LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Mar – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. LEUZZI S. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 15854 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
V.M., nato a *****, e C.S., nata a *****, entrambi rappresentati dall’Avv. Massimo Gelmini e dall’Avv. Ruggero Longo, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 60;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente si domicilia;
– ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 7106/14, depositata il 22 dicembre 2014;
sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella camera di consiglio del 10 giugno 2021.
FATTI DI CAUSA
I contribuenti acquistavano una villa con annessa corte di proprietà esclusiva e in sede di registrazione dell’atto chiedevano di avvalersi delle “agevolazioni prima casa” di cui alla nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986.
Emergeva in sede di controllo la qualificabilità dell’immobile alla stregua di “immobile di lusso”, con conseguente emissione, da parte dell’Agenzia, di un avviso di rettifica e liquidazione con cui, revocate le agevolazioni anzidette, veniva recuperata la maggiore IVA dovuta in ragione dell’aliquota applicabile, il 20% in luogo del 4%.
La CTP respingeva il ricorso dei contribuenti, la CTR ne accoglieva l’appello solo con riferimento alle sanzioni.
Il ricorso per cassazione dei contribuenti è affidato a tre motivi. Il successivo ricorso dell’Agenzia – cui i contribuenti resistono con controricorso – è incentrato su un solo motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso i contribuenti contestano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.L. n. 165 del 2001, art. 4, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR trascurato che la sottoscrizione dell’atto impositivo non è stata apposta da un dirigente.
Osserva la Corte che la contestazione sulla firma dell’avviso di liquidazione è nuova e come tale inammissibile. Non vi è traccia del profilo di doglianza nella sentenza d’appello e parte ricorrente non precisa quando e come l’abbia in precedenza sollevato.
Con il secondo motivo di ricorso di contesta la violazione e falsa applicazione del D.M. 2 agosto 1969, art. 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR mancato di espungere la metratura dell’autorimessa ai fini del calcolo della superficie complessiva rilevante per la qualificazione “di lusso” D.M. 2 agosto 1969, ex art. 6.
Il motivo è fondato e va accolto.
In più occasioni (cfr., tra le altre, Cass. n. 1173/2016; Cass. 25674 del 2013; Cass. 22279 del 2011) la Corte ha avuto modo di osservare che “in tema di imposta di registro, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi dell’art. 1, Parte 1, Nota 2 Bis della Tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, occorre fare riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, art. 6, in forza del quale è irrilevante il requisito della “abitabilità” dell’immobile, siccome da esso non richiamato, essendo invece rilevante quello della “utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità”. Si è rilevato che in tema di agevolazioni cd. “prima casa”, ai fini dell’individuazione di un’abitazione di lusso, nell’ottica di escludere il beneficio, la superficie utile deve essere determinata avuto riguardo all’utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” dell’immobile. Ne consegue che il concetto di superficie “utile” non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile”, dovendo interpretarsi il D.M. n. 1072 del 1969, art. 6 nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 metri quadrati rientrano anche i soppalchi (Cass. n. 29643 del 2019).
Ciò premesso in linea generale, dalla nozione di superficie utile complessiva va tuttavia esclusa quella destinata a box-autorimessa; non perché quest’ultima non sia astrattamente includibile in quella, ma perché espressamente eccettuata, nell’esercizio di una tipica scelta legislativa, dall’art. 6 cit., il cui richiamo al “posto macchina” – unitamente a quello di altri locali eccettuati, ancorché utilizzabili: balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale deve ritenersi riferito non soltanto al posto aperto e delimitato in area comune, ma anche al box-auto; senza con ciò contravvenire, stante l’ampiezza letterale della formula normativa e l’identità di ratio, al dettame generale di tassatività e stretta interpretazione delle ipotesi agevolative.
Va riaffermato il principio già espresso da questa Corte (v. Cass. n. 8421 del 2017; cfr. anche Cass. n. 1173 del 2016) in virtù del quale “In tema d’imposta di registro, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, di cui all’art. 1, comma 3, tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nella formulazione “ratione temporis” vigente, occorre avere riguardo alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M. 2 agosto 1969, art. 6 pari a quella che residua una volta detratta, dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto, la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina, quest’ultimo da intendersi non soltanto quale posto aperto e delimitato in area comune, ma anche come autorimessa, attesa l’ampiezza della formula usata e l’identità di ratio”.
Con il terzo motivo i contribuenti denunciavano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR trascurato di soffermarsi sulla circostanza della non abitabilità dell’autorimessa. Detto motivo rimane assorbito.
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia lamenta la violazione dell’art. 1, nota II bis, comma 4 Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 e del D.Lgs. n. 472 del 1986, artt. 5 e 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR escluso l’applicabilità delle sanzioni in ragione della “buona fede” del contribuente. Anche detto motivo rimane assorbito per la sua connotazione accessoria, investendo il profilo sanzionatorio.
P.Q.M.
Respinto il primo motivo del ricorso di V.M. e C.S., ne accoglie il secondo e ne dichiara assorbito il terzo. Dichiara altresì assorbito il motivo unico del ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Cassa la sentenza impugnata. Rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021