LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5767-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Pi.LO., G.V., elettivamente domiciliati in NAPOLI, VIA DUOMO 348, presso lo studio dell’avvocato OLGA PORTA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FULVIO DE LUISE;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1752/2017 della COMM.TRIB.REG.LAZIO, depositata il 30/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;
lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. GIACALONE GIOVANNI, che ha chiesto che codesta S.C., pronunciando sul ricorso, cassi la sentenza impugnata e quella di primo grado e rinvii la causa innanzi alla CTP di Roma;
Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1752/2017 depositata il 30.3.2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2021 dal relatore, cons. Francesco Mele.
RILEVATO
Che:
A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate accertava che la “Società di fatto T.L. e G., P.D., G.V. e Pi.Lo.” aveva commercializzato in Italia telefoni cellulari in regime di Iva intracomunitaria attraverso l’interposizione fittizia della “Transilvania Phone srl” con sede in Romania; riteneva quindi soggettivamente inesistenti le operazioni di cui alle fatture emesse da quest’ultima – società interposta – e recuperava in capo alla prima l’Iva sulle operazioni poste in essere attraverso una società estero vestita.
In particolare, e per quanto di interesse nella presente sede, l’Ufficio accertava nei confronti di G.V. e Pi.Lo. le maggiori imposte derivanti dalla loro qualità di soci della menzionata società di fatto. Avverso l’atto impositivo proponevano ricorso i predetti soci, deducendo l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione, per il mancato espletamento del contraddittorio e per il mancato assolvimento dell’onere della prova, in assenza di elementi gravi precisi e concordanti atti a suffragare la pretesa impositiva.
Nel contraddittorio tra le parti, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza, che, gravata di appello da parte dei contribuenti, era riformata dalla CTR.
Per la cassazione della sopra menzionata sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, al quale resistono, con controricorso, i contribuenti; il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto la cassazione di entrambe le sentenze di merito con rinvio alla CTP di Roma.
CONSIDERATO
che:
– Il ricorso consta di quattro motivi che recano: 1) “Violazione degli artt. 101,102 e 107 c.p.c., nonché del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 10 e 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; 2) “Violazione o falsa applicazione del D.P.R. 25 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 6; violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33, comma 3 nonché del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; 3) “Nullità della sentenza per motivazione apparente: violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; 4) “in subordine rispetto al motivo n. 2: violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
– Il primo motivo è fondato: la sentenza con cui la CTR ha annullato l’atto impositivo, in riforma della sentenza di primo va grado, va infatti cassata per le ragioni che di seguito si espongono.
– Al riguardo, deve essere riaffermato il seguente principio di diritto: “nel processo tributario, la controversia relativa alla configurabilità o meno di una società di fatto comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti che sussiste, oltre che nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, nei casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non resa nei confronti di tutti” (Cass. n. 23261/2018 e n. 14387/2014), con la ulteriore conseguenza che il giudizio è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci che sono, appunto, litisconsorti necessari (Cass. n. 15566/2018).
– Dato che, nel caso di specie, il giudizio è stato celebrato senza che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, né la riunione dei ricorsi separatamente proposti dai soci, il motivo deve essere accolto – con assorbimento dei restanti motivi – in quanto l’intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14; vanno quindi cassate la sentenza impugnata e quella di primo grado con rinvio della causa, anche per le spese, ad altra sezione della CTP di Roma, perché celebri il giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, disponendo rituale integrazione del contraddittorio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021
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