LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11654-2020 proposto da:
J.E., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GOTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE FIRENZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 729/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 02/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE PARISE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 729/2020 pubblicata il 2-4-2020 la Corte D’Appello di Firenze ha respinto l’appello proposto da J.E., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della stessa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. La Corte d’appello ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione, avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria, nonché condividendo il giudizio di non credibilità, espresso dal Tribunale, della vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese perché aveva ospitato in casa un suo cugino, che era appartenente ad una confraternita universitaria e ricercato dai membri di una gang avversaria, i quali l’avevano aggredito, mentre il richiedente si trovava con il cugino, ed avevano cercato di ucciderlo.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
3. Il motivo di ricorso è così rubricato: “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e art. 14, lett. c), e omesso esame di un fatto decisivo quale la situazione esistente nell’area dell'***** (Nigeria) e omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5)”. Con unico motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), assumendo che la Corte d’appello non abbia valutato la situazione di violenza indiscriminata e diffusa del suo Paese d’origine, richiama sentenze di merito, nonché le informazioni desumibili dal sito della Farnesina, attendibile, a parere del ricorrente, nonostante sia rivolto a chi intende effettuare un viaggio in Nigeria, e dal rapporto Coi sulla Nigeria Roma 3 del 28-1-2019, relativamente alla regione del *****, della quale fa parte l'*****. Deduce che la Corte di merito non ha svolto un’adeguata attività istruttoria perché ha trascurato le fonti appena citate, la cui disamina avrebbe contribuito alla formazione di una diversa interpretazione giurisprudenziale. Ad abundantiam evidenzia di avere in Italia forti e saldi legami affettivi e parentali, rappresentati dalla nascita di una figlia dalla relazione con una sua connazionale, mentre nel suo Paese assume di non avere una famiglia.
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Occorre premettere che, seppure nelle conclusioni del ricorso si chiede anche, in subordine, l’accoglimento della domanda afferente “il riconoscimento dei diritti umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5”, nell’illustrazione del motivo, anche con riguardo alla deduzione di un legame familiare in Italia, ogni riferimento è al diniego della protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c) (pag. n. 6 ricorso).
2.2. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, nei giudizi aventi ad oggetto l’esame di domande di protezione internazionale in tutte le sue forme, nessuna norma di legge esonera il ricorrente in primo grado, l’appellante o il ricorrente per cassazione, dall’onere rispettivamente – di allegare in modo chiaro i fatti costitutivi della pretesa; di censurare in modo chiaro le statuizioni del giudice di primo grado; e di assolvere gli oneri di esposizione, allegazione ed indicazione richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6 (Cass. n. 28780/2020).
Nel caso di specie, la censura non si confronta con il decisum, rispetto al quale non viene svolta alcuna critica specifica.
Il ricorrente deduce genericamente che l’attività istruttoria non è stata adeguata perché la Corte di merito non ha considerato le fonti citate nel ricorso, delle quali, tuttavia, non illustra il contenuto e neppure afferma di averle indicate nel giudizio d’appello.
Neppure il ricorrente deduce e spiega per quale ragione possano ritenersi non attendibili le informazioni tratte dalle fonti indicate dalla Corte di merito, con richiamo di integrale condivisione (ammissibile secondo la giurisprudenza di questa Corte – cfr. Cass. n. 2466/2021) all’ordinanza del Tribunale, riportata nella parte di interesse nella sentenza impugnata.
All’evidenza e’, infine, non conducente il richiamo a una pronuncia di merito, peraltro concernente il riferimento ad attacchi terroristici e a violazioni di dirtti umani.
3. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021