LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17109-2016 proposto da:
M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BANCO DI S.
SPIRITO, 42, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PISENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA TURRIN;
– ricorrente –
contro
BS SERVIZI DI B. ING F. E F. SRL, IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORESTANO FRANCESCO 21, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PONTESILLI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIANO FALOMO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 42/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 25/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.
RITENUTO
che la vicenda giudiziale qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:
– il Tribunale di Pordenone ingiunse alla s.r.l. BS Servizi Ing. F. e F. il pagamento della somma di Euro 49.630,83, oltre accessori, in favore di M.E., costituente corrispettivo per la esecuzione di lavori edili;
– il predetto Tribunale rigettò successivamente l’opposizione proposta dall’ingiunta, la quale lamentava che l’opera presentasse vizi;
– la Corte d’appello di Trieste, parzialmente accogliendo l’impugnazione della BS Servizi, determinò il credito del M. nella minor misura di Euro 37.745,55;
– il Giudice di secondo grado, distinguendosi sul punto da quello di primo grado, afferma che, anche a volere qualificare il contratto d’opera e non d’appalto, il lavoratore autonomo avrebbe dovuto “consegnare un manufatto conforme alle regole dell’arte e rifiutarsi di fornire un bene viziato, anche a fronte di esplicito ordine del Direttore dei lavori. In ogni caso il M., solo in questo grado di giudizio, si proclama nudus minister senza avere mai allegato tale assunto, anzi invocando, nel ricorso monitorio, quale fonte del suo credito un contratto “forniture e servizi”, senza alcun cenno a un rapporto di lavoro subordinato o a termine”;
ritenuto che l’appellato ricorre avverso la sentenza di secondo grado sulla base di due motivi e che l’intimata società resiste con controricorso;
ritenuto che con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1675 c.c. e ss., artt. 1667,1176 c.c., artt. 112 e 345 c.p.c., assumendo che:
– il vizio dell’opera riscontrato era dipeso esclusivamente dalle direttive impartite dal direttore dei lavori (sul punto era stata assunta testimonianza);
– la sentenza di primo grado aveva riconosciuto al ricorrente la qualità di “nudus minister”;
– con motivazione apparente la Corte locale aveva sostenuto che il M. solo in appello aveva indicato una tale qualità, invece ciò aveva sostenuto nella comparsa conclusionale di primo grado e il Tribunale aveva reso motivazione pertinente;
– il “rifiuto di fornire un bene iniziato (n.d.r. viziato)” costituiva “argomento nuovo”;
– la “riduzione del prezzo” era stata tardivamente richiesta dalla controparte solo in appello;
– la sentenza impugnata aveva confuso la figura del “nudus minister” con quella del lavoratore subordinato.
CONSIDERATO
che il motivo non è fondato, dovendosi osservare quanto segue:
– la società appellante si era doluta con il secondo motivo d’appello del fatto che il Tribunale avesse qualificato il M. lavoratore dipendente, qualifica, questa smentita dalla Corte locale con motivazione incensurabile;
– per un verso, la prospettazione del “nudus minister” appare nuova e certamente non giova al M. averla sostenuta ben tardivamente nella comparsa conclusionale di primo grado, per altro verso che sia stato affermato un tale ruolo dalla sentenza di primo grado costituisce un mero asserto aspecifico del ricorrente;
– questa Corte ha già avuto modo di affermare la responsabilità del prestatore d’opera che non rifiuti di fornire “opus” non corrispondente alla regola dell’arte, stante che costui per adempiere esattamente l’obbligo assunto, deve eseguire l'”opus” a regola d’arte e secondo gli accordi intervenuti, ma, salvo il caso di una pattuizione dettagliata e completa dell’attività da svolgere, egli deve anche compiere tutte quelle attività ed opere che secondo il principio di buonafede e l’ordinaria diligenza dell'”homo eiusdem condicionis ac professionis” sono funzionali al raggiungimento del risultato voluto; pertanto, se il contratto d’opera ha ad oggetto la riparazione di una macchina non funzionante, il prestatore è tenuto ad effettuare tutti quegli interventi imposti dalle conoscenze e capacità tecniche che egli deve possedere al fine di renderla funzionante non in modo precario; né a limitare l’oggetto delle sue prestazioni può valere la richiesta del committente di “voler risparmiare” (Sez. 2, n. 21421, 11/11/2004, Rv. 578007);
– le ragioni addotte dal ricorrente non integrano la prospettata violazione dell’art. 112 c.p.c.:
– l’obbligazione principale del prestatore d’opera consiste nel fornire un “opus” a regola d’arte e proprio un tale risultato l’appellante risulta aver contestato sin dall’inizio; di talché il rifiuto di fornire un’opera viziata costituisce conseguente doverosa condotta di costui; di talché non sussiste l’evocata novità della questione;
– la riduzione del prezzo, poi, deriva dalla qualità viziata dell’opera;
ritenuto che con il secondo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza per assenza di motivazione, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, poiché essa non spiegava in alcun modo sulla base di quali computi fosse giunta a ridurre la somma ingiunta di Euro 49.630,54 di Euro 11.884,99, così giungendo al minor importo di Euro 37.745,55;
considerato che la doglianza è fondata dovendosi osservare che:
– la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016);
– a tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto;
– siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914);
– la sentenza impugnata sul punto si è limitata a scrivere: “il decreto opposto va revocato per la parte di credito portato in compensazione dall’opponente e il debitore appellante va condannato al pagamento della minor somma capitale di Euro 37.745,55 (49.630,54 meno 11.884,99, importo comprensivo dell’IVA di legge al 2010)”;
– alla luce dei richiamati principi la sentenza della Corte di Trieste deve essere dichiarata nulla, poiché sorretta da un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza, attraverso il quale il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, la quale s’impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera, anzi arbitraria, manifestazione del volere, avendo il giudice il dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non essendo bastevole una sommaria evocazione priva di un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (in tal senso, da ultimo, Cass. nn. 9105/2017, 20921/2019, 13248/2020);
considerato che, pertanto, la sentenza deve essere sul punto cassata con rinvio, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste, altra composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021
Codice Civile > Articolo 1176 - Diligenza nell'adempimento | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1667 - Difformita' e vizi dell'opera | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1675 - Diritti e obblighi degli eredi dell'appaltatore | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 345 - Domande ed eccezioni nuove | Codice Procedura Civile