Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.31753 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4076-2020 proposto da:

M.K., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona, sezione di Padova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2699/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 26/06/2019 R.G.N. 1249/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello proposto da M.K., cittadino del Bangladesh, avverso la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. il Collegio – per quanto qui ancora interessa – ha ritenuto la narrazione del richiedente asilo, che aveva dichiarato di aver abbandonato il suo Paese di origine per motivi politici, “lacunosa e contraddittoria”, escludendo quindi le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. A) e B); quanto alla lettera C) della stessa disposizione la Corte ha escluso “che in Bangladesh vi sia una situazione di violenza diffusa e incontrollata”, non avendo l’istante “mai allegato timori conseguenti ad una situazione di guerriglia generalizzata o di conflitto armato”; ha infine escluso la protezione umanitaria, assumendo che “non può essere valorizzato l’inserimento lavorativo dell’appellante, trattandosi di circostanza del tutto estranea alla protezione internazionale”;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 3 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C), per non avere la Corte territoriale indicato fonti attendibili e aggiornate sulle condizioni del Paese di origine del richiedente protezione;

analoga censura è articolata con il secondo motivo in cui si denuncia l’error in iudicando compiuto dalla sentenza impugnata per aver disconosciuto la protezione sussidiaria in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria;

2. i due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, meritano accoglimento perché nella motivazione della sentenza impugnata non sono indicate le fonti dalle quali la Corte territoriale ha tratto il convincimento secondo cui “si deve escludere che in Bangladesh vi sia una situazione di violenza diffusa e incontrollata”;

ai fini della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il giudice è tenuto anche d’ufficio a verificare – utilizzando fonti attendibili per scrutinare le “COI” (Country of origin information) – se nel Paese di origine sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente (Cass. n. 19716 del 2018); del resto, è lo stesso D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ad imporre l’acquisizione di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati (ex plurimis, da ultimo, Cass. 5192 del 2020);

di conseguenza, è orientamento consolidato che “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (ex plurimis, Cass. n. 17069 del 2018, n. 3016 del 2019, n. 13897 del 2019);

– 3. conclusivamente i primi due motivi di ricorso vanno accolti, con assorbimento del terzo motivo che riguarda la protezione umanitaria, essendo ancora sub iudice la protezione maggiore, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito; provvedendo anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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