Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.31630 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20405-2019 proposto da:

O.C.T., rappresentato e difeso dall’avvocato Roberto Maiorana, del foro di Roma domiciliato in Roma, viale Angelico n. 38 presso lo studio dello stesso ovvero all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato sempre ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– intimato –

avverso la sentenza n. 79/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata l’8/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2021 dal Consigliere Dott.ssa Milena FALASCHI.

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:

– avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, che rigettava la domanda del ricorrente, volta all’ottenimento dello status di rifugiato, della protezione c.d. sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, O.C.T. interponeva opposizione, che veniva respinta dal Tribunale di Roma con ordinanza del 30.03.2018;

– in virtù di appello proposto dal medesimo O.C.T., la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 79/2019, rigettava l’impugnazione;

– con la decisione di secondo grado la Corte di merito ha osservato che l’appello era inammissibile per tardività nella sua presentazione il 16 maggio 2018, perché il termine per impugnare decorreva dal giorno dell’assunzione della decisione, subito dopo la riserva decisoria, avvenuta in data 30.03.2018, trascorso il termine di trenta giorni, a nulla rilevando che successivamente la cancelleria avesse annotato quale data della decisione del rigetto quella dell’11. aprile 2018, riportata in un foglio exel che non documentava la data di comunicazione dell’ordinanza decisoria in data 30.03.2018, posto che comunque anche con riferimento a siffatta ultima data l’impugnazione era da ritenere tardiva e pertanto la presentazione del gravame solo in data 16.05.2018 doveva considerarsi irrimediabilmente tardiva;

– propone ricorso per la cassazione avverso tale decisione l’ O.C. affidato a quattro motivi;

– il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Atteso che:

– con il primo motivo il ricorrente lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e la falsa applicazione delle norme sul procedimento per omessa valutazione di prova documentale con conseguente erronea dichiarazione della tardività dell’atto di impugnazione, posto che il termine dell’impugnazione sarebbe decorso dalla data di comunicazione del provvedimento de quo.

La censura è fondata.

Va osservato che le controversie in materia di protezione internazionale, instaurate in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, sono assoggettate al rito sommario di cognizione ai sensi degli artt. 19 e 36 di tale decreto legislativo, con contestuale abrogazione del rito speciale già disciplinato dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 (Cass. 7 luglio 2016 n. 13830). Ne consegue che l’appello avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. dal tribunale è esperibile, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., entro trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione dell’ordinanza stessa, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9 (Cass. 31 ottobre 2016 n. 22119; Cass. 25 agosto 2020 n. 17624).

E tuttavia, è evidente che l’applicabilità del termine breve postula – per espresso dettato della norma di cui all’art. 702 quater c.p.c. l’avvenuta comunicazione, ovvero la valida notificazione dell’ordinanza che decide la controversia in primo grado, in caso contrario dovendo trovare applicazione il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. all’art. 327 c.p.c. che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo (Cass. 27 giugno 2018 n. 16893). Con la conseguenza che nel caso in cui l’ordinanza risulti emessa fuori udienza e la parte interessata ad appellarla non è contumace, a quest’ultima la cancelleria dovrà effettuare la comunicazione (Cass. 23 marzo 2017 n. 7401, che deve essere integrale quanto a motivazione e dispositivo). Nella specie la Corte d’appello non ha accertato se vi fosse o meno stata la dedotta comunicazione da parte della Cancelleria del Tribunale, avendo ritenuto che il termine breve di impugnazione decorresse comunque dalla data dell’udienza in primo grado in cui la decisione impugnata era stata assunta, in difetto di prova gravante sulla parte ricorrente di una diversa data di comunicazione ovvero di notificazione dell’ordinanza impugnata.

Di converso dalla documentazione allegata agli atti risulta che la comunicazione dell’ordinanza de qua sia stata effettuata a cura della cancelleria del Tribunale di Roma per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario e dalla trasmissione del documento informatico (equivalente alla notificazione a mezzo posta) si sia perfezionata il giorno 3 maggio 2018 alle ore 10.21, in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la c.d. ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario.

Alla stregua di tutti i riportati principi, qui condivisi, ne deriva che, nella specie l’avvenuta notifica dell’atto di appello inoltrata a mezzo PEC il giorno 16 maggio 2018 doveva considerarsi sicuramente intervenuta nel termine di legge per la proposizione del gravame, a fronte della comunicazione, in data 3 maggio 2018, dell’ordinanza in quella sede impugnata.

Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbite le restanti tre censure che attengono al merito della controversia, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà esaminare nel merito il gravame.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;

cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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