Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.31765 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16547-2015 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FOSSATO DI VICO 9, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO IONTA, rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE LUCIO MONACO;

– ricorrente –

contro

REGIONE CAMPANIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9332/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/03/2015 R.G.N. 4256/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2021 dal Consigliere Dott. BELLE’ROBERTO.

RITENUTO IN FATTO

CHE:

oggetto di causa è la pretesa di M.C., già titolare di posizione organizzativa presso la Regione Campania per gli anni 2000 e 2001, di ottenere il risarcimento del danno per perdita di chance in ragione del fatto che, per tale posizione organizzativa, era stabilito dal Contratto Collettivo Decentrato Integrativo (di seguito, CCDI) 1998-2001, un compenso annuo aggiuntivo pari al 20 % della retribuzione di posizione, previa verifica dei risultati da parte dei dirigenti di settore, sulla base di un sistema di valutazione da elaborarsi a cura da parte del Nucleo di Valutazione, sistema mai messo a punto, con impossibilità quindi determinazione della spettanza o meno dei compensi predetti;

la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, pur dando atto dell’inadempimento datoriale, ha rigettato la domanda, ritenendo la carenza di allegazione e prova rispetto ad una probabilità non marginale di conseguimento dell’emolumento, a ciò non bastando la deduzione della riconferma nell’incarico e dell’assenza di rilievi;

la sentenza è stata impugnata per cassazione dalla M. sulla base di due motivi, mentre la Regione Campania è rimasta intimata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 9 e 10 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (di seguito CCNL) Comparto Enti Locali e Regioni 1998-2001, nonché dell’art. 11 del CCDI;

con tale motivo la M. fa leva sul fatto che, prevedendo il CCNL la revoca dell’incarico di posizione nel caso di risultati negativi, se ne dovrebbe desumere che la riconferma di tali incarichi successivamente disposta in suo favore e l’assenza di rilievi sull’attività svolta nel periodo oggetto di causa, doveva indurre il giudice di secondo grado a ritenere positiva la valutazione dei risultati e quindi ad una diversa decisione;

il secondo motivo denuncia l'”omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) ed anch’esso si incentra sui rilievi in ordine alla preparazione e capacità della M., nonché alle sue capacità organizzative e tecniche, contenuti nel decreto dirigenziale di ulteriore conferma dell’incarico di posizione organizzativa in suo favore, ribadendo come il diniego di rilevanza di tali circostanze, formulato dalla Corte territoriale, non potesse dirsi ragionevole e trascurasse l’impossibilità per la lavoratrice, di proporre argomenti di prova, in mancanza della predisposizione dello schema di valutazione, se non sulla base degli elementi di cui sopra;

i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, riguardando sostanzialmente il medesimo tema impugnatorio;

la Corte territoriale ha incentrato il proprio ragionamento sulla diversità esistente tra valutazione dei concreti risultati pregressi e valutazione di meritevolezza per il rinnovo dell’incarico, la prima necessaria per l’ottenimento dell’incremento retributivo e l’altra per ottenere la conferma nel medesimo incarico dopo lo spirare dei termini fissati;

in effetti, il collegio ritiene che l’apprezzamento rispetto ai risultati pregressi non necessariamente coincida con la positiva valutazione ai fini della conferma nell’incarico, in quanto i risultati potrebbero essere mancati per molteplici ragioni, anche non imputabili al lavoratore, nel qual caso non potrebbe comunque ritenersi il raggiungimento degli obiettivi, ma nulla osterebbe alla conferma dell’incarico;

inoltre, l’apprezzamento rispetto ad obiettivi e risultati può richiedere un dosaggio, non a caso essendo rimesso alla previa elaborazione di un sistema valutativo, che può comportare plurime varianti, anche nella individuazione delle soglie utili al riconoscimento dello specifico emolumento, mentre la conferma nell’incarico, come attestato anche dal provvedimento su cui fa leva la ricorrente, può basarsi sulla più generale ricorrenza di “capacità organizzative e tecniche” o di “preparazione” e sull’assenza di negatività palesi nella precedente conduzione di esso;

in sostanza, quella operata dalla Corte territoriale è distinzione rigorosa, ma che non può dirsi irrazionale e che dunque è stata posta non implausibilmente a fondamento della decisione in ordine all’assenza di sufficienti elementi per comprovare i requisiti propri della perdita di chance;

il risarcimento per perdita di chance si basa del resto, per costante giurisprudenza di questa S.C., su criteri di alta probabilità logica (Cass. 9 maggio 2018, n. 11165; Cass. 12 maggio 2017, n. 11906), seppur ricostruibili su base presuntiva (Cass. 15 ottobre 2018, n. 25727), sicché, non potendosi affermare che lo stringente sviluppo argomentativo sviluppato dalla Corte di merito sia implausibile, la lettura di cui ai motivi si risolve nella pretesa di una diversa prospettazione di una diversa pronuncia sul fatto, certamente non adducibile quale vizio di legittimità della sentenza di merito (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148);

d’altra parte, anche a voler ipotizzare il fatto – su cui insiste la ricorrente – che l’inadempimento stesso della P.A. abbia reso particolarmente difficile la dimostrazione del nesso tra tale inadempimento e perdita della chance ed a voler ipotizzare, sulla base di tale ragionamento, un taglio meno rigoroso per il giudizio prognostico richiesto, va detto che il ricorso per cassazione non illustra, se non per un generico richiamo ad un incarico di “deposito progetti”, le specifiche attività coinvolte dalla posizione organizzativa oggetto di causa, né è noto se e come essere furono concretamente allegate;

e’ infatti evidente che un giudizio sostitutivo in ordine alla probabilità di raggiungimento degli obiettivi propri di una certa posizione presupporrebbe almeno di conoscere in dettaglio le connotazioni dell’incarico, di modo da poter quanto meno formulare ipotesi su quali potessero essere i fini della prestazione richiesta, ma la carenza rilevabile in proposito rende le censure sul punto inidonee ad inficiare con effettiva concretezza la decisione assunta;

generico e non meglio documentato è altresì il richiamo al fatto che al Dirigente della M. fosse stata riconosciuta la retribuzione di risultato, a riprova che anche i funzionari ad esso sottoposti avrebbero parimenti raggiunto gli obiettivi propri del settore, mancando, non solo l’indicazione di come e quando tale circostanza fosse stata addotta e provata, ma anche della struttura gerarchica riconnessa alla posizione di quel Dirigente e del numero e qualità delle posizioni organizzative all’interno di essa attivate, sicché risulta impossibile apprezzare, anche in questo caso, l’esistenza di un nesso causale il concreto rilievo dell’assunto rispetto al giudizio formulato dalla Corte di merito;

da questo punto di vista, le censure contenenti i ragionamenti di critica sul ragionamento prognostico sono carenti di indicazioni rispetto al caso concreto, in violazione dei criteri di specificità (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) complessivamente sottesi all’art. 366 c.p.c., il che le rende in parte qua inammissibili;

il ricorso va dunque complessivamente disatteso;

nulla va disposto sulle spese, in mancanza di attività difensiva da parte della Regione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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