LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3956-2020 proposto da:
O.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA ROSA ODDONE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale presso la Prefettura U.T.G. di Torino, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 9281/2019 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 18/12/2019 R.G.N. 700/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Il Tribunale di Torino, con il provvedimento n. 9281 del 18.12.2019, ha rigettato il ricorso proposto da O.O., cittadino della Nigeria, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente, in sintesi, aveva dichiarato di essere di etnia youruba e di religione cristiana; che sia i suoi genitori che i fratelli erano morti e che aveva lavorato, nel suo paese, come elettricista; aveva specificato di essere partito per il conflitto esploso tra due comunità: in particolare, il padre era il leader degli Okhun e nel 2016 erano sorti contrasti con la comunità Oluku per alcuni terreni contesi; la famiglia di esso richiedente era stata minacciata e la Polizia, a seguito della denuncia, non aveva fatto nulla; gli Oluki, quindi, erano andati a casa sua e avevano ucciso i suoi familiari; egli, che non si trovava in casa, aveva, pertanto, deciso di partire.
3. A fondamento della decisione il Tribunale, ritenuta la inattendibilità e la contraddittorietà delle dichiarazioni rese, ha rilevato la insussistenza dei presupposti per concedere la chiesta protezione internazionale ed umanitaria; in ordine alla situazione della Nigeria, ha escluso che la zona di provenienza del richiedente (Benin City) fosse coinvolta da conflitti armati, citando i rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch del 2018; quanto alla protezione umanitaria, ha rilevato che la documentazione prodotta (attestato di italiano Al, svolgimento di volontariato, iscrizione ad un corso annuale per addetto impianti elettrici e frequentazione della terza media) non fosse sufficiente a dimostrare una avvenuta integrazione in Italia a fronte dell’assenza di altre condizioni d vulnerabilità.
4. Avverso tale decreto O.O. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. I motivi sono titolati come segue.
2. Primo motivo: “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, per non avere il Tribunale approfondito criticamente le obiezioni contro la decisione della Commissione territoriale, nascendo, nel caso specifico, la vicenda dalla complessità della società africana che non poteva essere capita ed interpretata secondo i canoni di valutazione tipici delle società evolute e per non avere il Tribunale di Torino valutato le fonti aggiornate e specifiche sulla situazione in atto in Nigeria. Secondo motivo: “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, per avere omesso il Tribunale di valutare la condizione di vulnerabilità di esso ricorrente.
3. Giova premettere che, in base ad un principio generale, la delibazione della sentenza civile, ancorché risultante dal dispositivo compilato inerente la medesima -salvo il caso eccezionale che del dispositivo stesso il legislatore preveda una immediata rilevanza, esterna, con conseguente sua idoneità a determinare la cristallizzazione della decisione adottata- non esclude il potere-dovere del giudice di tenere conto di rilevanti sopravvenienze intervenute nel periodo successivo ad essa ed anteriore alla pubblicazione, e di provvedere, ove occorra, coerentemente con esse (per tutte Cass. n. 4466/1992).
4. Ciò premesso, sempre in via preliminare, deve essere rilevato che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione dal secondo della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato.
5. Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35 bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177).
6. Con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11 e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, p.2 della medesima Carta, 6, 7, 13 e 14 della CEDU.
7. Una sommaria delibazione dei motivi del ricorso esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata, sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale.
8. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive.
9. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto: “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 16 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021
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