LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 9668-2020 proposto da:
A.N., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato ASSUNTA FICO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 239/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 21/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA MASSIMO.
LA CORTE OSSERVA 1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, pubblicata il 21 febbraio 2020, con cui è stato respinto il gravame proposto da A.N., proveniente da Punjab, in Pakistan; l’impugnazione è stata resa nei confronti del povvedimento con cui il Tribunale della stessa città aveva rigettato la domanda di protezione internazionale del nominato A..
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.
3. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e dell’art. 46, comma 3, dir. 2013/32/UE. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia disatteso la richiesta di propria audizione personale.
Col secondo motivo sono lamentate violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,6 e 14, oltre che la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27. Viene lamentato che la Corte di appello, con riguardo alla domanda di protezione sussidiaria, si sia limitata ad osservare che difettassero i presupposti per il riconoscimento della detta forma di protezione, non essendo la zona di provenienza dell’appellante caratterizzata da una situazione di violenza indiscriminata. Viene osservato che la protezione in questione spetti anche nel caso in cui il danno grave provenga da soggetti non statuali, se i responsabili di cui all’art. 5, lett. a) e b), non possono o non vogliono fornire protezione. E’ sottolineato, in proposito, come nell’atto di appello si fosse dato atto della dilagante corruzione del paese e della sfiducia, nutrita dal richiedente, nei confronti delle forze dell’ordine locali.
Il terzo mezzo oppone la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e la mancata comparizione tra integrazione sociale dell’istante e la situazione personale del medesimo. Viene dedotto che l’odierno ricorrente aveva comprovato il rischio di essere ucciso, di non aver mai beneficiato di alcuna forma di protezione (da parte delle autorità del suo paese, è da intendere) e di essersi “rifatto una vita in Italia”.
4. – Reputa il Collegio che, avendo specificamente riguardo al terzo motivo, vertente sulla protezione umanitaria, si imponga il rinvio della causa a nuovo ruolo. Il provvedimento impugnato manca, infatti, di alcun apprezzamento circa il processo di integrazione del richiedente in Italia (su cui, pure, il ricorrente aveva svolto precise deduzioni in appello: cfr. pag. 14 del ricorso per cassazione) e, come noto, la Prima Sezione di questa Corte ha di recente investito le Sezioni Unite di una nuova riflessione sul tema che qui interessa, ipotizzando che la vulnerabilità del richiedente possa “scaturire dallo “sradicamento” del cittadino straniero che, col tempo, abbia trovato nel paese ospitante una stabile condizione di vita, da intendersi riferita non solo all’inserimento lavorativo, che è indice indubbiamente significativo, ma anche ad altri ambiti relazionali rientranti nell’alveo applicativo dell’art. 8" della CEDU (Cass. 11 dicembre 2020, n. 28316).
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6a Sezione Civile, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2021