Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31857 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29153-2017 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato LUIGI RUSSO, rappresentato e difeso dall’Avvocato MARIO RAFFAELE DELL’AGLIO giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3926/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 03/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

CHE:

B.C. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello avverso la sentenza n. 26411/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli circa la compensazione delle spese di lite, condannando il solo Agente della Riscossione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del contribuente;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo, l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e D.M. n. 140 del 2012, art. 28, riquadro 10.2) e si lamenta che la CTR abbia effettuato una liquidazione forfetaria delle spese di lite in violazione dei minimi tariffari;

1.2. con il secondo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 2233 c.c., comma 2) per avere la CTR effettuato una liquidazione forfetaria delle spese di lite non adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione;

2.1. il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento della seconda censura;

2.2. va fatta applicazione, in primo luogo, del principio secondo cui il giudice del merito non può liquidare le spese di giudizio in misura inferiore ai minimi disposti dalla tariffa professionale (cfr. Cass., nn. 26706/2019, 7293/2011);

2.3. il D.M. n. 140 risulta essere stato emanato (D.L. n. 1 del 2012, conv. nella L. n. 27 del 2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, il difensore del contribuente nel giudizio di merito e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale;

2.4. per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa (cfr. Cass. n. 32575/2018);

2.5. non può essere condivisa, infatti, da questa Corte l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non possa considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale stabilisce in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, stabilendo al suo art. 1, comma 7 che “in nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”;

2.6. la liquidazione effettuata dalla Corte territoriale in complessivi Euro 2.300,00 per il primo grado ed Euro 2500 per il grado di appello si pone, dunque, al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55, tenuto conto del valore della causa (Euro 16.000.000,00);

2.7. la sentenza gravata deve essere conseguentemente cassata con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità;

3. Va infine dichiarato inammissibile, per difetto di interesse ad agire, il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, con cui ci si duole della condanna alle spese di lite, posta, tuttavia, a carico di soggetto (Agenzia delle Entrate Riscossione) diverso dalla ricorrente incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi con modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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