Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31914 del 05/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 9004 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

Società Bonaiuto Energy s.r.l., in persona del rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Vito Branca e dall’Avv. Pietro Paternò Raddusa, presso il cui studio, in Roma, via Della Giuliana n. 66, elegge domicilio;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata in data 30 settembre 2014, n. 2864-16-14;

sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella camera di consiglio dell’11 maggio 2021.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate, sulla scorta di un PVC del 26 febbraio 2010, accertava induttivamente, per l’anno di imposta 2006, un maggior reddito in capo alla contribuente, recuperando nei suoi confronti importi a titolo di Ires, Irap e Iva. La CTP di Siracusa accoglieva il ricorso della contribuente, annullando l’avviso. La CTR disattendeva il successivo appello erariale.

L’Agenzia delle entrate ha affidato a due motivi il proprio ricorso per cassazione. La contribuente ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia adduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto privo di motivazione l’avviso di accertamento ad onta di un PVC “analitico e dettagliato”. Con il secondo motivo di ricorso, viene contestato, a tenore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la CTR obliterato “completamente i dati di fatto” rilevati nel PVC e nell’avviso di accertamento e puntualmente allegati e documentati.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Due convergenti ragioni depongono in tal senso.

Innanzitutto, la censura non coglie la ratio decidendi, dal momento che il giudice regionale non ha ritenuto privo di motivazione l’avviso di accertamento perché motivato per relationem al PVC, ma in quanto – testualmente – “non spiega come e con quale metodo era pervenuto alla determinazione dei maggiori ricavi esposti”. In altri termini, viene adombrata dalla CTR l’imperscrutabilità del criterio di computo induttivo dei maggiori ricavi, non la mancanza di motivazione per rimando all’atto presupposto.

Inoltre, vi è nel mezzo di ricorso un deficit vistoso di autosufficienza, posto che l’avviso di accertamento non è neppure riprodotto. Nella specie, a fronte della mancata trascrizione dell’avviso di accertamento, gli assunti della ricorrente – e tra di essi quello in punto di antieconomicità di gestione – rimangono non verificabili dalla Corte. Nell’ipotesi in cui il ricorrente contesti la sentenza di una commissione tributaria e’, d’altronde, necessario a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione dell’atto impositivo che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. n. 3289 del 2014). Nel ricorso per cassazione, è essenziale, in effetti, il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (ex plurimis Cass. n. 10072 del 2018).

Il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile.

L’Agenzia, trascura anche in questo caso di riportare il contenuto dell’avviso in ossequio al principio di autosufficienza. L’erario si limita, infatti, a riepilogare i quattro rilievi svolti in costanza di giudizio anche d’appello; tali rilievi, tuttavia, non sono stati obliterati dalla CTR, che mostra di averli vagliati e disattesi nella misura in cui adduce letteralmente che: “nell’avviso di accertamento… a pagina 3 (“motivazioni”) venivano riportati i 4 rilievi dell’ufficio ove si sosteneva si fosse verificata una omessa contabilizzazione di maggiori corrispettivi; tuttavia l’ufficio non spiega come e con quale metodo era pervenuto alla determinazione dei maggiori ricavi esposti”. Detti rilievi non appaiono in questa sede decisivi, in quanto non valgono a far luce sul criterio in base al quale è stata induttivamente ricostruita una maggior misura dei ricavi in luogo degli importi evincibili dalle scritture contabili formalmente regolari.

Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza, nella misura esplicitata in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente di Euro 5.600,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese forfettarie nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472