LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
Dott. MELE Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10653 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
– ricorrente –
contro
J.R. & J. HOG snc, in persona del legale rappresentante, nonché J.J. e J.R.;
– intimati –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, n. 108/2/2014, depositata in data 20 ottobre 2014;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2021 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.
RILEVATO
che:
dall’esposizione in fatto della sentenza censurata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di J.R. & J. HOG snc nonché dei soci J.J. e J.R. rispettivi avvisi di accertamento relativi all’anno 2005; avverso l’avviso di accertamento la società ed i soci avevano proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;
la Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che, in caso di procedura di accertamento standardizzato, era obbligatoria l’attivazione del contraddittorio preventivo; nel caso di specie, era pacifico che gli avvisi di accertamento erano stati emessi senza il preventivo contraddittorio, non avendo rilevanza la circostanza che, successivamente alla notifica degli avvisi di accertamento, era stata attivato la procedura di accertamento con adesione; gli studi di settore, in ogni caso, avrebbero dovuto essere adeguati alla situazione particolare dell’impresa, posto che la stessa svolgeva attività diversa da una normale carpenteria; poiché gli avvisi di accertamento erano basati unicamente sugli studi di settore, non poteva l’amministrazione finanziaria sostenere che, invece, si trattava di un accertamento induttivo per il quale non era necessaria l’attivazione del contraddittorio preventivo;
l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi di censura;
la società ed i soci sono rimasti intimati.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e art. 156 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4) e art. 61, per non avere esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto che la pretesa dell’amministrazione finanziaria era fondata unicamente sugli studi di settore e non era stato osservato il contraddittorio preventivo, nonostante la circostanza che negli avvisi di accertamento era chiaramente precisato che il recupero a tassazione non si fondava esclusivamente sugli studi di settore ma su di una rettifica di tipo induttivo-extracontabile basata su diversi elementi espressivi della complessiva inattendibilità delle scritture contabili;
lamenta, inoltre, che il giudice del gravame non ha tenuto conto della circostanza che, qualora l’emissione dell’avviso di accertamento sia stato preceduto dalla notifica del processo verbale di constatazione, in cui è espressamente contestata l’esistenza di maggiori ricavi desunti anche dalle risultanze degli studi di settore, l’obbligo del contraddittorio è osservato mediante il rispetto del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio, consistenti nella circostanza che il recupero a tassazione non era esclusivamente fondato sugli studi di settore, ma su di una pluralità di elementi i cui risultati, cioè l’esistenza di ricavi non dichiarati, erano stati confermati dallo scostamento con i dati emergenti dagli studi di settore, nonché dal fatto che il contraddittorio endoprocedimentale era stato assicurato mediante l’osservanza del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729, c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, art. 39, commi 1 e 2, lett. d), e art. 41 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, e art. 55, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5-bis e 25, del D.L. n. 331 del 1992, artt. 62 bis e 62 sexies, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per non avere considerato che l’accertamento in oggetto non era basato unicamente sugli studi di settore, ma sulla sostanziale inattendibilità delle scritture contabili, con conseguente legittimità del ricorso a presunzioni supersemplici, sicché non era necessario il contraddittorio preventivo, previsto solo in caso di recupero a tassazione basato esclusivamente sugli studi di settore e che, in ogni caso, il contraddittorio era stato assicurato, essendo stato l’avviso di accertamento preceduto dal processo verbale di constatazione ed erano decorsi i termini di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, sono fondati, per quanto di ragione;
la questione di fondo della presente controversia attiene al rispetto dell’obbligo di contraddittorio preventivo in relazione alla pretesa fatta valere dall’amministrazione finanziaria nei confronti della società e dei soci;
va precisato che, ai sensi della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 1, “Gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi”;
il successivo comma 3-bis, prevede, inoltre, che: “Nelle ipotesi di cui al comma 1 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5”;
in sostanza, la disciplina normativa richiede una procedura specifica ai fini della utilizzabilità degli studi di settore che si sostanzia in un obbligo di contraddittorio preventivo che si attiva necessariamente con una espressa indicazione al contribuente dell’intenzione dell’amministrazione finanziaria di utilizzare lo scostamento dello studio di settore;
sotto tale profilo, questa Corte (Cass. Civ., 4 aprile 2014, n. 7960) ha precisato che la procedura di accertamento c.d. standardizzato (mediante, in particolare, l’applicazione degli studi di settore), prevede la fase necessaria, a pena di nullità dell’accertamento, (Cass., sez. un., n. 26635 del 2009) del contraddittorio procedimentale, alla quale il contribuente deve obbligatoriamente essere invitato a partecipare e della quale l’Ufficio deve dar conto, salvo che il contribuente non abbia aderito all’invito, nella motivazione dell’atto impositivo;
ne deriva che, ai fini del rispetto del contraddittorio in caso di accertamento standardizzato, (anche a seguito della citata pronuncia delle sezioni unite del 2009) occorre seguire la specifica disciplina prevista dalle norme citate ai fini del rispetto del contraddittorio, posto che solo in tal modo, per tale particolare modalità di accertamento, può essere garantita pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente nella fase anteriore all’emissione dell’accertamento;
quel che rileva, dunque, ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio, è il fatto che l’amministrazione finanziaria si sia avvalsa, ai fini della contestazione del maggior reddito non dichiarato, esclusivamente della procedura di accertamento standardizzato cui si è fatto riferimento;
con riferimento a tale questione, il giudice del gravame ha ritenuto che, nella fattispecie, era stato violato l’obbligo del contraddittorio preventivo ragionando unicamente su di una premessa di fondo che ha condizionato la successiva decisione: cioè, sul fatto che la pretesa dell’amministrazione finanziaria di maggiori ricavi non dichiarati fosse fondata unicamente sullo scostamento dallo studio di settore;
tuttavia, questo valutazione, che, come detto, ha costituito la premessa di fondo della considerazione conclusiva del giudice del gravame del mancato rispetto del contraddittorio preventivo, è stata meramente affermata dal giudice del gravame, senza, tuttavia, alcuna specifica indicazione del ragionamento logico seguito;
il giudice del gravame, in particolare ha affermato che: “basandosi gli accertamenti unicamente sugli studi di settore l’ufficio non può ora affermare che si trattava di un accertamento induttivo per il quale non è previsto alcun, e che gli studi di settore sono stati utilizzati soltanto per la determinazione dei maggiori ricavi”;
invero, risulta in primo luogo dal ricorso che la linea difensiva della ricorrente, evidenziata già in primo grado e ribadita in appello, (vd. pag. 5-7 e pag. 8), era diretta a individuare il riferimento dello studio di settore, contenuto già nel processo verbale di constatazione e, successivamente, negli avvisi di accertamento, non come unico presupposto fondante la pretesa, ma come elemento di supporto alla determinazione dei maggiori redditi non dichiarati, posto che, invero, la suddetta pretesa trovava fondamento sulla sostanziale inattendibilità della contabilità;
le suddette considerazioni trovano supporto, in primo luogo, nel contenuto degli avvisi di accertamento (riprodotti dalla ricorrente, in rispetto del principio di specificità, a pag. 2 e 3 del ricorso), da cui si evince che l’amministrazione finanziaria aveva riscontrato diversi elementi da cui evincere l’omissione e l’irregolarità delle scritture contabili;
parte ricorrente, inoltre, ha riprodotto il contenuto del processo verbale di constatazione (vd. pag. 17 e ssgg.) da cui si evince che, in sede di verifica, si era accertato che la società: non aveva correttamente indicato i lavori in corso d’esecuzione ultrannuali e non ultrannuali e non aveva tenuto un prospetto dettagliato delle rimanenze finali; aveva utilizzato forza lavoro in misura superiore a quanto riscontrabile nelle scritture contabili; non aveva versato ritenute a titolo di acconto sui redditi da lavoro autonomo o dipendente;
inoltre, nel processo verbale di constatazione (vd. pag. 20, ricorso) risulta espressamente riportato che: “quanto fin ora constato avvalora ulteriormente le risultanze degli studi di settore per gli anni 2005, 2006 e 2007. Per tali annualità, infatti, i ricavi dichiarati dalla parte non risultano congrui e si discostano da quelli desumibili dagli studi di settore”;
in questo contesto, il riferimento allo studio di settore, oltre che essere indicato nell’ambito di diversi ed ulteriori elementi presuntivi, risulta effettuato ai soli fini della concreta determinazione dei maggiori redditi non dichiarati (avendo l’ufficio compiuto una “differenza tra il ricavo puntuale come determinato dallo studio di settore e il ricavo dichiarato”: vd. pag. 3, ricorso);
va quindi precisato che, secondo questa Corte, “nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 10, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali” (Cass. civ., 25 giugno 2021, n. 18329; Cass. civ., 5 dicembre 2019, n. 31814);
il giudice del gravame ha, sul punto, ritenuto che la pretesa fossa fondata unicamente sullo scostamento dallo studio di settore, senza, tuttavia, argomentare sulle ragioni fondanti le suddette conclusioni e senza tenere conto della diversa prospettazione fatta valere dall’amministrazione finanziaria, secondo quanto risultante dal processo verbale di constatazione e dagli avvisi di accertamento, anche con l’atto di appello;
correttamente, quindi, parte ricorrente ha lamentato la mancata esposizione delle ragioni seguite al fine di pervenire alla suddetta considerazione finale nonché la non corretta sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito del paradigma astratto della normativa di riferimento, con conseguente vizio di violazione di legge;
ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
PQM
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021