LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1271-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
OLEIFICI ITALIANI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 296/2013 della COMM. TRIB. REG. PUGLIA SEZ.DIST. di LECCE, depositata il 14/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO
che:
l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 296/23/2013, depositata il 14 novembre 2013 dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, Sez. staccata di Lecce, che, a conferma della decisione di primo grado, aveva accolto il ricorso introduttivo della Oleifici Italiani s.p.a. avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva ripreso a tassazione, ai fini Ilor per l’anno 1996, i contributi erogati alla società, ai sensi della L. n. 488 del 1992, sul presupposto che per essi non fosse fruibile l’esenzione decennale di quell’imposta.
La controversia traeva origine dagli interventi di ampliamento e ammodernamento dell’opificio della società, per i quali era stata presentata istanza di riconoscimento dell’esenzione dall’Irpeg e dall’Ilor, nella misura rispettiva del 50% e del 100%. L’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto il rimborso del 91% con riguardo all’Ilor, per il decennio 1987/1996, mentre, avendo escluso che gli interventi realizzassero una “nuova iniziativa produttiva”, aveva negato i benefici ai fini Irpeg. Era dunque seguito il contenzioso dinanzi alle commissioni di I e di II grado di Brindisi, nonché alla Commissione centrale tributaria, alla Corte di Cassazione e, in sede di rinvio, dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, Sez. staccata di Lecce, che aveva pronunciato la sentenza n. 185/23/2006, passata in giudicato. Tale ultima decisione aveva riconosciuto integralmente tanto i benefici ai fini Ilor (100%) quanto quelli ai fini Irpeg (50%).
Nelle more della lunga controversia l’Agenzia notificò alla società due avvisi di accertamento, per il recupero dell’Ilor relativa alle annualità 1995 e 1996. Ciò sulla base della constatazione che i contributi ricevuti erano stati qualificati in bilancio dalla medesima beneficiaria quali contributi in conto capitale, e dunque estranei al reddito industriale, cui solo poteva rivolgersi il beneficio agevolativo. La società impugnò i predetti avvisi ed anche i successivi, tra cui il n. *****, oggetto della presente controversia, nel quale era ripresa a tassazione anche l’imposta Irpeg.
L’ulteriore contenzioso (avverso quattro avvisi di accertamento dunque) esitò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brindisi nell’accoglimento, con separate sentenze, dei ricorsi della contribuente. Quanto all’Irpeg dando atto dell’intervenuta definitiva pronuncia n. 185/23/2006, con la quale era riconosciuto il diritto all’agevolazione nella misura del 50%; quanto all’Ilor perché era riconosciuto che i contributi erogati alla società avevano natura di contributi in conto impianti, afferendo a beni d’investimento strumentali all’esercizio dell’attività svolta. Le pronunce furono appellate dall’Ufficio dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. staccata di Lecce, relativamente alle pretese Ilor, insistendo sulla natura di contributi in conto capitale, estranei dunque al reddito industriale ed alla applicabilità del regime agevolativo. L’appello fu rigettato con la sentenza ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale ha ritenuto che, riconducendosi la ragione principale fatta valere dalla Amministrazione finanziaria alla valutazione assertiva secondo cui trattavasi di contributi in conto capitale, era stato erroneamente escluso che essi fossero stati invece erogati per l’acquisizione di impianti industriali, concorrendo pertanto in via ordinaria alla formazione del “reddito industriale”, mediante la riduzione dei costi di ammortamento degli impianti medesimi. A tal fine ha anche rilevato la carenza d’indagine, cui l’Amministrazione finanziaria era pur tenuta, volta alla verifica dell’effettiva destinazione di detti contributi. In ogni caso, a prescindere dalla qualificazione formale di essi, per la circostanza che fossero stati erogati ai sensi del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 101, la commissione regionale ha ritenuto che la natura di contributi in conto impianti fosse evincibile dalla finalità medesima della loro erogazione, ossia la realizzazione di impianti industriali nel Mezzogiorno.
La sentenza è stata censurata dall’Agenzia delle entrate con due motivi, chiedendo la cassazione della decisione. La società, cui risulta ritualmente notificato il ricorso, non ha inteso resistere.
Nell’adunanza camerale del 22 giugno 2021 la causa è stata trattata e decisa sulla base degli atti difensivi della ricorrente.
CONSIDERATO
che:
l’Amministrazione finanziaria ha denunciato:
con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 1, 9, 53,55,75,76, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1, del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 101, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che era la stessa legge istitutiva dei contributi percepiti dalla Cassa del Mezzogiorno a classificarli quali contributi in conto capitale;
con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2423 e 2423-bis c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver tenuto conto che la società medesima aveva contabilizzato in bilancio i suddetti contributi, qualificandoli in conto capitale, e per la valenza determinante del dato esposto in bilancio nei confronti dei terzi.
Deve tuttavia preliminarmente rilevarsi che l’intimata non si è costituita e che agli atti non risulta depositata la cartolina attestante il regolare procedimento di notifica del ricorso. La materiale carenza di allegazione della relata di notificazione del ricorso per cassazione ne comporta infatti la declaratoria di inammissibilità, trattandosi di situazione rispetto alla quale valgono le stesse conseguenze derivanti dal vizio di giuridica inesistenza della notificazione stessa. Nulla va disposto in orine alle spese di causa, mancando la costituzione del controricorrente.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021