LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33146/2019 proposto da:
H.L., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO D’ANGELO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 24/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RILEVATO
che:
1. – Con ricorso affidato a tre motivi, H.L., cittadino del Ghana, ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, pubblicato il 24 settembre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della competente Commissione territoriale, la quale a sua volta aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.
2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Ancona rilevava che: a) il racconto del richiedente (essere fuggito dal proprio paese dopo uno scontro tra musulmani e cristiani, nel corso del quale colpiva ripetutamente un ragazzo cristiano provocandone la morte e facendo sorgere nei familiari il desiderio di vendetta), anche laddove credibile, poneva in rilievo circostanza ostativa al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sussistendo fondati motivi per ritenere lo straniero avesse commesso un reato grave; b) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto non emergenti elementi comprovanti una adeguata integrazione in Italia (non essendo tale l’assunzione a tempi ridotto e per una retribuzione al di sotto dell’importo dell’assegno sociale) e non essendo ravvisabile una situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio.
3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del R.D. n. 262 del 1942, art. 1 e art. 249 Trattato UE per aver il Tribunale, avendo ritenuto credibile il racconto di esso richiedente, applicato la normativa in materia di esclusione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria contenuta nella direttiva 2011/295/UE (c.d. direttiva qualifiche) in luogo della normativa nazionale di al D.Lgs. n. 251 del 2007, come successivamente modificata.
1.1. – Il motivo è inammissibile, giacché non coglie la ratio decidendi del decreto impugnato che – come si evince dal diretto richiamo del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 16 – ha applicato la normativa nazionale che, con il D.Lgs. n. 18 del 2014, ha recepito quella (richiamata pure in motivazione) di matrice Eurounitaria.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e g), artt. 10 e 16, artt. 12 e 17 direttiva 2011/95/UE e art. 27 Cost., per aver il Tribunale escluso l’applicabilità delle norme in materia di status di rifugiato e di protezione sussidiaria per essendovi il pericolo dell’applicazione della pena di morte in Ghana, quale fatto il cui esame è stato omesso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorrente, in subordine, solleva eccezione di legittimità costituzionale delle anzidette disposizioni “nella parte in cui non impediscono l’applicabilità delle clausole di esclusione nei casi in cui il reato che ne giustificherebbe l’applicazione sia punito nel paese di origine con la pena di morte”.
2.1. – Il motivo è fondato, restando così assorbita la prospettata eccezione di legittimità costituzionale.
In tema di protezione internazionale, ai fini dell’affermazione della sussistenza della causa ostativa, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 10, comma 2, lett. b) e art. 16, comma 1, lett. b), alla protezione sussidiaria (o umanitaria) rappresentata dalla commissione da parte del richiedente di un delitto comune (nella specie: omicidio), il giudice del merito deve fra l’altro tenere conto anche del tipo di trattamento sanzionatorio previsto nel Paese di origine per il reato commesso dal richiedente – anche previo utilizzo dei poteri di accertamento ufficiosi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – in quanto il rischio di sottoposizione alla pena di morte nel Paese di provenienza o anche il rischio di subire torture o trattamenti inumani o degradanti nelle carceri del proprio Paese può avere rilevanza per l’eventuale riconoscimento sia della protezione sussidiaria, in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), con l’art. 14, lett. a) e b) dello stesso D.Lgs., sia, in subordine, della protezione umanitaria, in base all’art. 3 CEDU e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (Cass. n. 2830/2015; Cass. n. 1033/2020; Cass. n. 26604/2020).
Nella specie, il Tribunale si è discostato dall’enunciato principio di diritto, giacché, pur non avendo escluso la credibilità del richiedente in ordine alla circostanza della commissione dell’omicidio, non ha, poi, attivato i propri poteri ufficiosi per accertare concretamente detta circostanza e il relativo trattamento sanzionatorio in Ghana.
3. – Va, dunque, accolto il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo motivo, con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvio della causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il secondo motivo e dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso;
cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021