LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9506/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
CO.MEC TRANI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Palumbo, con domicilio eletto in Roma, via Emanuele Gianturco, n. 1, presso lo studio dell’Avv. Maria Cristina Lenoci;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 2233/11/15 depositata il 21 ottobre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 febbraio 2021 dal Consigliere Maria Elena Mele.
RITENUTO
Che:
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che aveva accolto l’appello proposto dalla società CO.MEC. Trani srl avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Barletta-Andria-Trani.
La contribuente aveva impugnato l’atto con cui l’Agenzia delle entrate aveva proceduto al recupero del credito d’imposta per gli anni 2009 e 2010 riconosciuto dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi 539 a 547 in relazione alle nuove assunzioni in aree svantaggiate, non avendo la società presentato la comunicazione annuale attestante il mantenimento del livello occupazionale prevista dal decreto ministeriale 12 marzo 2008. Ad avviso della CO.MEC. srl il richiamato decreto era illegittimo in quanto aveva introdotto una causa di decadenza dal beneficio del credito d’imposta non prevista dalla legge.
La CTR, nell’accogliere l’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza di prime cure che aveva rigettato il ricorso, aveva disapplicato il citato decreto ministeriale in quanto illegittimo. Esso, infatti, anziché limitarsi a dare attuazione alle previsioni della L. n. 244 del 2007, aveva introdotto una nuova ipotesi di decadenza dal beneficio non prevista dalla legge.
Si è costituita la contribuente depositando controricorso.
CONSIDERATO
Che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, commi da 539 a 547 in combinato disposto con il D.M. 12 marzo 2008, artt. 6 e 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR aveva disapplicato il decreto ministeriale ritenendolo illegittimo per eccesso di delega, in quanto, nell’imporre un obbligo di comunicazione non previsto dalla legge, avrebbe introdotto un’ulteriore ipotesi di decadenza dal beneficio. Secondo la ricorrente, invece, il decreto ministeriale si sarebbe limitato a dare esecuzione alle disposizioni di cui alla L. n. 244 del 2007, dettando le modalità di verifica dei requisiti di persistenza del diritto al beneficio fiscale la cui mancanza comporta la decadenza dall’agevolazione. A tal fine detto decreto avrebbe previsto a carico del contribuente un obbligo di comunicazione in ordine alla permanenza dei requisiti occupazionali cui la legge subordina il beneficio.
Il motivo è fondato.
La L. n. 244 del 2007, art. 2, commi da 539 a 547 riconosce un credito d’imposta per gli anni 2008, 2009, 2010 in favore dei datori di lavoro che, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise, nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, incrementano il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, riconosce un credito d’imposta d’importo pari a Euro 333 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese. In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all’art. 2, lett. t), punto XI, del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, il credito d’imposta è concesso nella misura di Euro 416 per ciascuna lavoratrice e per ciascun mese.
Il comma 540 stabilisce che beneficio spetta per ogni unità lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007.
Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.
Le cause di decadenza dal beneficio sono specificate dal comma 545 il quale dispone che il diritto a fruire del credito d’imposta decade: a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2007; b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; c) qualora vengano definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a Euro 5.000, alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni.
Ai sensi del comma 547, il credito d’imposta è finanziato attraverso la costituzione nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico di un apposito Fondo con dotazione di 200 milioni di Euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.
Dalle disposizioni ora richiamate emerge che il riconoscimento del beneficio per ciascuno degli anni per cui è previsto è subordinato alla permanenza delle condizioni alle quali è riconosciuto, dovendo per ciascun anno il numero dei dipendenti risultare superiore a quello dei lavoratori complessivamente occupati nel 2007 e dovendo permanere per almeno tre anni (due per le piccole e medie imprese) i nuovi posti di lavoro.
La L. n. 244 del 2007 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di stabilire le disposizioni di attuazione dei commi da 539 a 548, anche al fine del controllo del rispetto del limite di stanziamento (art. 2, comma 547).
In attuazione di tale previsione è stato emanato il dm 12 marzo 2008 il quale all’art. 6 specifica le modalità di accesso e di fruizione del credito d’imposta, stabilendo che i soggetti beneficiari devono inoltrare all’Agenzia delle entrate, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si verificano gli incrementi occupazionali e non oltre il 31 gennaio 2009, un’istanza telematica contenente i dati stabiliti con provvedimento del direttore della medesima Agenzia.
Le istanze sono esaminate secondo l’ordine cronologico di presentazione al fine di verificarne l’ammissibilità. Entro trenta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, l’Ufficio ne comunica l’accoglimento nei limiti dello stanziamento dei fondi disponibili per ciascun anno, con espressa comunicazione telematica al soggetto interessato.
L’art. 6, comma 4 dispone: “I soggetti che hanno ricevuto la comunicazione telematica attestante l’accoglimento dell’istanza sono tenuti ad inviare all’Agenzia delle entrate, dal 1 febbraio al 31 marzo di ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, una comunicazione attestante il rispetto della condizione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del presente decreto. Con la stessa comunicazione, inoltre, deve essere data indicazione del minor credito eventualmente spettante in relazione all’anno precedente ovvero all’anno in corso. La comunicazione costituisce presupposto per fruire della quota di credito, già prenotata, relativa all’anno nel quale la stessa deve essere presentata. Il mancato invio della comunicazione comporta l’applicazione dell’art. 7, comma 2, del presente decreto”.
Il richiamato art. 7 individua le cause di decadenza dal beneficio in modo del tutto identico a quello previsto dalla legge, stabilendo che “il diritto al credito d’imposta decade: a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo di riferimento di cui all’art. 3, comma 1; b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di due anni nel caso delle piccole e medie imprese, ovvero di tre anni, per le altre imprese (…)”.
L’art. 9 del decreto dispone che “qualora sia accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta, per il mancato rispetto delle condizioni previste o per il verificarsi di cause decadenza, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge”.
A differenza di quanto affermato dalla sentenza impugnata, il decreto ministeriale non ha introdotto, praeter legem, una nuova ipotesi di decadenza dal beneficio, diversa ed ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge e collegata alla mancata presentazione della comunicazione contemplata dall’art. 6, comma 4. Piuttosto, esso disciplina le modalità concrete attraverso le quali viene verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del credito d’imposta, nonché la loro permanenza per il periodo dalla medesima stabilito, trattandosi di beneficio che si protrae per più annualità e il cui godimento presuppone che i suddetti requisiti perdurino lungo tutto tale arco temporale.
La previsione regolamentare dell’obbligo di inviare in ciascuno dei tre anni cui si estende il credito d’imposta una comunicazione attestante il rispetto della condizione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a) – e cioè la permanenza di un numero complessivo dei lavoratori dipendenti superiore al numero complessivo di quelli mediamente occupati nel periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre 2007 – non introduce una causa di decadenza non prevista dalla legge, ma costituisce attuazione della previsione normativa, individuando la modalità attraverso cui verificare la permanenza dei requisiti per l’ammissione al beneficio per ciascuno degli anni in cui esso è riconosciuto.
Nel caso di specie, poiché il contribuente non ha documentato l’esistenza dei requisiti con riguardo agli anni 2009 e 2010, correttamente l’Agenzia ne ha disposto la decadenza non risultando accertata la permanenza dei presupposti per il riconoscimento del credito d’imposta.
Conseguentemente il ricorso deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere deciso nel merito ex art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso originario proposto dalla contribuente.
Tenuto conto della novità della questione, le spese di ogni fase e grado con riferimento a tutti i giudizi, vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021