Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31820 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26397/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– Ricorrente –

contro

Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., nella qualità di incorporante della Telecom Italia s.p.a., già

Stet s.p.a., rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del ricorso, dall’avv.to Emanuele Coglitore e dall’avv.to Mariagrazia Bruzzone, elettivamente domiciliata in Roma, Via Federico Confalonieri n. 4, presso lo studio legale dell’avv.to Coglitore;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 1447/12 della Commissione tributaria centrale del Piemonte, sezione distaccata di Torino (di seguito, CTC), depositata il 19/09/2012, non notificata.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la decisione della Commissione Tributaria Centrale, sezione di Torino, indicata in epigrafe, con la quale, veniva parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio IIDD, limitatamente “al credito di imposta sul dividendo della partecipazione”, mentre veniva respinto con riguardo alla domanda di rimborso, presentata in data 13/10/1986, per dell’Irpef e relative addizionali, da Stet s.p.a., poi incorporata in Telecom Italia s.p.a., per l’esercizio 1984, relativa agli interessi maturati sui crediti d’imposta Irpeg e Ilor.

2. In particolare, con riguardo al regime impositivo degli interessi attivi maturati sui crediti d’imposta, (ndr: testo originale non comprensibile), richiamando la pronuncia di questa Corte n. 3399 del 2010, qualificava la natura degli interessi maturati sui crediti di imposta, derivanti da eccedenze versate in acconto, come aventi natura compensativa, non costituenti né reddito di capitale né reddito di impresa, escludendone, pertanto, l’assoggettabilità ad Irpeg ed Ilor. Quanto al credito di imposta sul dividendo di partecipazione, accoglieva l’appello argomentando soltanto sulla conformità alla sentenza n. 2542 del 2002 di questa Corte.

3. La società contribuente resiste con controricorso e presenta memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c..

3. Il Sostituto Procuratore Generale presenta memoria, con la quale chiede il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo d’impugnazione – così rubricato: “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, artt. 41, 44, 52; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 56, comma 3 e art. 118; D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, l’Amministrazione ricorrente deduce che la CTC, nell’escludere implicitamente la riconducibilità della controversia nell’ambito di applicazione del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36, è incorsa in errores in procedendo perché ha effettuato un accertamento di fatto sul contenuto e la data di presentazione della dichiarazione rettificativa che erano inammissibili perché nuovi e mai chiesti dalla società contribuente nei giudizi di medito, né innanzi alla CTC. Assume che la CTC si è fondata su un fatto (l’anteriorità, alla data di entrata in vigore del D.P.R. 14 febbraio 1988, n. 42, dell’istanza di rimborso presentata dalla Stet s.p.a. in data 13/10/1986), non dedotto dalla società contribuente, la quale, nei tre gradi di giudizio si era limitata a dedurre che gli interessi in questione erano compensativi e per questo non rientravano tra le ipotesi di interessi che il D.P.R. n. 597 del 1973, attraeva nel reddito di impresa. Tale mancata deduzione, a detta della ricorrente, comporterebbe la violazione dell’art. 345 c.p.c., non potendo la società contribuente prospettare, con il ricorso innanzi alla Commissione centrale, motivi non proposti nei precedenti gradi ovvero che implichino valutazioni di fatti precedentemente non dedotti.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Va richiamato l’indirizzo di questa Corte, al quale il Collegio intende aderire, in assenza di ragioni ostative, secondo cui il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti o in applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante, purché restino immutati il “petitum” (rimborso degli interessi attivi maturati sui crediti d’imposta di cui all’istanza presentata in data 13/10/1986) e la “causa petendi” (il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria) e la statuizione trovi corrispondenza nei fatti di causa e si basi su elementi di fatto ritualmente acquisiti in giudizio ed oggetto di contraddittorio (cfr., Cass. 4 febbraio 2016, n. 2209; id. Cass. 11/05/2018, n. 11498).

2.2. Nella specie, il ragionamento dei giudici di terzo grado è quello di dare piena adesione ai principi di diritto di cui alla sentenza di questa Corte n. 3399 del 12/02/2010, secondo cui gli interessi maturati sui crediti di imposta da una società di capitali nei confronti dell’Amministrazione – nel vigore dei D.P.R. n. 597, n. 598 – n. 599 del 1973, ancorché iscritti nel conto dei profitti e delle perdite, non vanno assoggettati ad IRPEG e ad ILOR, perché hanno natura compensativa e, quindi, non sono qualificabili né come reddito di capitale, né come reddito di impresa.

2.3. Tale adesione, in primo luogo va esente dalle censure prospettate in quanto trova riscontro nella consolidata interpretazione di questa Corte che esclude l’assoggettabilità a tassazione, ai sensi del D.P.R. n. 597 del 1973, degli interessi sui crediti di imposta proprio in quanto aventi natura precipuamente compensativa (cfr., ex pluribus, Cass., 17/04/2019, n. 10705; Cass., 9852 del 2016; Cass., 18864 del 2004; Cass., 3574 del 1995).

2.4. In secondo luogo, la decisione della CTC non comporta la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., né dell’art. 56 t.u.i.r, introduttivo dell’imponibilità di tutti gli interessi attivi, compresi quelli derivanti da crediti d’imposta, con efficacia retroattiva ai sensi del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36, in quanto risulta pienamente corrispondente alla domanda originaria della società e perimetrata all’oggetto del giudizio (concernente l’impugnazione del silenzio rifiuto sulla istanza di rimborso di tali interessi, per l’annualità 1984), valorizzandosi, implicitamente, la circostanza – pacifica in causa – della presentazione dell’istanza in data precedente all’entrata in vigore del D.P.R. cit., art. 36. In altri termini, essendo l’istanza pacificamente intervenuta prima dell’entrata in vigore dell’art. 36 cit., essa ha comunque assolto alla funzione rettificativa della dichiarazione originariamente presentata, impedendo che l’accertamento assumesse carattere di definitività.

2.5. Con riguardo all’emendabilità della dichiarazione dei redditi questa Corte ha affermato, con argomenti condivisi, il principio secondo cui: “In tema di imposte sui redditi e con riguardo al regime transitorio dettato dal D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36 – il quale ha reso retroattivamente applicabili (anche “in malam partem”) le disposizioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, a condizione che le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta antecedenti al 1 gennaio 1988 (validamente presentate) siano ad esse conformi – il contribuente che, al fine di evitare la retroattività di una disposizione del TUIR meno favorevole, intenda emendare – sotto forma di istanza di rimborso, come in linea di principio gli è consentito – la dichiarazione dei redditi a suo tempo presentata (e nella quale aveva erroneamente anticipato il contenuto della norma sopravvenuta), è tenuto a formulare detta istanza prima dell’entrata in vigore del cit. D.P.R. n. 42 del 1988 (avvenuta il 1 marzo 1988) dovendosi ritenere che solo in tal caso la domanda produca tempestivamente l’effetto di rendere “non conforme” la dichiarazione originaria alle disposizioni successive e, quindi, di sottrarre il contribuente all’applicazione retroattiva di queste ultime.” (così, Cass., 5/07/2013, n. 16904, che richiama Cass., 30/05/2003, n. 8725 e Cass., 30/03/2004, n. 6311, tutte riguardanti il regime fiscale applicabile agli interessi attivi sui crediti di imposta, non tassabili secondo il previgente regime D.P.R. n. 597 del 1973, ed assoggettabili a tassazione ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56; id., Cass., n. 29879 del 2017; Cass., n. 8951 del 2018; Cass., n. 8945 del 2018; Cass., n. 7287 del 2019; Cass., n. 8945 del 2018 e, Cass., n. 10705 del 2019 e Cass. n. 9618 del 2018 quest’ultima richiamata in memoria sia dalla Telecom s.p.a. che dal PG).

3. Le spese seguono la soccombenza dell’Amministrazione e si liquidano come da dispositivo.

4. Non vi sono i presupposti per il pagamento del cd. doppio contributo, trattandosi di Amministrazione ammessa a prenotazione a debito.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della società controricorrente che liquida in Euro 11.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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