Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31627 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.M., P.M.E., P.E. e P.V., rappresentati e difesi, giusta procura speciale stesa in calce al ricorso, dall’Avv.to Giuseppe Spada, che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore, alla via Piemonte n. 32 in Roma;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 488, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Perugia il 17.2.2014, e pubblicata il 21.7.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio.

La Corte osserva.

FATTI DI CAUSA

1. a seguito di indagini finanziarie regolarmente autorizzate e svolte nei confronti del nucleo familiare, l’Agenzia delle Entrate notificava a C.M., P.M.E., P.E. e P.V., distinti avvisi di accertamento in relazione a somme pervenute sui conti correnti personali dall’estero e non dichiarate. Parte significativa delle somme derivava, indicavano i contribuenti, da una polizza vita sottoscritta all’estero dai fratelli P.M.E., P.E. e P.V. che, offerta in garanzia, aveva consentito l’accesso ad un mutuo. Altra parte assai rilevante dipendeva dal conseguimento, nel 2001, di un risarcimento del danno ottenuto dagli Studi Cinematografici Pontini, dell’importo di L. 9.000.000.000, che i familiari provvedevano a distribuirsi ancora nell’anno in esame, il 2005.

I contribuenti proponevano opposizione avverso gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Terni, che riuniva i ricorsi e disponeva CTU. Le disposizioni circa lo svolgimento di quest’ultima non erano rispettate, ma la CTP riteneva comunque di poterla porre a fondamento della decisione, ed osservava che l’ausiliario aveva chiarito che le somme rilevanti individuate erano denaro già in possesso dei familiari all’estero i quali si erano limitati a trasferirle in Italia; pertanto annullava gli avvisi di accertamento impugnati.

Avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado proponeva ricorso l’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, contestando la nullità della CTU, e comunque censurando nel merito che, alle presunzioni di evasione offerte dall’Ente impositore, i contribuenti non erano stati in grado di opporre nulla che dimostrasse la natura non reddituale delle somme versate sui loro conti correnti nell’anno 2005. La CTR riteneva condivisibili le difese dell’Agenzia e, riformando integralmente la decisione di primo grado, riaffermava la piena validità ed efficacia degli atti impositivi notificati ai familiari.

Avverso la decisione assunta dalla CTR di Perugia hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti, affidandosi a quattro motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria. I ricorrenti hanno pure depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, i contribuenti lamentano “l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e la violazione dell’art. 10, per assenza di buona fede, della L. n. 212 del 2000… decadenza conseguente alla pronta mancata richiesta di declaratoria di nullità della consulenza tecnica d’ufficio nella prima risposta e mancata richiesta di rimessione in termini” (ric., p. 15).

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, i contribuenti affermano la nullità della sentenza adottata dalla CTR, in conseguenza della violazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per aver adottato una motivazione meramente apparente, non tenendo in alcuna considerazione le conclusioni cui era giunto il CTU.

3. Con il terzo mezzo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, i contribuenti contestano la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), art. 40, e dell’art. 2697 c.p.c., “anche con riferimento agli obblighi di motivazione ai principi di riparto dell’onere della prova” (ric., p. 28), avendo i ricorrenti “fornito ampia dimostrazione che i movimenti bancari a loro attribuiti non si riferiscono ad operazioni imponibili” (ibidem).

4. Mediante il quarto motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i contribuenti censurano la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, e artt. 7, 38, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 40 e 42, nonché del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), artt. da 67 a 71, per aver erroneamente trascurato come non corrispondesse “al vero che i ricorrenti non abbiano assicurato alcuna prova circa la non imponibilità dei redditi transitati sui c/c” (ric., p. 30).

5. Mediante i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione, i ricorrenti contestano la decisione impugnata in relazione ai profili della nullità della sentenza, della violazione di legge e del vizio di motivazione. In buona sostanza, a quanto è dato comprendere, la censura può riassumersi nell’osservazione che la CTR, peraltro in assenza di richieste in tal senso da parte dell’Amministrazione finanziaria, pur non dichiarando la nullità della CTU, e pur non disponendo la sua rinnovazione, ha ritenuto di poter decidere prescindendo completamente dagli esiti dell’elaborato peritale.

I ricorrenti lamentano anche l’inammissibilità di indagini bancarie svolte nei confronti di chi non sia un imprenditore oppure un lavoratore autonomo, bensì un lavoratore dipendente, o risulti inoccupato (ric., p. 20), e comunque l’inapplicabilità delle presunzioni che ne conseguono. L’argomento risulta infondato. In proposito, pare opportuno ricordare che questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che la limitazione dell’utilizzabilità degli accertamenti bancari ai soli imprenditori e lavoratori autonomi “e’ priva di qualsiasi riscontro normativo”, Cass. sez. V, 2.12.2013, n. 22514, ed è pertanto consentita, ai fini fiscali, l’esecuzione di accertamenti bancari anche nei confronti di chi non abbia la qualifica di imprenditore o lavoratore autonomo, e sia un lavoratore dipendente o risulti non occupato.

Tanto premesso, occorre allora sinteticamente ricordare che il CTU nominato nel corso del primo grado del giudizio, il quale aveva raggiunto conclusioni favorevoli ai ricorrenti, ha pacificamente svolto il proprio incarico in violazione della procedura di cui all’art. 195 c.p.c., non avendo trasmesso alle parti la propria relazione, impedendo loro l’istaurazione del confronto prima del deposito dell’elaborato. L’Agenzia delle Entrate, una volta avuta conoscenza della relazione in conseguenza del suo deposito, ha comunque depositato una memoria, mediante la quale evidenziava diverse ritenute lacune dell’elaborato peritale, come l’aver reputato esenti da imposizione i versamenti su c/c “anche per quelle movimentazioni che il perito non era stato in grado di giustificare” (controric., p. 6). La CTP, in ogni caso, ha ritenuto di poter fondare la propria decisione sui risultati cui era pervenuto il CTU, riportando in motivazione ampi stralci del suo elaborato.

La CTR non ha ritenuto l’invalidità della CTU, ma ha esaminato gli atti di causa giungendo a conclusioni diverse da quelle proposte dal CTU della CTP, che invece aveva condiviso le sue conclusioni. Non appare quindi fondata la critica proposta dai ricorrenti, in primo luogo laddove lamentano che la CTR non avrebbe affatto esaminato la CTU. Anzi, la CTR si riferisce immediatamente alla CTU nella motivazione della sua decisione, ed illustra le irregolarità procedurali cui si è fatto cenno. Quindi prende in esame le movimentazioni di maggior rilievo che sono oggetto di causa. Osserva che ” P.E. trasferisce rilevanti somme di denaro delle quali aveva la disponibilità in qualità di tesoriere (Confinance International Sa) senza avere mandato, sul proprio conto personale” (sent. CTR, p. IV). Inoltre, “relativamente alla polizza personale sottoscritta dal suddetto e dalle sue sorelle, il prelievo del denaro avviene tramite intermediario italiano da un conto corrente lussemburghese della Sezen Ventures Holding Sa la documentazione in atti non trova sincronismo tra gli accreditamenti sui c/c e le modalità di estinzione della polizza stessa… tali proventi avrebbero dovuto essere dichiarati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi o, comunque,” avrebbe dovuto essere dimostrato “che si sia applicata la ritenuta alla fonte” (ibidem).

Prosegue la CTR, “in merito ai bonifici sull’estero non è stata fornita alcuna documentazione atta a dimostrare che gli accrediti sui c/c italiani fossero riconducibili alla provvista estera ed ai conseguenti trasferimenti nell’ambito del gruppo familiare. Quello che, invece, risulta evidente è il fatto che risulta una commistione tra i patrimoni delle società del gruppo e quelli personali dei singoli soci con una miriade di versamenti e/o prelevamenti a scopo personale e/o per fini societari, senza alcuna possibilità di riscontro e/o in mancanza di supporto documentale”. Del resto, la CTR non manca di richiamare espressamente le valutazioni operate dal CTU, al fine di confutarle, ed evidenzia che “secondo il CTU le movimentazioni bancarie dei componenti della famiglia P. sarebbero giustificate dal risarcimento” milionario di cui si è detto, “ricevuto sia nell’anno 2001 che nell’anno 2002 dalla società Studi Cinematografici Pontini, ma tale risarcimento risulta essere stato emesso a favore della Confinance International Sa Republique de Panama e transitato sul conto corrente del sig. P.M.E. in qualità di tesoriere e non che fossero transitate nel conto personale a titolo puramente personale” (sent. CTR, p. V).

Conclude pertanto la CTR che “in definitiva, le somme rilevate nei c/c bancari di tutti i soggetti giuridici sunnominati potevano essere considerati elementi costitutivi di redditi tassabili qualora, come si è verificato nel caso de quo, i contribuenti del gruppo familiare non abbiano assolto all’onere imposto dalla legge, di giustificare la natura e la provenienza al fine di esclusione della tassabilità” (ibidem). Non risulta pertanto centrata la critica dei contribuenti secondo cui la CTR non avrebbe tenuto in alcun conto le risultanze della CTU espletata in corso di causa. I giudici dell’appello, semplicemente, non hanno ritenuto di condividere le conclusioni cui è giunto il consulente. Hanno valutato che gli esiti degli accertamenti bancari avessero fondato la legittima presunzione di imponibilità delle somme accreditate sui conti correnti dei contribuenti, e questi ultimi non hanno offerto la prova contraria di cui erano onerati ai sensi di legge.

I vizi della pronuncia lamentati, pertanto, non sussistono, ed i primi due motivi di ricorso devono essere respinti.

6. Mediante il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in conseguenza della omogeneità delle critiche proposte, i contribuenti censurano la violazione di legge in cui sarebbe incorsa l’impugnata CTR per aver affermato che i contribuenti non abbiano assicurato la prova della non imponibilità dei redditi di cui agli avvisi di accertamento, mentre in realtà avevano fornito ampia dimostrazione che i movimenti bancari a loro attribuiti non si riferivano ad operazioni imponibili.

I due motivi di ricorso risultano mal proposti. La CTR ha esplicato con sufficiente analiticità, come si è visto esaminando i precedenti motivi di ricorso, le ragioni che inducevano a ritenere raggiunta la prova della imponibilità dei versamenti pervenuti sui conti correnti dei contribuenti, ed ha affermato che questi ultimi non fossero stati in grado di assicurare la prova contraria. Di fronte ad una simile motivazione, in ossequio al principio di necessaria specificità dei motivi di ricorso per cassazione, i contribuenti avrebbero dovuto indicare analiticamente le ragioni giustificative che avevano indicato a fondamento dei loro argomenti. In presenza del conseguimento di un risarcimento del danno milionario (convertito in Euro) e conseguito negli anni 2001 e 2002, ad esempio, i contribuenti avrebbero potuto ricostruire la vicenda che aveva comportato, secondo la loro prospettazione, che gli accrediti risultavano ancora in corso nell’anno in esame, il 2005. In relazione alla polizza assicurativa, avrebbero dovuto indicare come avessero provato che risultava esclusa la capitalizzazione. Non hanno provveduto ad una simile analisi i ricorrenti, che si sono limitati a criticare le valutazioni proposte dalla CTR senza evidenziare come avessero offerto la prova contraria che ad essi competeva, e pertanto anche il terzo ed il quarto motivo di ricorso devono essere rigettati.

7. Il ricorso proposto dai contribuenti deve perciò essere respinto. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura della pronuncia emessa e del valore del giudizio. Risulta dovuto dai ricorrenti anche il versamento del c.d. doppio contributo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso proposto da C.M., P.M.E., P.E. e P.V., che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita Agenzia delle Entrate, e le liquida nella complessiva misura di Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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