LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15103-2020 proposto da:
A.C., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli avvocati ROCCO BARBATO, MASSIMILIANO CORNACCHIONE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 4835/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23//06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.
FATTI DI CAUSA
1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 4 ottobre 2019, con cui è stato respinto il gravame proposto da A.C. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale di Napoli. Il giudizio ha ad oggetto la domanda di protezione internazionale del predetto A., 2. – Il ricorso per cassazione si fonda su cinque motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo oppone la violazione dell’art. 132 c.p.c., e cioè la nullità del provvedimento, stante il carattere apparente della motivazione sul giudizio di inammissibilità dell’atto di appello, ed in particolare per l’assenza di motivazione sul difetto di specificità di motivi di gravame e sulla mancanza di correlazione dell’impugnazione con la pronuncia di prime cure.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, e dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte di appello erroneamente dichiarato inammissibile il capo di gravame relativo allo status di rifugiato.
Il terzo mezzo oppone la nullità della sentenza per omessa pronuncia, la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7, 9, 11, e 17, e dell’art. 11, n. 1, lett. e) Dir. 2004/83/C e Dir. 2001/95/CE, nonché dell’art. 10 Dir. 2013/32/UE, per avere il Collegio di seconda istanza omesso l’esame dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato.
I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, vanno disattesi.
La Corte di merito ha ricordato che nell’atto di appello l’odierno ricorrente aveva osservato che il narrato dello stesso “veniva ritenuto pienamente credibile”. Ha però negato che giudice di prime cure si fosse espresso in detti termini: di qui il rilievo per cui, in sintesi, l’istante aveva mancato di confrontarsi con il provvedimento impugnato. Ben si comprende, dunque, il fondamento giustificativo della statuizione di inammissibilità del primo motivo di gravame.
La Corte di merito ha in ogni modo evidenziato i plurimi profili che rendevano non attendibile, a suo avviso, il racconto dell’istante. Ora, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente e come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; cfr. pure Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Il secondo motivo non contiene siffatte censure.
Non si comprende, poi, il senso del terzo motivo di impugnazione: in presenza dell’inammissibilità del primo motivo di appello, che aveva riguardo allo status di rifugiato, un accertamento al riguardo risultava, evidentemente, precluso. Mette conto comunque di aggiungere che la Corte di appello ha accertato, come si è visto, la non credibilità del richiedente: onde, in ogni caso, le vicende persecutorie oggetto della narrazione non avrebbero potuto comunque ergersi a comprovato fatto costitutivo del diritto al riconoscimento del richiamato status.
2. – Il quarto motivo denuncia per cassazione la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; si lamenta la motivazione contraddittoria circa un fatto decisivo o comunque decisivo per non avere la Corte di merito tenuto in debita considerazione le dichiarazioni del richiedente o comunque per la mancata o errata valutazione di risultanze processuali.
Il mezzo di impugnazione concerne la pronuncia sulla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Il ricorrente lamenta la mancata acquisizione, da parte del giudice distrettuale, delle informazioni sulla situazione generale esistente nel paese di origine.
Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, la Corte ha ben chiarito come, in base a quanto rilevato da fonti specificamente individuate (Amnesty International e UNHCR) le situazioni di conflitto armato presenti in Nigeria non riguardavano la regione del Delta State, da cui proveniva l’istante.
3. – Il quinto motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 34, nonché dell’art. 10 Cost. della Dir. 115 del 2008 e della Dir. 93 del 2011, nonché degli artt. 112 e 116 c.p.c., oltre che l’omessa o quantomeno insufficiente motivazione circa un punto decisivo, o comunque per non avere la Corte territoriale tenuto in debita considerazione le dichiarazioni del richiedente, o infine per la mancata o errata valutazione di risultanze processuali.
Il motivo afferisce alla statuizione assunta con riguardo alla protezione umanitaria. Si lamenta, in buona sostanza, che la Corte di appello avrebbe mancato di valutare la condizione di vulnerabilità del richiedente risultante dei documenti prodotti e dalle dichiarazioni rese.
A parte il difetto di autosufficienza che affligge l’allegazione afferente i richiamati elementi di giudizio (che sono stati solo genericamente evocati), il motivo manca di misurarsi con la pronuncia impugnata, la quale ha rilevato: che il richiedente non aveva allegato circostanze che evidenziassero una sua particolare vulnerabilità; che la situazione socio-politica del paese di provenienza non presentava profili di instabilità, tali da determinare alcuna personalizzata esposizione al rischio; che il richiamo alle condizioni di salute dell’istante era privo di alcuna specifica allegazione, argomentazione e documentazione; che la narrazione della vicenda personale non evidenziava una particolare condizione di deprivazione economica; che l’integrazione nel paese di accoglienza non era stata in alcun modo circostanziata. E’ solo il caso di aggiungere che la ravvisata mancata aderenza della censura al decisum destina la stessa alla statuizione di inammissibilità (Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490).
4. – Il ricorso è respinto.
5. – Nulla deve statuirsi in punto di spese processuali.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021