LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22748/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
PAT 2 SRL, in amministrazione straordinaria;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia – sez. staccata di Catania, n. 3523/18/2015, depositata il 13 agosto 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del gg mese anno dal Consigliere Maria Elena Mele;
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giacalone Giovanni, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, che aveva rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania.
Il giudice di prime cure aveva accolto il ricorso proposto dalla società PAT 2 srl in amministrazione straordinaria avverso l’avviso di liquidazione con cui l’Ufficio aveva determinato l’imposta di registro nella misura dell’1% in relazione alla sentenza del Tribunale di Catania che, decidendo l’opposizione allo stato passivo proposto dalla Banca commerciale italiana spa, aveva ammesso in via privilegiata il credito da essa vantato e già ammesso al grado chirografario. La contribuente contestava l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. c) ritenendo doversi applicare l’imposta in misura fissa.
La CTR, nel rigettare l’appello dell’Agenzia, aveva affermato che, conformemente alla giurisprudenza di legittimità, la sentenza la quale, in accoglimento dell’opposizione allo stato passivo, riconosca la natura privilegiata di un credito fatto valere nella procedura e già ammesso in via chirografaria dal giudice delegato è soggetta all’imposta di registro in misura fissa, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1 lett. d) incidendo esclusivamente sul profilo qualitativo del credito.
La società contribuente è rimasta intimata.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di gravame, l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. c) e lett. d) della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente sostiene che la CTR non avrebbe considerato che la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la tassazione proporzionale della sentenza che ammette il credito al privilegio determinerebbe una duplicazione d’imposta, presuppone che il decreto di ammissione al passivo sia stato già sottoposto ad imposta proporzionale. Nella specie, invece, il decreto del giudice delegato non è stato oggetto di registrazione in quanto la semplice ammissione allo stato passivo disposta con tale provvedimento non costituisce una controversia e non è perciò assoggettabile ad imposta in misura proporzionale. Pertanto, la sentenza sottoposta a registrazione, risolvendo una controversia, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c) della Tariffa deve essere assoggettata ad imposta proporzionale.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 15 e 36, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 112 c.p.c., relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
La sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare sulle censure svolte dall’Ufficio in ordine alla mancata registrazione del decreto di ammissione al passivo, circostanza, questa, che escluderebbe la duplicazione di imposta affermata dai giudici d’appello.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente.
Questa Corte, come ricordato dalla Commissione regionale, ha ritenuto che la sentenza che, in accoglimento dell’opposizione allo stato passivo, riconosca la natura privilegiata di un credito fatto valere nella procedura fallimentare, ed ammesso in via chirografaria dal giudice delegato, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. d), della parte I della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. Essa, infatti, incide esclusivamente sul profilo qualitativo del credito, determinando un mutamento della sua posizione nella graduatoria dello stato passivo, in quanto l’ammontare ed il titolo, che rappresentano gli unici aspetti rilevanti ai fini dell’imposta in esame, risultano già determinati per effetto del decreto di ammissione; d’altronde, essendo quest’ultimo assoggettato ad imposta in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), di detta tariffa, l’applicazione della medesima disposizione, ovvero di quella di cui all’art. 9 della tariffa, alla sentenza in questione, comporterebbe una duplicazione o una triplicazione dell’imposta, in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, capacità contributiva e difesa giurisdizionale, oltre che con la funzione dell’imposta di registro, che nella specie assume la natura di corrispettivo per il servizio complesso della registrazione (Cass., Sez. 5, n. 21310 del 18/09/2013).
Tale conclusione non può ritenersi condizionata – come sostenuto dalla ricorrente – al fatto che il decreto di ammissione sia stato effettivamente assoggettato ad imposta (fatto che, stando a quanto affermato dall’Ufficio, nella specie non sarebbe avvenuto). La tesi contrasta infatti con la ragione che costituisce il fondamento dell’interpretazione di questa Corte e che è da ravvisare nella circostanza che la sentenza che riconosce la natura privilegiata di un credito già ammesso al passivo del fallimento incide esclusivamente sul profilo qualitativo del credito, determinando un mutamento della sua posizione nel concorso, in quanto l’ammontare ed il titolo, che rappresentano gli unici aspetti rilevanti ai fini dell’imposta in esame, risultano già determinati per effetto del decreto di ammissione (Cass., Sez. 5, n. 14146 del 2013; Sez. 5, n. 10588 del 2007). D’altra parte, l’eventuale circostanza che il provvedimento di ammissione allo stato passivo non sia stato sottoposto ad imposta non può comportare l’applicazione della stessa ad un diverso provvedimento che si è limitato ad attribuire, ad un credito già ammesso, una diversa graduazione di privilegio (Cass., Sez. 5, n. 32604 del 2019).
In definitiva il ricorso deve essere rigettato. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese del giudizio non essendosi costituita la contribuente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021