LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4360-2016 proposto da:
FERRARI F.LLI L. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA FIAMMETTA 11, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ITALIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO FABIO PERANI;
– ricorrente –
contro
CANTINE S.L. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TRITONE 169, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO MASETTI ZANNINI DE CONCINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIO GILDO CATELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2163/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 03/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 23/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA MASSIMO.
FATTI DI CAUSA
1. – Con citazione notificata il 19 marzo 2012 Ferrari F.lli L. s.p.a. conveniva in giudizio Cantine S.L. s.r.l. avanti al Tribunale di Torino perché si dichiarasse la nullità, per difetto di novità, dei marchi “Perla rosa ” e “Perla bianca” oggetto di registrazione italiana, di cui la convenuta era titolare; con la citazione era inoltre domandata l’inibitoria all’uso di tali segni distintivi, l’ordine di distruzione di tutti i prodotti e del materiale commerciale promozionale da essi contraddistinto, la pubblicazione dell’emananda sentenza, la condanna di Cantine S. al risarcimento del danno all’immagine, da liquidarsi in via equitativa, e la condanna della stessa controparte alla erogazione degli utili conseguiti dall’impiego dei suddetti marchi.
La convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attrici e domandando, in via riconvenzionale, che il Tribunale dichiarasse la nullità, per difetto di distintività, del marchio “Perle'”, registrato dall’attrice.
Il Tribunale respingeva entrambe le domande.
2. – Le parti proponevano gravame.
La Corte di appello di Torino, con sentenza del 3 dicembre 2015, in accoglimento dell’impugnazione principale di Cantine S., dichiarava la nullità del marchio nazionale “Perle'”; respingeva, invece, l’appello principale di Ferrari F.lli L..
3. – Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione quest’ultima società; l’impugnazione si basa su due motivi, articolati in plurimi profili di censura. La resistenza di Cantine S. e affidata a un controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo verte sulla nullità del marchio “Perle'” per difetto di capacità distintiva; sono dedotti la violazione e falsa applicazione del c.p.i. (D.Lgs. n. 30 del 2005), art. 13, comma 1, lett. b), e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
Il secondo mezzo investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato tutela al marchio “Perle'” quale segno che aveva acquistato capacità distintiva in seguito all’uso. Sono lamentati la violazione e falsa applicazione del c.p.i., art. 13, commi 2 e 3, l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c..
2. – Ricorrente e controricorrente hanno fatto pervenire alla Corte una istanza congiunta di declaratoria di cessazione della materia del contendere datata 22 novembre 2016; in detta istanza si dà atto della conclusione, in data 24 ottobre 2016, di un accordo di transazione e coesistenza di marchi delle contendenti implicante, da un lato, il riconoscimento della validità del marchio italiano “Perle'”, con conseguente impegno delle parti alla cancellazione dell’annotazione della sentenza della Corte di appello di Torino, che ne aveva dichiarato la nullità, e, dall’altro, la rinuncia di Ferrari alle domande di contraffazione da essa proposte contro Cantine S..
3. – Ora, nel caso in cui, nel corso del giudizio di legittimità, le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, e dagli artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso (Cass. Sez. U. 11 aprile 2018, n. 8980; Cass. 2 ottobre 2019, n. 24632).
Va quindi dato atto della cessazione della materia del contendere per effetto di accordo transattivo produttivo del venir meno dell’efficacia delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata.
4. – In assenza di domanda in punto di spese, deve ritenersi che le parti abbiano inteso chiederne la compensazione (avendo, del resto, le stesse già regolato la sorte delle dette spese nell’accorso transattivo).
Non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, circa il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, in quanto la disposizione esige che il procedimento per cassazione si concluda con conferma della statuizione impugnata, per essere l’impugnazione integralmente respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile: ciò che qui non accade.
PQM
La Corte dichiara cessata la materia del contendere per intervenuto accordo negoziale determinativo del venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6a Sezione Civile, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021