Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.31809 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32922/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 25/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, M.A., cittadino del Pakistan, ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, pubblicato il 25 settembre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della competente Commissione territoriale, la quale a sua volta aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Ancona rilevava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato il Pakistan per le minacce e aggressioni subite da parte dei nipoti del sindaco, per aver egli concesso i locali della sua vecchia abitazione alla comunità cristiana per la celebrazione delle funzioni religiose) non era attendibile, in quanto generico e incoerente; b) non sussistevano, quindi, i presupposti per riconoscere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); c) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui del citato art. 14, lett. c), non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente (Punjab), in base alle COI utilizzate (UNHCR maggio 2017, EASO agosto 2017 e ottobre 2018) una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto non emergenti elementi comprovanti una adeguata integrazione in Italia e non essendo ravvisabile una situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio; e) in ogni caso, avendo il richiedente già proposto domanda di asilo in Francia ed essendo questa stata rigettata, non ha egli fornito, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, elementi per aumentare la probabilità di accoglimento delle reiterate domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria.

3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per aver il Tribunale negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta violazione e falsa applicazione della direttiva 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per non aver il Tribunale approfondito i fatti dedotti da esso richiedente facendo uso dei poteri istruttori ufficiosi.

3. – Con il terzo mezzo è prospettato “omesso/errato esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in Pakistan”, avendo il Tribunale superficialmente ritenuto non credibile la narrazione di esso richiedente, senza attivare i poteri istruttori ufficiosi.

3. – I motivi sono inammissibili.

La sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche altre ragioni, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su plurime e distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle tutte, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (tra le altre, Cass. n. 17182/2020).

Nella specie, con i motivi di ricorso non è impugnata l’ulteriore e autonoma ratio decidendi (cfr. pp. 7/9 del decreto impugnato e sintesi nel “Rilevato che”), idonea a sorreggere da sola il decreto impugnato, del rigetto delle domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria per reiterazione delle stesse in assenza di elementi nuovi, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29.

4. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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