LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –
Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18662/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
Progress s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo Parrello e Marco Aniello Esposito, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo, sito in Roma, via degli Scialoia, 18;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 159/22/13, depositata il 9 maggio 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.
RILEVATO
CHE:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 9 maggio 2013, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Progress s.r.l. per l’annullamento della cartella di pagamento emessa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione resa per l’anno 2006;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’atto impositivo muoveva dal mancato riconoscimento di un credito di imposta, in ragione della omessa presentazione della dichiarazione per l’anno precedente;
– il giudice di appello ha disatteso il gravame erariale, sia pure per ragioni diverse da quelle poste dalla Commissione provinciale a fondamento della sua decisione, evidenziando che la procedura del controllo automatizzato della dichiarazione attivata dall’Ufficio non consentiva di disconoscere un credito di imposta che derivava da una precedente dichiarazione;
– il ricorso è affidato ad un unico motivo;
– resiste con controricorso la Progress s.r.l., la quale deposita, poi, memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;
– il pubblico ministero conclude per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
– con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, per aver la sentenza impugnata escluso che l’Amministrazione finanziaria potesse recuperare con la procedura del controllo formale della dichiarazione il credito ivi indicato derivante da un’annualità per cui la dichiarazione era stata omessa;
– il motivo è ammissibile, in quanto, diversamente da quanto eccepito dalla contribuente, la sua illustrazione consente di cogliere il significato e la portata della censura formulata;
– nel merito, il motivo è fondato;
– deve rilevarsi che, da quanto emerge dalla sentenza, il credito disconosciuto, indicato nella dichiarazione resa per l’anno 2006, ha per oggetto un credito di imposta, vantato ai sensi del D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, art. 4, che era maturato in un precedente periodo di imposta e non era stato riportato nella dichiarazione precedente a quella in oggetto (anno 2005), in quanto quest’ultima era stata omessa;
– il giudice di appello – aderendo ad una opzione interpretativa espressa, tra le altre, dalla richiamata ordinanza n. 5318 del 3 aprile 2012 – ha affermato che la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, è ammissibile, e può evitare l’attività di rettifica, quando il dovuto sia determinato mediante un controllo della dichiarazione meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi con tali modalità risolversi questioni giuridiche o esaminarsi atti diversi dalla dichiarazione stessa, con la conclusione che il disconoscimento, per l’anno in verifica, di un credito dell’anno precedente, per il quale la dichiarazione era stata omessa, non può essere ricondotto al mero controllo cartolare, in quanto implicante verifiche e valutazioni giuridiche, ma doveva essere operato previa emissione di motivato avviso di rettifica;
– tale tesi interpretativa non merita di essere seguita per le ragioni esposte nella sentenza n. 17758, resa da questa Corte a Sezioni Unite l’8 settembre 2016, la quale con riferimento ad una vicenda in tema di i.v.a., ha statuito che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi, nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60;
– il controllo automatizzato del dato della detrazione per pregresso credito d’imposta inserito nella dichiarazione annuale IVA “non può che essere fatto in correlazione con il dato presente nell’anagrafe tributaria sulla presentazione o meno della dichiarazione annuale IVA nell’anno di maturazione del ridetto credito d’imposta ed è uno dei casi più tipici e semplici di controllo meramente formale”;
– pertanto, non ravvisandosi ragioni per discostarsi da siffatta autorevole pronuncia, deve reputarsi legittimo il ricorso alla procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, citati art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, per il recupero del credito riportato nella dichiarazione dei redditi in oggetto, derivante da una annualità per cui la dichiarazione è stata omessa;
– non pertinente è il precedente rappresentato dalla sentenza di questa Corte n. 14949 dell’8 giugno 2018, che ha negato l’ammissibilità dell’iscrizione a ruolo della maggiore imposta, ai sensi D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, risultante dal disconoscimento di un credito di imposta portato in compensazione, in quanto relativa ad un caso in cui tale credito era stato dichiarato e l’Ufficio ne aveva contestato l’esistenza, mentre nel caso in esame il credito non è stato dichiarato e, dunque, l’azione di recupero dell’Ufficio si basa esclusivamente su un controllo meramente formale della dichiarazione, che alcuna dichiarazione del credito conteneva, e, dunque, privo di elementi valutativi;
– va, tuttavia, sottolineato che in virtù del D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 6, comma 3, per l’incentivo fiscale in oggetto trovano applicazione “le disposizioni di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5 e successive modificazioni e integrazioni, nonché al D.I. 22 luglio 1998, n. 275…”;
– l’art. 6, comma 1, di tale decreto, recante “Regolamento di disciplina delle modalità di concessione degli incentivi per la ricerca scientifica, ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5”, prevede espressamente la comminatoria della sanzione di decadenza dall’incentivo fiscale in caso di mancata indicazione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo nel corso del quale il beneficio è concesso;
– l’indicazione del credito d’imposta integra, pertanto, un atto negoziale, in quanto diretto a manifestare la volontà di avvalersi del beneficio fiscale in ragione dell’affermazione della rispondenza dell’attività svolta alle finalità perseguite dal legislatore, sicché il contribuente che abbia omesso tale indicazione non può invocare il principio di generale emendabilità della dichiarazione fiscale, che opera solo in caso di mera esternazione di scienza e non consente, in ogni caso, di superare il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire delle decadenze previste dalla legge (così, Cass., ord., 9 maggio 2018, n. 11070; Cass., ord., 24 aprile 2018, n. 10029; Cass. 15 dicembre 2017, n. 30172);
– la sentenza va, dunque, cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021