LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18763-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente
contro
STANLEYBET MALTA LIMITED, elettivamente domiciliata in ROMA, V. CRESCENZIO 69, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA FELIZIANI, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELA AGNELLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2326/2018 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA, depositata il 18/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.
RILEVATO
che:
– la Stanleybet Malta Limited impugnava l’avviso di accertamento in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (anno d’imposta 2010) notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il 26/10/2015;
la C.T.P. di Firenze rigettava il ricorso;
la C.T.R. della Toscana, con la sentenza n. 2326 del 18/12/2018, accoglieva l’appello della Stanleybet e annullava l’atto impositivo;
– avverso tale decisione l’Agenzia propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo;
– resiste con controricorso la Stanleybet Malta Limited, la quale ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (contenente, tra l’altro, richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea) e istanza volta alla trattazione della controversia in pubblica udienza.
CONSIDERATO
che:
1. Preliminarmente, l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza va disattesa in quanto – in adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte – il Collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 14437 del 5/6/2018, Rv. 649623-01), e allorquando non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 8093 del 23/4/2020).
In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, a cui la Corte fornisce il proprio contributo; nel caso de quo, il tema oggetto del giudizio è “nuovo” nella giurisprudenza di questa Corte (che, comunque, ha già reso recentemente numerose statuizioni a riguardo), ma non è inedito, in quanto compiutamente affrontato in tutti i suoi risvolti, da un lato, dalla Corte Costituzionale (con la sentenza n. 27 del 14 febbraio 2018) e, dall’altro, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (con la sentenza del 26 febbraio 2020, causa C-788/18, Stanleyparma Sas di C.P. & C., Stanleybet Malta Ltd contro Agenzia delle dogane e dei monopoli *****) e i principi affermati risultano ampiamente e diffusamente recepiti pure dalla giurisprudenza di merito, nonché da diverse pronunce di questa stessa Corte.
Così ampie e convergenti affermazioni inducono quindi a ritenere preferibile la scelta del procedimento camerale, funzionale alla decisione di questioni di diritto di rapida trattazione non caratterizzate da peculiare complessità, senza che la giurisprudenza penale di questa Corte (richiamata nell’istanza di rimessione alla pubblica udienza) possa incrinare i principi in questione.
Quanto al profilo delle esigenze difensive, va anzitutto nuovamente sottolineato che, in conformità alla giurisprudenza sovranazionale, il principio di pubblicità dell’udienza, pur previsto dall’art. 6 CEDU e avente rilievo costituzionale, non riveste carattere assoluto e vi si può derogare in presenza di “particolari ragioni giustificative”, ove “obiettive e razionali” (in proposito, Corte Cost., Sentenza n. 80 dell’11/3/2011, e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26480 del 20/11/2020, Rv. 659507-01); in ogni caso, dette esigenze sono anche in concreto presidiate, perché le parti hanno illustrato la propria rispettiva posizione in esito alle pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia depositando osservazioni scritte.
2. Parimenti da respingere è l’istanza di rinvio ex art. 267 TFUE, non ravvisandosi la necessità di promuovere un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia, neppure ponendosi una questione di interpretazione della precedente statuizione della Corte, esaustiva e completa, risolvendosi le deduzioni della Stanleybet in una mera critica della sentenza resa nella causa C-788/18 che sembra postulare che la Corte dell’UE abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza la legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei centri di trasmissione dati, mentre “La Corte, pur avendo constatato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di alcune disposizioni delle gare avviate per l’attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d’azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale” (Corte di Giustizia UE, sentenza del 19 dicembre 2018, causa C-375/17, Stanley International Betting Ltd, punto 67).
Irrilevante, poi, è la giurisprudenza penale di questa Corte (Cass., Sez. 3 pen., Sentenza n. 25439 del 9/7/2020, dep. 9/9/2020) che si riferisce alla diversa questione della rilevanza penale dell’attività d’intermediazione e di raccolta delle scommesse, esclusa, in base alla giurisprudenza Eurounitaria, qualora l’attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell’ambito dell’Unione Europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi delle concessioni: il fatto che quel bookmaker non risponda del reato di esercizio abusivo di attività di giuoco o di commessa, previsto e punito dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, commi 1 e 4-bis, non produce alcuna influenza sulla soggettività passiva della imposta unica sulle scommesse, che il D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, riferisce a chiunque, con o senza concessione, gestisce i concorsi pronostici o le scommesse.
3. L’Agenzia ricorrente censura la sentenza di merito (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, come interpretato dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, e dalla sentenza n. 27 del 2018 della Corte Costituzionale, per avere la C.T.R., erroneamente interpretando le statuizioni della Consulta, escluso la sussistenza del presupposto giuridico per l’applicazione in capo al bookmaker, negli anni anteriori al 2011, dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.
Il motivo è fondato.
Sulla scorta della già citata sentenza n. 27 del 2018 della Corte Costituzionale, la C.T.R. della Toscana ha affermato “l’impossibilità… di riconoscere, anche per gli anni d’imposta antecedenti al 2011, la soggettività d’imposta anche al centro trasmissione dati” e ha quindi ritenuto che, “venendo meno la soggettività d’imposta del CTD, viene meno anche la responsabilità solidale del bookmaker”.
Contrariamente a quanto affermato nella pronuncia impugnata, la Corte Costituzionale, con la menzionata decisione, ha chiarito che entrambi i soggetti (la ricevitoria e il bookmaker) partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività soggetta a imposizione: infatti, il D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, “sin dalla sua originaria formulazione, individua i soggetti passivi della stessa imposta in “coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse”. La definizione di “gestore” era già contenuta nel D.P.R. 18 aprile 1951, n. 581, art. 23 (Norme regolamentari per l’applicazione e l’esecuzione del D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496, sulla disciplina delle attività di giuoco), che lo individua nella “persona fisica o giuridica che provvede con propria organizzazione allo svolgimento delle operazioni del giuoco o del concorso”. L’attività caratteristica del “gestore” consiste quindi nell’approntare gli strumenti organizzativi, anche tecnologici, indispensabili per garantire la regolare e proficua raccolta delle scommesse. In linea di continuità con tale impostazione, il censurato D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, ancora all’esercizio dell’attività di gestione l’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta. Peraltro, il tenore letterale di tale disposizione, ed in particolare l’inclusione dei soggetti che esercitino tale attività “anche in concessione”, autorizzava a ritenere che, già nella sua originaria versione, precedente alla disposizione interpretativa del 2010, l’art. 3 in esame rivolgesse la pretesa impositiva statale anche nei confronti degli stessi soggetti operanti al di fuori del sistema concessorio.”.
Proprio dalla menzionata sentenza emerge che la pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione interpretativa (L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66) ha inciso sulla parte della stessa in cui ha configurato, per il periodo precedente alla sua entrata in vigore, la responsabilità della ricevitoria, ma che la decisione della Corte Costituzionale non ha in alcun modo fatto venire meno la responsabilità del bookmaker privo di concessione; in proposito, infatti, questa stessa Sezione ha rilevato che “con riferimento, invero, alla posizione del bookmaker estero, la stessa Corte Costituzionale non ha posto in discussione il fatto che il bookmaker estero, privo di concessione, dovesse essere considerato soggetto passivo dell’imposta unica anche prima della entrata in vigore della disposizione interpretativa” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9160 del 2/4/2021).
3. In accoglimento del ricorso, dunque, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte:
accoglie il ricorso;
cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 29 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021