LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20785-2015 proposto da:
COMUNE DELL’AQUILA in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO DE NARDIS;
– ricorrente –
contro
D.D.E.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 623/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 21/05/2015 R.G.N. 1431/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. TRICOMI IRENE.
RITENUTO IN FATTO
1. la Corte d’Appello di L’Aquila con la sentenza n. 623 del 2015, pronunciando sull’appello proposto da D.D.E. nei confronti del Comune di L’Aquila, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di L’Aquila, accoglieva l’impugnazione e in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava inammissibile l’opposizione proposta dal Comune che condannava alle spese di lite del primo grado che liquidava in Euro 5110,00, condannandolo altresì anche alle spese del grado di appello, che liquidava in Euro 4760,00.
2. Per la cassazione della sentenza di appello quanto alle spese di lite del primo grado, ricorre il Comune di L’Aquila, prospettando un motivo di ricorso.
3. D.D.E. è rimasto intimato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione ed errata applicazione delle norme di diritto inerenti la liquidazione delle spese processuali di lite del primo grado, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e del D.M. Giustizia n. 140 del 2012 (tabella affari processuali civili).
Assume il ricorrente che erano state liquidate competenze per il primo grado di giudizio sproporzionate rispetto a quanto previsto dalle tariffe forensi vigenti all’epoca dei fatti, tenuto conto che il valore della causa, iscritta dinanzi al Tribunale di L’Aquila, era pari ad Euro 24.000,00, e dunque andava fatto riferimento alle tariffe di cui al D.M. n. 140 del 2012 in relazione allo scaglione fino a Euro 25.000,00.
Tenuto conto che nel giudizio di primo grado era mancata la fase istruttoria, la liquidazione media avrebbe dovuto essere di Euro 1.550,00, come determinato sommando i valori medi delle fasi: studio, introduttiva e decisoria con esclusione della fase istruttoria.
La Corte d’Appello aveva effettuato la liquidazione omettendo di motivare e non attenendosi alla norma regolatrice.
2. Il motivo è fondato.
2.1. In tema di liquidazione delle spese giudiziali ai sensi del D.M. n. 140 del 2012, la disciplina secondo cui i parametri specifici per la determinazione del compenso sono, “di regola”, quelli di cui alla allegata tabella A, la quale contiene tre importi pari, rispettivamente, ai valori minimi, medi e massimi liquidabili, con possibilità per il giudice di diminuire o aumentare ulteriormente il compenso in considerazione delle circostanze concrete, va intesa nel senso che l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili sia le ragioni dello scostamento dalla forcella di tariffa, sia le ragioni che ne giustifichino la misura (Cass., n. 12537 del 2019).
2.2. Nella specie la liquidazione ha oltrepassato il massimo previsto dal D.M. n. 140 del 2012 in relazione allo scaglione di riferimento, senza che la Corte d’Appello abbia formulato motivazione in merito, così non facendo corretta applicazione dei suddetti principi.
2.3. Pertanto la sentenza di appello va cassata in parte qua, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, attesa l’indicazione del valore della controversia, dell’oggetto della stessa (giudizio di cognizione volto a far dichiarare l’inefficacia di titoli esecutivi azionati nei confronti del Comune di L’Aquila) e delle fasi svolte, come dedotto dal ricorrente e non contestato dalla controparte rimasta intimata; i compensi professionali sono liquidati, a carico del Comune di L’Aquila, per il giudizio di primo grado in Euro 2.500,00 (somma del valore massimo per lo scaglione fino a 25.000,00 Euro per fase: studio, introduttiva, decisoria). Le spese del giudizio di appello, come già poste a carico del Comune di L’Aquila dalla Corte d’Appello in ragione della soccombenza, sono liquidate in Euro 4.760,00.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a carico di D.D.E..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione all’unico motivo accolto e decidendo nel merito liquida in Euro 2.500,00, le spese di giudizio del primo grado e in Euro 4760,00, le spese di giudizio per il secondo grado. Condanna il resistente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00 per compensi professionali, Euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021