LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32469/2019 proposto da:
K.A., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LUFRANO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 01/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RILEVATO
che:
1. – Con ricorso affidato a tre motivi, K.A., cittadino del Pakistan, ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, pubblicato il 1 ottobre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della competente Commissione territoriale, la quale a sua volta aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.
2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Ancona rilevava che: a) il racconto del richiedente, non era attendibile, in quanto generico e incoerente; b) non sussistevano, quindi, i presupposti per riconoscere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); c) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui del citato art. 14, lett. c), non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente (Punjab), in base alle COI utilizzate (UNHCR maggio 2017, EASO agosto 2017 e ottobre 2018) una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto non emergenti elementi comprovanti una adeguata integrazione in Italia e non essendo ravvisabile una situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio.
3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per aver il Tribunale omesso qualsiasi motivazione in punto di credibilità del racconto di esso richiedente, utilizzando solo formule di stile.
1.1. – Il motivo, che denuncia chiaramente (al di là delle indicazioni presenti nella rubrica) un vizio di motivazione apparente, è fondato.
La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cass. n. 13248/2020).
Nella specie, il Tribunale non ha affatto esplicitato quali fossero le dichiarazioni rese dal richiedente, adducendo generiche ragioni di inattendibilità del narrato, del tutto astratte rispetto alla concretezza della vicenda storica e, come tali, da non rendere comprensibile il ragionamento decisorio.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per aver il Tribunale adottato una motivazione apparente circa l’esclusione dell’esistenza nel paese di provenienza di esso richiedente di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata.
2.1. – Il motivo è inammissibile.
Le censure sono affatto generiche, non aggredendo la motivazione – del tutto intelligibile e, dunque, rispettosa del c.d. “minimo costituzionale” (Cass., S.U., n. 8053/2014)- in punto di fonti informative utilizzate dal giudice di merito, che quest’ultimo ha indicato puntualmente, senza che il ricorrente abbia fatto riferimento alcuno a COI più aggiornate, ma (sulla base delle medesime fonti utilizzate dal Tribunale) incentrando le critiche piuttosto su una insufficiente o contraddittoria motivazione, quale vizio non veicolabile in questa sede in base al vigente, e applicabile ratione temporis, dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
3. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per aver il Tribunale escluso l’esistenza le condizioni di vulnerabilità di esso richiedente in caso di rientro forzoso in Pakistan. 3.1. – Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo mezzo, dovendosi rammentare, comunque, che in tema di protezione umanitaria rilevano i principi enunciati da Cass., S.U., n. 29459/2019 e ribaditi, più di recente, da Cass. n. 3320/2021 (pp. 10/11).
4. – Va, dunque, accolto il primo motivo, dichiarati inammissibile il secondo e assorbito il terzo motivo, con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvio della causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo motivo ed assorbito il terzo motivo di ricorso;
cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021