LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33488-2018 proposto da:
B.D., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato MASSIMILIANO TERRIGNO, che lo rappresenta e difende assieme all’Avvocato MARCO CAGGIANO giusta procura speciale estesa a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CAPACCIO PAESTUM, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato SERGIO DELLA ROCCA, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3317/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 6/2/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 3/2/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
che:
B.D. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello del Comune di Capaccio Paestum avverso la sentenza n. 5373/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto avverso avviso di accertamento TARSU per le annualità 2008/2012, basato su contestata omessa denuncia TARSU di unità immobiliari con destinazione non domestica (autorimesse e laboratori artigianali);
il Comune resiste con controricorso ed ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO
che:
1.1. con il primo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, commi 2 e 3, della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, in quanto la sentenza di secondo grado avrebbe affermato che il contribuente aveva omesso di denunciare le circostanze asseritamente danti luogo all’esclusione di imposta per le annualità in questione, non valutando, tuttavia, che il contribuente aveva prodotto istanza di accertamento con adesione, presentata nel 2015, con i conseguenti atti amministrativi (verbale redatto nel corso della procedura), con i quali si era pervenuti all’esatta determinazione dell’imposta in base ad elementi obiettivi, previsti dallo stesso citato art. 62, comma 2;
1.2. con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., e dell’art. 132, comma 1, n. 4, con omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, avendo la CTR omesso di valutare rilevanti elementi probatori quali l’istanza di accertamento con adesione, dianzi richiamata, e la documentazione relativa alla conseguente attività tecnico-amministrativa;
1.3. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese;
1.4. secondo il ricorrente, doveva attribuirsi efficacia di denunzia di variazione all’istanza di accertamento con adesione ed al verbale relativo alle attività di riscontro, svolte di concerto tra ente impositore e contribuente, per la rideterminazione dell’esatta misura del tributo, in cui si prospettava una situazione di fatto diversa da quella che era stata dichiarata originariamente;
1.4. va premesso che il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 71, concerne gli accertamenti dei comuni in materia di tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e prevede, al comma 1, che l’ufficio comunale provveda ad emettere avviso di accertamento in rettifica in caso di denuncia incompleta o infedele, oppure di omissione della denuncia, e disciplina nei commi successivi le modalità di emissione degli avvisi;
1.5. l’emissione degli avvisi di accertamento è prevista soltanto quando il contribuente non abbia presentata la denuncia prescritta dal precedente art. 70, oppure quando l’ufficio ritenga incompleta e/o infedele la denuncia presentata;
1.6. in caso contrario, se la denuncia è stata presentata, e l’ufficio ritiene di non contestarla, non è prevista alcun accertamento, né ve ne sarebbe ragione alcuna per emetterlo, e l’ufficio applica l’imposta sulla base degli elementi dichiarati dallo stesso contribuente nella sua denuncia;
1.7. va escluso che un’istanza di accertamento con adesione, successiva agli avvisi di accertamento impugnati, abbia efficacia di denuncia di variazione, poiché i due istituti hanno caratteristiche e finalità distinte;
1.8. l’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria, ed è sostanzialmente un accordo tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario;
1.9. al contrario, la denuncia di variazione, prevista dall’art. 70, comma 2, viene presentata dall’utente per gli anni successivi in caso di modificazioni delle condizioni di tassabilità, e con essa il contribuente è tenuto a comunicare – secondo la dizione della legge – “ogni variazione relativa ai locali e alle aree, alla loro superficie e destinazione che comporti un maggior ammontare della tassa o comunque influisca sull’applicazione e riscossione del tributo in relazione ai dati da indicare nella denuncia”;
1.10. i due istituti, peraltro, nel caso di specie non possono interferire fra loro neppure in linea di fatto, perché si riferiscono necessariamente ad anni differenti;
1.11. proprio perché è basata su di una variazione dei presupposti di fatto per l’applicazione del tributo la denuncia di variazione non può avere effetto che per il futuro, per gli anni successivi, mentre l’istanza di accertamento con adesione, presentata successivamente agli avvisi di accertamento, presuppone appunto un accertamento già avvenuto (e relativo necessariamente ad un periodo per il quale era già trascorso il termine per la denuncia), e non può che riferirsi al passato, all’anno, o agli anni, oggetto dell’accertamento;
1.12. è opportuno inoltre evidenziare, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 21250 del 2017), che in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale;
2. rimane assorbito il terzo motivo, che concerne l’ulteriore ratio decidendi relativa alla mancata prova della produzione di rifiuti speciali, in quanto, a seguito del rigetto dei primi due motivi di ricorso, relativi alla mancata denuncia di produzione di rifiuti speciali, resta sostenuta adeguatamente, a livello di ratio, la decisione impugnata;
3. per le suesposte considerazioni, il ricorso va integralmente respinto, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 3 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021