non era credibile e si limita a reiterare le medesime doglianze di fatto già rivolte al Tribunale che ha motivatamente confermato il giudizio della Commissione territoriale, all’esito di uno scrupoloso vaglio critico delle dichiarazioni del ricorrente.

Più in particolare, il racconto è stato ritenuto intrinsecamente non credibile alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva, siccome generico in merito a fatti essenziali determinanti l’espatrio. Pertanto, del tutto inconferenti sono i rilievi in merito alle condizioni politiche della ***** e ai comportamenti della polizia locale (Cass., Sez. 1, n. 6738 del 2021, Rv. 660736-01) Nulla per le spese, stante la mancata costituzione del Ministero dell’Interno. Sussistono invece, nella specie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poiché la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione Integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, per la presenza di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661 del 2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

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