Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.31807 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32449/2019 proposto da:

M.P.N., (alias P.N.M.), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LUFRANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 01/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, M.P.N., cittadino del Senegal, ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, pubblicato il 1 ottobre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della competente Commissione territoriale, la quale a sua volta aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Ancona rilevava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato il Senegal, regione di Louga, per contrasti con lo zio e altri familiari che si erano appropriati dei terreni lasciati dal padre, inutilmente rivolgendosi alle autorità, ma temendo di essere imprigionato), non era attendibile, in quanto generico e incoerente, risultando, altresì, che il richiedente avesse lasciato il paese di origine “per motivi esclusivamente economici”; b) non sussistevano, quindi, i presupposti per riconoscere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); c) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui del citato art. 14, lett. c), non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente, in base alle COI utilizzate (EASO marzo 2017, ICRC maggio 2017, MRGI novembre 2017, FH settembre 2018, USD marzo 2019) una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto non emergenti elementi comprovanti una adeguata integrazione in Italia e non essendo ravvisabile una situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio.

3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per aver il Tribunale escluso l’esistenza nel paese di provenienza di esso richiedente di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Le censure sono affatto generiche, non aggredendo la motivazione in punto di fonti informative utilizzate dal giudice di merito, che quest’ultimo ha indicato puntualmente, senza che il ricorrente abbia fatto riferimento alcuno a COI più aggiornate, incentrando le critiche piuttosto su una insufficiente o contraddittoria motivazione, quale vizio non veicolabile in questa sede in base al vigente, e applicabile ratione temporis, dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per aver il Tribunale escluso l’esistenza le condizioni di vulnerabilità di esso richiedente in caso di rientro forzoso in Senegal.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

A fronte della motivazione resa dalla Corte territoriale in punto di valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass., S.U., n. 29459/2019), le censure di parte ricorrente sono orientate, nella sostanza, a dedurre un vizio di insufficiente motivazione (come detto, non più veicolabile ratione temporis), senza dedurre critiche congruenti sulla complessiva ratio decidendi a fondamento del decreto impugnato.

3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte rimasta soltanto intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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