Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.31800 del 04/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32552/2019 proposto da:

M.S.A.S., rappresentato e difeso dall’avv.to ROSALIA BENNATO, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO n. 7841/2019, depositato il 04/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. M.S.A.S. proveniente dal Bangladesh, ricorre affidandosi a due motivi, per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese a causa di una vicenda legata alla vittoria di un rappresentante del partito ***** che si contrapponeva al ***** di cui era membro suo padre.

1.2. Da ciò derivavano aggressioni nei confronti di tutta la sua famiglia in quanto i rappresentanti locali dapprima avevano incendiato la loro abitazione e poi anche la loro autovettura.

1.3. Da allora iniziava la persecuzione anche contro di lui, visto che il padre lo aveva scelto fra i suoi figli perché lo affiancasse: per tale ragione era stato aggredito insieme al padre e colpito con un machete tanto che lui era rimasto per circa due mesi in Ospedale ed il padre era deceduto. Ha narrato altri atti persecutori che lo avevano indotto ad allontanarsi definitivamente dal suo paese.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 8, 9, 10 e 11, nonché dell’art. 47, commi 1 e 2 della Carta dei Diritti Fondamentali nonché degli artt. 1, 6 e 13 della CEDU in quanto il Tribunale di Milano aveva omesso di fissare l’udienza per l’audizione del ricorrente, incombente che doveva ritenersi obbligatorio a causa della mancanza della video registrazione eseguita in sede amministrativa.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Questa Corte ha affermato il principio, ormai consolidato secondo il quale “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass. 21584/2020; Cass. 22049/2020; Cass. 26124/2020).

1.3. Nel caso in esame, pacifico che l’udienza di comparizione è stata fissata e che la parte ricorrente (i.e. il difensore) era presente (cfr. pag. 2 del decreto, quart’ultimo cpv.), la mancata audizione personale del richiedente asilo – che il Tribunale ha espressamente ritenuto non necessaria (cfr. pag. 4 del decreto impugnato) – non configura la violazione denunciata in quanto nulla di specifico è stato dedotto dal ricorrente in ordine ai fatti che dovevano essere oggetto di ulteriore chiarimento.

1.4. La censura, pertanto, risulta non decisiva per condurre ad una differente soluzione della controversia in relazione alla denunciata assenza di rinnovo del colloquio già effettuato in sede amministrativa.

2. Con il secondo motivo, lamenta la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e art. 14; deduce altresì l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti.

2.1.. Lamenta che la valutazione di credibilità del racconto era stata articolata nella completa inosservanza del paradigma valutativo predicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e che, oltretutto, il Tribunale aveva omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria nell’esaminare la situazione del Bangladesh ed in particolare i reiterati episodi di violenza.

2.2. Deduce altresì l’erronea valutazione delle fattispecie maggiori e della protezione umanitaria.

2.3. Il motivo è complessivamente inammissibile.

2.4. La censura riguardante la motivazione apparente è del tutto generica in quanto, a fronte di una motivazione congrua e logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale (cfr. pag. 3 e 4 nelle quali vengono specificamente individuate le insanabili contraddizioni del racconto) nulla di specifico viene denunciato: essa prospetta una mera richiesta di rivalutazione di merito della vicenda narrata, non consentita in questa sede.

2.5. Quanto al dovere di cooperazione istruttoria che, secondo il ricorrente, non sarebbe stato adempiuto con violazione delle norme che disciplinano le specifiche fattispecie, si osserva che nel decreto sono richiamate COI attendibili (cfr. pag. 6 primo cpv. del decreto) alle quali il ricorrente non ne contrappone altre, diverse ed idonee a determinare una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass. 7105/2021): e non è inutile aggiungere che in ordine alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ed al riconoscimento dello status di rifugiato, fattispecie per le quali la valutazione di credibilità del racconto assume rilievo pregiudiziale, la mancanza di decisività della censura riposa anche sugli argomenti sopra spesi in relazione alla inattendibilità dei fatti raccontati; e che, infine, in relazione alla protezione umanitaria, la critica risulta meramente enunciativa in quanto non evidenzia quali elementi erano stati allegati a sostegno dell’integrazione e della vulnerabilità.

2.6. La censura, infatti, si limita ad affermare che “ben può dirsi che il ricorrente si trova in una condizione di vulnerabilità dal momento che proprio sulla base di una concreta comparazione tra le condizioni attuali e quelle in cui verrebbe a trovarsi nel paese di origine può ragionevolmente presumersi che egli in caso di rientro vedrebbe compromesse in modo apprezzabile la sua dignità e il suo diritto a quell’esistenza libera e dignitosa che risulta aver raggiunto nel paese di rifugio”, senza tuttavia allegare nulla di specifico in ordine agli elementi di comparazione che sarebbero stati erroneamente valutati da Tribunale.

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

3. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472