Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31624 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24792-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TRITONE 169, presso lo studio dell’avvocato RENATA SULLI, rappresentato e difeso dall’avvocato OLGA PORTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1453/2015 della COMM. TRIB. REG. LAZIO, depositata il 11/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1453/2015 depositata l’11.3.2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2021 dal relatore, cons. Francesco Mele.

RILEVATO

che:

– A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate accertava che la “Società di fatto T.L. e T.G., P.D., G.V. e P.L.” aveva commercializzato in Italia telefoni cellulari in regime di Iva intracomunitaria attraverso l’interposizione fittizia della “Transilvania Phone srl” con sede legale in Romania; riteneva quindi soggettivamente inesistenti le operazioni di cui alle fatture emesse da quest’ultima – società interposta – e recuperava in capo alla prima l’Iva sulle operazioni commerciali poste in essere Attraverso la società estero vestita.

– In particolare, e per quanto di interesse nella presente sede, l’Ufficio accertava nei confronti di T.G. le maggiori imposte derivanti dalla sua qualità di socio della menzionata società di fatto.

– Avverso l’atto impositivo proponeva ricorso parte contribuente, deducendo la sua estraneità ai fatti e sostenendo il mancato assolvimento dell’onere probatorio posto in capo all’Ufficio.

– Nel contraddittorio tra le parti, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza, che – gravata di appello da parte del contribuente – era riformata dalla CTR.

Per la cassazione della sopra menzionata sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, al quale resiste, con controricorso, parte contribuente.

CONSIDERATO

che:

– Il ricorso consta di due motivi che recano: 1) “Nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; 2) “Nullità della sentenza per carenza di motivazione. Violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

– Premesso che la controversia ha per oggetto atto impositivo concernente reddito tassabile ai fini Irpef, Irap ed Iva a carico dei soci di società di fatto, tra i quali l’odierna parte intimata. Osserva il collegio – in via preliminare – che una siffatta controversia comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti (Cass. n. 23261 del 2018; Cass. n. 24025 del 2018), con la conseguenza che il giudizio è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci, i quali sono, appunto, litisconsorti necessari (Cass. n. 15566 del 2018).

– Atteso che, nel caso di specie, il giudizio è stato celebrato senza che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, né la riunione dei ricorsi separatamente proposti dai soci, sul ricorso deve pronunciarsi il collegio rilevando che l’intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14; vanno quindi cassate la sentenza impugnata e quella di primo grado e la causa va rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della CTP di Roma perché celebri il giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, disponendo rituale integrazione del contraddittorio.

PQM

Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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