LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32060-2019 proposto da:
G.L., G.P., G.D., GI.DA., GD SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato SILVIA BEVIONE;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, rappresentata e difesa dall’avvocato EMANUELE BALBO DI VINADIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1386/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 21/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 23/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA MASSIMO.
FATTI DI CAUSA
1. – G.D. s.r.l., quale obbligata principale, Gi.Da., G.L., G.D. e G.P., quali fideiussori, erano intimati del pagamento, in solido, in favore di Unicredit s.p.a., dell’importo di Euro 94.348,01: importo dovuto quale rimborso di un finanziamento concesso alla detta società.
In esito al giudizio di opposizione proposto dagli ingiunti, in cui si costituiva la banca, il Tribunale di Torino, per quanto qui ancora rileva, riteneva provato il credito oggetto del provvedimento monitorio: escludeva, in particolare, fossero fondate le eccezioni quanto alla usurarietà e all’anatocismo che erano state formulate con riguardo al rapporto di finanziamento di cui si è detto.
2. – In sede di impugnazione la Corte di appello di Torino confermava la sentenza di primo grado. Nella pronuncia era presa in considerazione la censura degli appellanti circa la nullità del contratto di finanziamento per assenza di causa: censura basata sul rilievo per cui il finanziamento era stato contratto per ripianare altra esposizione debitoria, relativa a un conto corrente il cui saldo negativo era determinato anche da addebiti (per capitalizzazione trimestrale degli interessi, commissioni di massimo scoperto, postergazione delle valute, applicazione di tassi ultralegali) che si assumevano illegittimi. Osservava la Corte, in proposito, che il motivo di gravame costituiva riproposizione delle allegazioni difensive svolte quanto alla nullità del contratto di mutuo per difetto di causa: riproposizione attuata senza prendere posizione quanto alla dichiarata inammissibilità della domanda, siccome relativa a rapporti non oggetto di ingiunzione e svolta in altro giudizio pendente innanzi al Tribunale.
3. – riverso la sentenza della Corte piemontese, pubblicata il 21 agosto 2019, ricorre per cassazione, con un unico motivo, G.D. s.r.l.. Resiste con controricorso Unicredit.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – La ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 1418 c.c.. Osserva, in sintesi, che, ai fini dell’ammissibilità dell’appello non sono richieste forme sacramentali e che, nella fattispecie, il gravame constava dell’indicazione dei capi della sentenza che si intendevano appellare, oltre che della rappresentazione delle ragioni di dissenso rispetto alla pronuncia assunta dal giudice di prima istanza.
2. – Il motivo appare fondato.
La parte ricorrente ha riprodotto il capo della sentenza di primo grado che qui interessa, in cui il Tribunale ha rilevato che i rapporti di conto corrente evocati dagli opponenti risultavano essere oggetto di un diverso giudizio: in conseguenza – ha spiegato il giudice di prima istanza – le doglianze non presentavano attinenza all’opposizione, in cui si dibatteva dell’andamento di un contratto di finanziamento; poiché tale andamento risultava essere corretto, “gli eventuali riflessi sul conto corrente non (risultavano) essere rilevanti e non (potevano) formare oggetto di esame”.
Nel ricorso per cassazione è spiegato che gli appellanti avevano fatto presente che il mutuo, finalizzato a ripianare un passivo inesistente ed apparente, risultante dall’illegittimo addebito di somme non dovute, doveva ritenersi nullo per mancanza di causa concreta, con la conseguenza che alcunché doveva essere restituito, in forza del detto contratto, alla banca. Gli stessi ricorrenti avevano precisato, nell’atto di appello, che, essendo il mutuo diretto al soddisfacimento di un credito inesistente della banca, “i riflessi del conto corrente” dovevano ritenersi “rilevanti a contrario, invece di quanto precisato nell’impugnata pronuncia”; avevano poi aggiunto che il Tribunale, nel diverso giudizio vertente sui contratti di conto corrente, aveva accertato che nulla era dovuto dagli appellanti ad Unicredit in forza di tali titoli: sicché -avevano sostenuto gli appellanti – non poteva ritenersi dovuto nemmeno il rimborso del mutuo acceso dalla società G.D. per ripianare i debiti inesistenti nascenti dai richiamati rapporti di conto corrente.
Ciò detto, gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modifiche dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. U. 16 novembre 2017, n. 27199; Cass. 30 maggio 2018, n. 13535).
Risulta allora evidente che l’impugnazione della pronuncia del Tribunale, con riguardo al tema della nullità del mutuo, fosse pienamente ammissibile: deve negarsi, infatti, che gli appellanti avessero mancato di prendere posizione “quanto alla dichiarata inammissibilità della domanda perché relativa a rapporti non oggetto dell’ingiunzione e già comunque svolta in altro giudizio pendente avanti il medesimo Tribunale”. Vero e’, invece, che gli appellanti ebbero a confrontarsi con la questione sollevata dal giudice di primo grado, spiegando come l’estraneità dei rapporti di conto corrente alla pretesa azionata in via ingiuntiva dovesse ritenersi non decisiva: e ciò in quanto l’accertata inesistenza di posizioni debitorie nascenti dai detti rapporti avrebbe implicato, come conseguenza, la nullità del contratto di mutuo concluso da G.D. e, a cascata, l’inesistenza di un obbligo di rimborso nascente da quel titolo negoziale.
3. – La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte di Torino che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Torino, che giudicherà in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6a Sezione Civile, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021