LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23384-2019 proposto da:
N.O., rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA MARIA GALIMBERTI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 57/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il sig. N.O. ha proposto ricorso, sulla scorta di quattro motivi, per la cassazione della sentenza della corte d’appello di Bologna che, confermando l’ordinanza pronunciata dal tribunale della stessa città, ha rigettato la sua richiesta di protezione internazionale e di protezione umanitaria, ritenendo inattendibile il racconto delle ragioni dell’espatrio dal medesimo proposto.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, per avere la corte d’appello ritenuto non credibile e contraddittorio il racconto del ricorrente e si sottolinea come la credibilità vada valutata alla stregua della griglia di criteri di cui al citato art. 3, comma 5, non potendosi fondare il giudizio di non credibilità soggettiva esclusivamente sulla carenza di riscontri oggettivi relativi al contesto socio-politico del Paese d’origine, senza aver svolto le verifiche officiose di cui al sopra citato art. 8.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8 in relazione all’art. 7 stesso decreto, per avere la corte d’appello escluso il pericolo, in caso di rimpatrio, di subire persecuzioni, negando così il riconoscimento dello status di rifugiato.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. g), in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, per avere la corte d’appello negato la protezione sussidiaria.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 T.U. lamentando il diniego di permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il Ministero dell’Interno ha presentato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 17 novembre 2020, per la quale non sono state depositate memorie.
Il primo motivo di ricorso, là dove attinge il giudizio di non attendibilità del richiedente, va disatteso perché si risolve in una critica dell’apprezzamento dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente in ordine alle ragioni del suo espatrio; apprezzamento che il tribunale ha motivatamente svolto.
Il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, è inammissibile, in quanto si risolve in una astratta rassegna normativa, scollegata dalla fattispecie concreta.
Fondato va invece giudicato il terzo motivo, con il quale si contesta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. e) senza il previo esame della situazione socio-politica della ***** – *****. L’impugnata sentenza richiama un report UNHCR del gennaio 2017 mentre nel ricorso (pagg. 16/17) si cita un report EASO del 2018.
Ha errato dunque la corte territoriale nel non ricorrere a fonti informative aggiornate; cfr. Cass. 8819/20: “Nei procedimenti in materia di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (Country of Origin Information) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima) “. Il terzo motivo va quindi accolto, con assorbimento del quarto.
Il ricorso è accolto relativamente al terzo motivo; vanno invece rigettati i primi due motivi e va dichiarato assorbito il quarto.
L’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, perché si pronunci sulla domanda di protezione sussidiaria sulla scorta di informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica dell’area geografica di provenienza del richiedente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021