LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12710-2014 proposto da:
GENERALI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato MAURIZIO FUGGITTI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2027/14/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE della LOMBARDIA, depositata il 15/5/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/1/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
CHE:
Generali Italia S.p.A. (già Ina Assitalia S.p.A.) propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Centrale della Lombardia aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la sentenza n. 119/06/1996 della Commissione Tributaria di Secondo Grado di Milano, che aveva confermato il rigetto dei ricorsi riuniti proposti avverso avvisi di liquidazione relativi a dichiarazione integrativa del 29.9.1998 per imposta complementare Invim, sul presupposto che gli interessi di mora, ivi determinati, fossero stati correttamente computati dalla data della presentazione della denuncia straordinaria da parte della contribuente, e non dalla data di liquidazione dell’imposta principale;
l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata;
la contribuente ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. con unico mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (L. n. 147 del 1962, art. unico di interpretazione autentica della L. n. 29 del 1961) e si lamenta che la Commissione Centrale abbia erroneamente respinto la tesi della contribuente secondo cui gli interessi di mora decorrevano dalla data di liquidazione dell’imposta principale da parte dell’Erario e non dalla data di presentazione della denuncia INVIM straordinaria;
1.2. le censure vanno disattese;
1.3. come già affermato da questa Corte, le leggi L. 26 gennaio 1961, n. 29, e L. 28 marzo 1962, n. 147, col fissare la decorrenza degli interessi di mora sul tributo complementare ad un momento anteriore a quello della sua liquidazione, e cioè al momento da cui è dovuto il tributo principale, hanno espressamente derogato alle norme ed ai principi comuni che richiedono la liquidità del debito quale presupposto degli interessi di mora (cfr. Cass. nn. 3183/1976, 4330/1976, 3110/1975, 3396/1971, 2670/1967, 2612/1967);
1.4. in particolare, per quanto qui rileva, la L. n. 29 del 1961, dopo aver posto nell’art. 1 il principio che, sulle somme dovute all’erario per tasse e imposte indirette sugli affari, si applicano gli interessi moratori, aggiunge nell’art. 2 che essi si computano a decorrere dal giorno in cui il tributo è divenuto esigibile ai sensi delle vigenti disposizioni; l’art. 3, poi, stabilisce che “in caso di omissione di formalità o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata denunzia, gli interessi computano dal giorno in cui la tassa o l’imposta sarebbe stata dovuta se la formalità fosse stata eseguita o l’autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e fedele”;
1.5. la L. 28 marzo 1962, n. 147 (recante interpretazione autentica della L. n. 29 del 1961) a sua volta dispone che “gli interessi moratori, previsti dalla L. 26 gennaio 1961, n. 29, dovuti sulle somme da corrispondersi all’erario per i tributi indiretti sugli affari di natura complementare, che non poterono essere liquidati integralmente al momento della liquidazione principale per mancanza od insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione, decorrono dallo stesso giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, è dovuto il tributo principale. Se la mancanza o l’insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare non è dipesa da fatto imputabile al contribuente, gli interessi sul tributo stesso decorrono dal giorno in cui ne è avvenuta la liquidazione”;
1.6. alla stregua di tale normativa, dunque, vanno risolti i problemi ermeneutici posti dalla ricorrente e, segnatamente, il dies a quo per la decorrenza degli interessi moratori (così qualificati dalla legge) emerge dal combinato disposto della L. n. 29 del 1961, art. 3 e della L. n. 147 del 1962, art. unico;
1.7. sul tributo di natura complementare, che non pote’ essere liquidato integralmente al momento della liquidazione principale per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione, i predetti interessi decorrono dallo stesso giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, è dovuto il tributo principale, mentre soltanto se la mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare non è dipesa da fatto imputabile al contribuente, gli interessi sul tributo stesso decorrono dal giorno in cui ne è avvenuta la liquidazione;
1.8. tale disciplina si fonda sulla presunzione fino a prova contraria di imputabilità al debitore del ritardato pagamento, per non avere offerto esatti o sufficienti elementi liquidatori in sede di denuncia di successione o di ulteriore dichiarazione integrativa (cfr. Cass., SU, 19 gennaio 1987, n. 410) e si tratta dunque di una disciplina in deroga alle norme ed ai principi comuni che richiedono la liquidità del debito quale presupposto degli interessi di mora (cfr. Cass., 23 novembre 1971, n. 3396);
1.9. nel caso in esame, come riportato dalla stessa contribuente nel ricorso per cassazione, i Giudici di prime cure avevano condotto una specifica analisi sul punto, giungendo alla conclusione che, non essendo stata pagata l’imposta principale, avendo la contribuente reso una dichiarazione negativa, gli interessi dovevano quindi decorrere dalla data in cui il tributo doveva essere corrisposto, ciò favorendo, in caso contrario, una condotta scorretta della parte contribuente;
1.10 anche sulla scorta di tale indagine di fatto è conseguenziale l’affermazione che gli interessi dovessero decorrere dallo stesso giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, era dovuto il tributo principale (L. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico, comma 1), che, nel caso in esame, viene a coincidere con la scadenza del termine per presentare la denunzia INVIM;
1.11. con lo spirare di detto termine, infatti, si perfeziona la fattispecie dalla quale deriva l’obbligo per il contribuente di corrispondere l’imposta in questione, sicché dalla data predetta il tributo è dovuto (come recita la L. n. 147 del 1962), mentre i tempi tecnici occorrenti per la liquidazione non incidono sulla esistenza dell’obbligo alla quale la legge fa riferimento;
1.12. non può essere, quindi, condivisa la tesi della ricorrente secondo cui, vertendosi in tema d’interessi moratori, per la loro sussistenza sarebbe necessario l’insorgere della mora, a sua volta correlato alla liquidità ed esigibilità del credito, non ravvisabili finché l’ufficio non abbia provveduto alla liquidazione e non siano decorsi i termini per il relativo pagamento;
1.13. questa tesi trascura di considerare la specificità della disciplina prevista dalla normativa, dianzi citata, di cui alle leggi L. n. 29 del 1961 e L. n. 147 del 1962, recanti una espressa deroga ai principi che richiedono la liquidità del debito quale presupposto degli interessi di mora, e, in effetti, toglie ogni significato al precetto normativo che collega la decorrenza degli interessi al giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, è dovuto il tributo principale, posto che l’obbligo di corrispondere l’imposta è collocato dalla legge in un momento anteriore a quello in cui l’imposta medesima diviene esigibile;
1.14. se, dunque, il legislatore ha inteso porre il principio che la decorrenza degli interessi va fissata al giorno in cui il tributo principale è dovuto, non è dato all’interprete di alterare il contenuto del precetto, spostando quella decorrenza ad un momento diverso e successivo, tanto più che c’e’ una ben precisa ratio legis dietro la predetta scelta legislativa, della cui ragionevolezza non è possibile dubitare, in quanto la necessità di far ricorso al tributo complementare nasce da un’omissione dei contribuenti che, trascurando di fornire gli elementi necessari ai fini della liquidazione principale, pongono in essere i presupposti per il ritardato pagamento;
1.15. su tale base il legislatore ha inteso, pertanto, far decorrere gli interessi moratori dal momento in cui, con lo scadere del termine per la denunzia ai fini INVIM, quei presupposti vengono creati;
1.16. sulla scorta di quanto sin qui illustrato la Corte territoriale, dunque, ha correttamente interpretato la normativa disciplinante la fattispecie, sicché il ricorso deve essere respinto;
2. nulla sulle spese stante la mancata costituzione dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi con modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 14 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021