Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31217 del 02/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23251-2019 proposto da:

PUBLISERVIZI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GENNARO MELCHIORRE;

– ricorrente –

contro

MARINA DI CASTELLO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo studio dell’avvocato TULLIO ELEFANTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI CASERTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 669/24/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 25/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento riguardante la TARSU relativo all’anno d’imposta 2010 per due immobili;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello di Publiservizi s.r.l. sulla base della tardiva produzione documentale da parte dell’Ufficio nel corso del giudizio di primo grado;

la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20501 del 2017, cassava con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale, affinché riesaminasse il merito della controversia alla luce del principio secondo cui le parti, in virtù del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 (norma speciale rispetto all’art. 345 c.p.c.), possono produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado;

la Publiservizi s.r.l., concessionaria dei servizi di gestione e riscossione delle entrate comunali del comune di Caserta, riassumeva la causa davanti alla Commissione Tributaria Regionale, la quale ne rigettava l’appello rilevando che l’Ufficio aveva chiesto il pagamento della TARSU a seguito di avviso di accertamento che richiamava un avviso bonario n. ***** il quale si limitava ad indicare l’indirizzo degli immobili, la categoria catastale, le superfici tassabili e la tariffa applicabile per metro quadrato e che tale motivazione non era adeguata.

La Publiservizi s.r.l. proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e il comune di Caserta non si costituiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la Publiservizi s.r.l. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 161 e 162, in quanto l’avviso di accertamento impugnato risulta correttamente motivato per essere in esso chiaramente indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno portato alla sua emissione ossia “versamenti non eseguiti a fronte di importi Tarsu oggetto dell’avviso di pagamento n. ***** ritualmente notificato e conosciuto dal contribuente: l’avviso di accertamento impugnato trova dunque la sua motivazione per relationem nell’omesso pagamento dell’avviso di pagamento n. *****, notificato al contribuente e quindi conosciuto da quest’ultimo e contenente il periodo di contribuzione, l’ubicazione del locale, le superfici, le categorie catastali, le tariffe e tutti gli elementi necessari per comprendere la pretesa fiscale, cosicché non era necessario che fosse allegato all’avviso di accertamento e il contribuente era in condizioni di conoscere la pretesa creditoria e di contestare l’an e il quantum debeatur come si evince dalle difese approntate dalla società contribuente nei precedenti gradi di giudizio.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Secondo questa Corte infatti:

In tema di TARSU, la verifica dell’adeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica va condotta in base alla disciplina dettata, per l’accertamento dei tributi di competenza degli enti locali, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, sicché, ove la rettifica venga effettuata sulla base della variazione della superficie tassabile o della tariffa o della categoria, deve ritenersi sufficiente l’indicazione nell’atto della maggiore superficie accertata o della diversa tariffa o categoria ritenute applicabili, in quanto tali elementi, integrati con gli atti generali (quali i regolamenti o altre delibere comunali), sono idonei a rendere comprensibili i presupposti della pretesa tributaria, senza necessità di indicare le fonti probatorie e le indagini effettuate per rideterminare la superficie tassabile, potendo ciò avvenire nell’eventuale successiva fase contenziosa (Cass. n. 20620 del 2019);

in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, lo Statuto del contribuente, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968 del 2019);

in tema di imposta di registro relativa a sentenza civile, l’Amministrazione finanziaria è esonerata dall’obbligo di allegare all’avviso di liquidazione la sentenza su cui esso si fonda, in quanto trattasi di atto di cui il contribuente, parte del relativo giudizio, è a conoscenza; diversamente tale incombente si risolverebbe in un adempimento superfluo ed ultroneo che, da un lato, determinerebbe un eccessivo aggravamento degli oneri connessi all’esercizio della potestà impositiva e, dall’altro, non varrebbe a fornire elementi utili e significativi per la tutela del diritto di difesa nei confronti della pretesa tributaria, ponendosi così in contrasto con i canoni generali della collaborazione e della buona fede (Cass. n. 21713 del 2020).

La Commissione Tributaria Regionale non si è conformata ai predetti principi laddove – rilevando che l’Ufficio aveva chiesto il pagamento della TARSU a seguito di avviso di accertamento che richiamava un avviso bonario n. ***** il quale si limitava ad indicare l’indirizzo dell’immobile, la categoria catastale, le superfici tassabili e la tariffa applicabile per metro quadrato e che tale motivazione non era adeguata – non ha considerato per un verso che il suddetto avviso bonario n. ***** (riportato dal ricorrente quale allegato n. 3 al ricorso nel rispetto del principio di autosufficienza) era dotato di una motivazione sufficiente perché nell’atto era indicata la superficie accertata per ciscuno dei due immobili, la tariffa e la categoria ritenute applicabili, elementi idonei a rendere comprensibili i presupposti della pretesa tributaria; per un altro verso che la parte contribuente era pacificamente a conoscenza dell’avviso bonario e che nessuna questione circa la presunta illegittimità per relationem viene sollevata nella sentenza impugnata e per un altro verso ancora che non vi è alcuna indicazione in merito ad una presunta incompleta comprensione del contenuto dell’atto e a quale sia stata la lesione del diritto di difesa che sarebbe dipesa dalle asserite manchevolezze dell’avviso di accertamento (Cass. n. 26419 del 2020, secondo cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito).

Ritenuto pertanto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso della Publiservizi s.r.l. va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2021

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