LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9673-2020 proposto da:
A.B., elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE BIONDI, che lo rappresenta e difende, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12 presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto n. RG 19617/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 30/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/06/2021 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO CAIAZZO.
RILEVATO
che:
Con sentenza del 10.1.2020 il Tribunale di Napoli ha rigettato il ricorso proposto da A.B.,, cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale che aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, osservando che: le dichiarazioni del ricorrente erano inattendibili, non avendo lo stesso chiarito i punti meno plausibili del racconto; dalle fonti esaminate non si desumeva che nella regione di provenienza del ricorrente vi fosse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; non erano configurabili condizioni di vulnerabilità ai fini del permesso umanitario.
A.B. ricorre in cassazione con quattro motivi.
Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
RITENUTO
che:
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per aver il Tribunale ritenuto inattendibile il ricorrente senza compiere indagini circa le minacce profferite nei suoi confronti dal padre e dallo zio per la sua fede cattolica, non avendo peraltro egli inteso aderire alla confraternita degli *****, come richiesto dallo zio al fine di aprirgli un negozio.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 7, 8, e art. 14, lett. a e b, per aver il Tribunale escluso le protezioni internazionale e sussidiaria, omettendo ogni indagine sul rischio costituito dalla setta degli *****, nel caso di rimpatrio.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, avendo il Tribunale escluso la protezione sussidiaria per non aver verificato la situazione del paese di provenienza del ricorrente, ma la sola regione.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non avendo il Tribunale, ai fini della protezione umanitaria, verificato la condizione individuale del ricorrente, anche in ordine al suo inserimento sociale, con riferimento alla situazione della Nigeria.
Il ricorso è inammissibile per nullità della procura.
Anzitutto, va osservato che la recente sentenza delle SU ha affermato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l’autenticità della firma del conferente (Cass., SU, n. 15177/21).
Nel caso concreto, la procura speciale non contiene la certificazione, da parte del difensore, della data del rilascio-che è indicata in calce al ricorso- ma solo della firma del ricorrente, in difformità dal suddetto art. 35-bis, alla luce della richiamata sentenza delle SU.
Va altresì osservato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile anche considerando che i vari motivi sono generici e diretti al riesame dei fatti. In particolare, circa i primi due motivi, la doglianza formulata si fonda su dichiarazioni del ricorrente ritenute inattendibili circa il pericolo derivante dalle minacce sull’adesione alla setta degli *****.
Il terzo motivo lamenta erroneamente la mancata assunzione, da parte del Tribunale, di informazioni da fonti aggiornate sulla regione di provenienza del ricorrente, essendo dunque diretto a ribaltare l’interpretazione dei fatti sulla situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.
Il quarto motivo è del pari teso al riesame del merito circa i presupposti del permesso umanitario, esclusi dal Tribunale con argomentazioni incensurabili in questa sede.
Nulla per le spese, considerando che il Ministero non ha depositato il controricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021