LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12396-2020 proposto da:
E.V., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO RIZZATO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2357/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 29/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE PARISE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 2357/2019 pubblicata il 29-11-2019 la Corte D’Appello di Palermo ha respinto l’appello proposto da E.V., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della stessa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. La Corte d’appello ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione, avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria e dell'*****, descritta con indicazione delle fonti di conoscenza, nonché condividendo il giudizio di non credibilità, espresso dal Tribunale, della vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese perché un uomo molto potente lo aveva fatto arrestare per impadronirsi del terreno della sua famiglia, il richiedente era riuscito a fuggire, ma temeva di essere ucciso da quell’uomo.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
3. Con unico motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), assumendo che la Corte d’appello non abbia valutato la situazione di violenza indiscriminata del suo Paese d’origine, richiama sentenze di merito e deduce di non comprendere per quale ragione la Corte d’appello non abbia tenuto conto degli atti di terrorismo compiuti da *****, incidenti sulla sua situazione personale in caso di rimpatrio.
4. Il motivo è inammissibile.
4.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, nei giudizi aventi ad oggetto l’esame di domande di protezione internazionale in tutte le sue forme, nessuna norma di legge esonera il ricorrente in primo grado, l’appellante o il ricorrente per cassazione, dall’onere rispettivamente – di allegare in modo chiaro i fatti costitutivi della pretesa; di censurare in modo chiaro le statuizioni del giudice di primo grado; e di assolvere gli oneri di esposizione, allegazione ed indicazione richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., , nn. 3, 4 e 6 (Cass. n. 28780/2020) Nel caso di specie, la censura non si confronta con il decisum, rispetto al quale non viene svolta alcuna critica specifica, e si risolve in una mera enunciazione di considerazioni astratte e generiche.
Il ricorrente si limita a richiamare e riportare in ricorso stralci di una pronuncia di questa Corte e pronunce di merito, senza dedurre e spiegare per quale ragione possano ritenersi non attendibili le informazioni tratte dalle fonti indicate dalla Corte di merito (Easo 2017), nonché senza minimamente confrontarsi con il percorso argomentativo di cui alla sentenza impugnata.
All’evidenza e’, infine, non conducente, ai fini che qui interessano, il diffuso richiamo a pronunce di merito, non potendosi apprezzare compiutamente il contenuto e la specificità delle fattispecie scrutinate con quelle pronunce, che peraltro risultano pubblicate nel 2017, ossia in epoca ampiamente anteriore a quella della sentenza impugnata.
5. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021